In leggera ripresa i consumi e le quotazioni di mercato ma che ancora non bastano a rendere remunerativo l’allevamento
Due aspetti positivi nell’evoluzione del mercato e della produzione di carni bovine e uno negativo. Infatti il ministero delle Politiche agricole ha approvato il disciplinare (atteso in particolare dagli allevatori veneti e lombardi) che regolamenta, come richiesto da SQN (il sistema di qualità nazionale zootecnia) l’intera filiera del «Vitellone e/o scottona ai cereali», che è fondamentale per la produzione di carni italiane. La seconda cosa positiva è data da una sia pure leggera, ma positiva, ripresa dei consumi e del mercato. Un cambio di rotta fondamentale dopo che in un decennio, i consumi procapite di carne bovina in Italia erano scesi da 25,2 a 21,3 chili all’anno. Lo ammettono sia il presidente di Coldiretti Verona Claudio Valente sia il direttore di Unicarve, Giuliano Marchesin.
COSTI. Ma nella parte in rosso, a frenare l’ottimismo, c’è come sottolinea lo stesso Marchesin, il fatto che nel conto finale mancano agli allevatori almeno 10 centesimi al kg per compensare i maggiori costi di ristallo dei vitelli acquistati prevalentemente in Francia e di alimentazione. E il Veneto, che rappresenta il 30% della produzione nazionale, si ritrova ancora spiazzato alla pari degli altri grandi produttori. Il che non significa, però, rassegnarsi. Perché le linee guida proposte per il rilancio sono essenzialmente due.
OBBLIGHI E VINCOLI. La prima fa anche riferimento al disciplinare che prevede tutta una serie di passaggi per la produzione bovina nazionale, con previsti vincoli e obbligatorietà di rintracciabilità totale, per la macellazione e per la commercializzazione. Fatto rilevante anche quest’ultimo perché, come sottolinea il direttore di Unicarve, garantisce l’immediata identificazione, anche sul banco di vendita, del prodotto nostrano, in risposta alla scelte commerciali soprattutto della Gdo, la grande distribuzione organizzata. Scelte che privilegiano le carni estere. Carni che entrano in Italia per il 46% dei consumi nazionali. «Il disciplinare», commentano sia Valente che Marchesin, «è stato per questo fortemente voluto dalle organizzazioni interprofessionali per ridare visibilità e dignità alla carne italiana – con tutte le sue enormi specificità positive – in un mercato in mano ai produttori esteri e per un prodotto che finora non ha marchio».
SIGILLO REGIONALE. Ma il Veneto – che ha già un disciplinare regionale, alla pari dei altre regioni – si è portato ancora più avanti e punta all’informazione sistematica del consumatore per arrivare ad un «sigillo veneto» di garanzia – anche in chiave di sicurezza sanitaria – e punta a intese con altri protagonisti della filiera, a partire dal Consorzio agrario lombardo veneto, presieduto dallo stesso Claudio Valente, che dovrebbe fornire i mangimi. In attesa, poi, di un accordo quadro nazionale previsto per la seconda metà di settembre.
L’Arena – 20 settembre 2013