Nei Pronto Soccorso dell’Azienda ospedaliera universitaria di Verona non pagava quasi nessuno. La percentuale dei codici bianchi, quelli che comportano il pagamento del ticket, era del 16 per cento a Borgo Trento e del 18 per cento a Borgo Roma, contro una media regionale del 40 per cento. Nel vicino ospedale di San Bonifacio, era del 50 per cento. Poi, le cose sono cambiate dopo una visita degli ispettori regionali a luglio, che ha spinto l’azienda a installare sui computer dei medici dei Pronto Soccorso un software che, una volta inserita la diagnosi, associa automaticamente il codice.
Da allora, la percentuale di codici bianchi è esplosa, arrivando al 60 per cento. «Il software è solo uno strumento di lavoro, che facilita l’attività dei medici e da quanto l’abbiamo adottato i tempi di accesso sono diminuiti», ha detto ieri il direttore generale dell’azienda ospedaliera Francesco Cobello. Accanto a lui, il direttore sanitario Chiara Bovo, il responsabile regionale del Creu 118 Paolo Rosi e soprattutto l’assessore alla Sanità Luca Coletto. È lui che ha voluto convocare la conferenza stampa per smentire punto su punto le accuse di questi giorni: che la Regione voglia far cassa sulle spalle dei cittadini («I ticket sono una tassa del governo nazionale, chi vuole abolirli – e qui il destinatario è Flavio Tosi – si rivolga a Roma»); che un software sia stato sostituito ai medici («Decidono sempre loro, in scienza e coscienza»); che l’intento sia far pagare tutti («Il ticket interessa il 23 per cento degli utenti, per un importo medio di 42 euro, gli altri sono esenti»), che si siano cambiate le regole del gioco senza informare («Bugia, risalgono a una delibera del 2011»).
Dal punto di vista tecnico, poi è stato spiegato perché un codice inizialmente verde può diventare bianco, costringendo l’utente a pagare. Il codice in ingresso è assegnato da un infermiere, «ed è naturalmente sovrastimato», sottolinea Bovo. Ma a fare testo è quello di uscita, definito di «appropriatezza», che viene assegnato dal medico dopo la diagnosi e l’eventuale trattamento. «In ogni caso – sottolinea Rosi – un codice rosso o giallo in entrata, non può mai diventare bianco». Insomma, qui si sta parlando solo dei casi meno gravi.
Se adesso davvero Verona è tornata alla normalità, come mai prima le maglie erano così larghe? Chi è il responsabile, chi non ha controllato? Quante prestazioni addebitate al Servizio sanitario nazionale avrebbero dovuto essere compartecipate dal ticket? Su questi punti, le risposte della Regione e dell’Azienda ospedaliera diventano a dir poco evasive. Rosi spiega che, in ogni caso, «non si è rilevato dolo, né un disegno deliberato», i medici del Pronto Soccorso «lavorano in modo molto autonomo in alcune aziende, e magari si sono concentrati su cose più importanti rispetto alle funzioni amministrative». Ed è proprio «per facilitare i medici» a districarsi con la burocrazia interna che si è pensato al tanto discusso software, aggiunge Cobello. Insomma, nessun responsabile? «Questo lo vedremo – sibila Coletto – ma oggi non siamo qua per dare colpe a nessuno. Se qualcosa in precedenza non ha funzionato, ora il problema è stato risolto ed è ciò che conta». Alessio Corazza
Tosi rilancia: «Abolire i ticket e lasciar decidere i medici». Gazebo e petizione on line
VERONA «I ticket si possono abolire e vanno aboliti». Dopo aver promesso un esposto su quanto accaduto negli ultimi mesi ai Pronto Soccorso cittadini, dopo l’esplosione delle prestazioni a pagamento degli ultimi mesi, Flavio Tosi rilancia uno dei cavalli di battaglia della sua ultima campagna elettorale per le regionali. «I ticket ammontano al due per cento di tutta la spesa sanitaria, con un po’ di razionalizzazione si possono abolire – assicura – Dal governo non c’è nessuna imposizione in tal senso». Oggi partirà una raccolta firme, con un gazebo in piazza Bra, contemporaneamente verrà lanciata una petizione on line sul sito farecontosi.it. Sul caso di Verona, Tosi sta evidentemente dalla parte dei medici dei Pronto Soccorso che per anni hanno usato una politica di maglie larghe, a dispetto delle più rigide regole regionali. «Altrove i numeri sono solo apparentemente in linea – sostiene – ma in realtà i codici bianchi vengono assegnati in larga parte solo a chi già esente. Il risultato, quindi, non cambia». In ogni caso, a Verona, «il servizio ispettivo della Regione ha fatto pressioni indebite, bisogna lasciar decidere i medici». Il sospetto del sindaco di Verona, ex assessore regionale alla Sanità, è che la Regione voglia far cassa coi ticket per reperire 100 milioni di euro necessari per il progetto di medicina di prossimità. «Soldi che oggi non ha». Ritiene, in ogni caso, che «se a uno venga assegnato un codice verde in ingresso, questo non deve pagare, anche se il codice diventa bianco in uscita». Davanti all’ospedale di Borgo Trento, lo approccia una signora di 48 anni, Bianca. «Sono andata al Pronto Soccorso per dolori allo stomaco, il codice da verde è diventato bianco, conto da 150 euro. Due giorni dopo mi hanno operato d’urgenza per una pancreatite». (a.c.)
Il Corriere del Veneto – 10 ottobre 2015