Le tute integrali sono le stesse viste nei filmati i cui i medici intervenivano per isolare i pazienti affetti da Ebola. È successo negli Stati Uniti, in Spagna. Ieri, anche a Borgo Trento. Tutto per finta, o meglio, per esercitarsi.
Si è trattata della seconda «prova generale» nel giro di una settimana, dopo quella di mercoledì all’aeroporto Catullo. Il sistema sanitario veronese, insomma, testa il pericolo di un virus letale, e non solo. Teatro dell’esercitazione è stato il parcheggio P3 di Borgo Trento, tra il Polo Confortini e il geriatrico.
L’ospedale, però, c’entra fino ad un certo punto. A confrontarsi con l’emergenza sono stati gli infermieri del Pronto Soccorso, insieme a volontari della Croce Rossa Italiana giunti da tutta Italia.
I soccorritori si sono confrontati con due scenari: quello di una contaminazione chimica e quello dovuto ad un agente biologico, per l’appunto il virus Ebola. Due casi che vedono un protocollo medico molto simile, caratterizzato dalla necessità di isolare il paziente.
Il «contaminato» dal virus di origine africana è arrivato a Borgo Trento attorno alle 10. Per trasportarlo, una barella completamente isolata, e un’ambulanza, uno dei pochi modelli in Italia, con uno scompartimento protetto, a disposizione della Croce Rossa di Roma.
Quindi la procedura di decontaminazione, effettuata all’esterno. Può servire per un ricovero in una struttura non attrezzata per un’epidemia, ma anche come intervento in una zona a rischio.
Questo grazie ad un prodotto «Made in Verona», nome in codice: «isolatore N-36». Lo produce la ditta Cristanini di Rivoli, assieme ad una serie di protezioni contro virus e contaminanti. Anche in questo caso, si tratta di merce rarissima, in tutto il Paese ne esistono solo due.
«All’interno del tendone – spiega Sabrina Menghini, esperta di emergenza sanitaria per la Cristanini – ci sono tre corsie separate: una per gli uomini, una per le donne, e al centro, una attrezzata per i soggetti non autosufficienti. Questo modulo permette agli operatori sanitari di intervenire senza entrare in contatto con le persone. Per la decontaminazione, si usano dei doccioni, azionati tramite lance all’esterno dei corridoi che spruzzano acqua e un’agente disinfettante».
La vera «prova del nove», per molti tra infermieri, medici e volontari, è stata la vestizione. Una procedure lunga e complessa, come spiega Michele Zanoni, del Pronto Soccorso di Borgo Trento. «Tutelare l’operatore è fondamentale – sottolinea – del resto – i casi di contagio in occidente, tra cui quello avvenuto in Spagna, si sono avuti proprio per un errore in questa fase».
E non si può davvero sbagliare nulla: c’è un ordine preciso che va rispettato. Alla fine della prova, erano in molti a scambiarsi opinioni al riguardo. Il punto più difficile? Per i più, il collo, che rischia di restare scoperto se non si è attenti. Un’esperienza formativa anche per la povera «vittima»: il figurante Michele La Gioia, attore teatrale di professione. «È stato senza dubbio interessante – il suo commento alla fine di tutto – all’interno della barella e dell’ambulanza ho avuto una sensazione di claustrofobia, ma devo dire che respiravo benissimo».
L’evento ha raccolto anche qualche curioso, ma per l’Azienda ospedaliera è stata semplice routine. «Il personale si sottopone periodicamente a esercitazioni – spiega il direttore generale Sandro Caffi. Oltre alle due che sono state testate nella giornata di ieri, chimica e biologica, ne è prevista una terza per l’emergenza nucleare: in quel caso il protocollo è diverso».
Il Corriere di Verona – 23 novembre 2014