Come ogni cinque anni i governanti europei trascorreranno gran parte del loro tempo da qui a fine anno a discutere di nomine, personalità, caselle, equilibri nazionali, geografici, istituzionali. Questa a sera a Bruxelles i Ventotto si riuniranno per un primo giro di orizzonte dopo il voto di domenica per il rinnovo del Parlamento europeo. Il piatto forte è la presidenza della prossima Commissione europea, ma si parlerà anche di altre posizioni che si libereranno nel prossimo futuro.
Il principale candidato alla successione di José Manuel Barroso è il lussemburghese Jean-Claude Juncker, il capolista del Partito popolare europeo arrivato primo nello scrutinio di domenica. I giochi, però, sono tutt’altro che fatti. Il Trattato di Lisbona affida la nomina ai governi, a maggioranza qualificata, che devono “tenere conto” del risultato delle elezioni. Il Parlamento europeo deve, poi, votare la fiducia alla maggioranza semplice. La frammentazione dell’assemblea non facilita le cose.
Se l’idea è comunque di tenere conto del voto del 22-25 maggio, altri candidati in un eventuale accordo di compromesso tra Parlamento e Consiglio e fra le stesse forze politiche nell’emiciclo sono il capolista socialista Martin Schulz e il capolista liberale Guy Verhofstadt. Se invece sarà necessario trovare un outsider, le voci di questi mesi danno favoriti il premier conservatore finlandese Jyrki Katainen o il premier socialdemocratico danese Helle Thorning-Schmidt.
Il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy, che presiederà la riunione di questa sera, intende mettere sul tavolo un pacchetto di nomine, in modo da facilitare la selezione. Non solo il presidente della Commissione, ma anche l’Alto Rappresentante per la Politica estera e di Sicurezza, il presidente del Consiglio europeo, il presidente del Parlamento europeo. Sono tutte posizioni che vengono a scadere nei prossimi mesi, da qui alla fine dell’anno.
«Se i Popolari ottengono la presidenza dell’esecutivo comunitario, i Socialisti vorranno probabilmente una compensazione seria. In questo frangente l’Italia può far valere le sue ragioni», nota un diplomatico. La vittoria del Partito democratico rafforza l’Italia al tavolo del Consiglio europeo e lo stesso partito in seno al gruppo parlamentare socialista a Strasburgo. Circolano i nomi del deputato Gianni Pittella alla presidenza dell’emiciclo o dell’ex premier Massimo D’Alema ad Alto Rappresentante.
C’è anche l’idea di trasformare in permanente la guida dell’Eurogruppo, pur di avere un’altra casella da riempire. La partita delle nomine richiede una alchimia non sempre facile da ottenere. Incrocia equilibri politici, geografici, nazionali, tra veti incrociati e sorprese dell’ultimo minuto. Chi ha partecipato all’incontro del Consiglio europeo del 2009 si ricorda che i leader seguirono pedissequamente una lista di nomi, depennandoli volta per volta fino a giungere a un accordo sul nome di Barroso.
Oltre alle posizioni già citate ci sono anche 26 commissari da nominare. La Spagna vorrebbe strappare il portafoglio del commercio, se non addirittura la presidenza dell’Eurogruppo. Anche Pierre Moscovici, l’ex ministro delle Finanze francese, sta facendo campagna per un ruolo nella prossima Commissione. L’Italia, dal canto suo, guarda con interesse ad alcuni portafogli: in particolare l’agricoltura e i fondi europei. Per la prima delle due posizioni circola il nome del deputato Paolo De Castro.
Peraltro, l’Italia dovrà presto sostituire l’attuale commissario, Antonio Tajani, appena eletto all’assemblea di Strasburgo. A Roma c’è anche il desiderio di rafforzare la presenza di italiani ai vertici amministrativi della Commissione. La riunione di oggi dei Ventotto qui a Bruxelles non sarà probabilmente risolutiva. D’altro canto, i leader hanno tempo. La prima riunione del nuovo Parlamento europeo è prevista in luglio. L’attuale Commissione scade in novembre.
Il Sole 24 Ore – 27 maggio 2014