Venerdì mattina, aprendo il Giornale di Vicenza, non credevamo ai nostri occhi. Vacche imbottite di farmaci, devastate da piaghe da decubito, trascinate al macello e date in pasto a ignari consumatori. E ancora pulcini di un giorno triturati da lame rotanti, 25 milioni di animali da pelliccia “soppressi negli incubatoi”. Negli incubatoi? Da quando gli animali da pelliccia nascono dalle uova? Tutto questo dove? In Veneto, par di capire dall’articolista, e precisamente nel territorio di Thiene dove si è tenuto un incontro formativo promosso dal dipartimento di sanità animale e sicurezza alimentare dell’Ulss 4 con relatore nientemeno che l’Enpa. Titolo: «Convegno, allarme Ulss ed Enpa: animali torturati e dopati»
Siamo veterinari pubblici che lavorano in Veneto da anni e la notizia ci è apparsa subito improponibile. Ma cosa avranno pensato i cittadini leggendo quella pagina da Grand Guignol? Si saranno preoccupati e allarmati, comprensibilmente. Oltretutto, quasi a suffragare le affermazioni dell’articolista (lo stesso a dire il vero che poche settimane fa ha scambiato i servizi veterinari con i medici del Sian) c’erano le dichiarazioni, peraltro di contenuto assolutamente corretto e condivisibile, del direttore del servizio igiene degli alimenti di origine animale dell’Ulss 4, Fabrizio De Stefani. Quel che ne risultava era però una confusione inspiegabile.
Noi sappiamo che i colleghi dei servizi veterinari delle Asl svolgono i loro compiti in maniera attenta con verifiche delle situazioni critiche fatte in modo puntuale, anche se le dotazioni organiche ormai risicatissime rendono sempre più difficili i loro compiti di istituto. Sappiamo anche che tutti i dati sanitari della regione Veneto, relativi ai piani di controllo e monitoraggio delle malattie infettive e zoonosi, del benessere animale, e della salubrità degli alimenti di origine animale testimoniano uno standard sanitario del comparto zootecnico e del settore agroalimentare di assoluta eccellenza.
Ma i lettori del Giornale di Vicenza non possono avere accesso così facilmente a questa mole di dati. E l’articolo pubblicato venerdì ha suscitato allarme in parecchie persone. Poiché cerchiamo di informare i lettori di quanto viene scritto sulla nostra professione abbiamo pubblicato il pezzo “incriminato” nella rassegna stampa del nostro sito. Sperando che qualcuno ci spiegasse le ragioni che avevano ispirato le macabre fantasie del cronista.
Il mistero si è chiarito il giorno seguente quando lo stesso De Stefani ha chiesto e ottenuto un’ampia replica dissociandosi totalmente dalle dichiarazioni della presidente Enpa dell’Alto Vicentino, Fabiola Bertoldo. Il Giornale di Vicenza l’ha pubblicata, ma (forse per dissimulare il granchio preso il giorno precedente) ha fatto anche un bel richiamo in prima pagina: “Gli allevatori: sospetti infondati sulla carne”. Insomma nel “richiamo” si sceglie di citare la voce di una pur rispettabile “parte” invece di quella “terza” e autorevole del direttore dei servizi veterinari territoriali pubblici, quegli stessi che assicurano ogni giorno i controlli e la salubrità del cibo che finisce sulle tavole dei cittadini.
Mestiere ingrato e misconosciuto il nostro, se un giornale può dedicare due intere pagine a problemi di sanità animale e sicurezza alimentare senza mai, e sottolineo mai, scrivere il termine “veterinario”. De Stefani viene definito addirittura in un richiamo “tecnico” oppure “direttore”, ma mai quello che è: un veterinario pubblico.
Questione di lana caprina? Non ci pare proprio. La nostra categoria ha da sempre problemi nel far apparire all’esterno con esattezza il proprio lavoro. Così la stampa in genere alterna le più strane teorie. Chi garantisce la sicurezza alimentare? Secondo i media i Nas, la Guardia costiera, la Forestale, la Guardia di finanza, gli operatori economici, le associazioni dei produttori e chi più ne ha più ne metta. Stavolta ci si mettono anche le associazioni protezionistiche a impartire lezioni di sanità pubblica.
Allora forse è il momento di dire basta a una comunicazione che “massacra” la veterinaria pubblica e, quel che è peggio, suscita allarme ingiustificato nei cittadini.
I giornali imparino a fare il proprio lavoro con serietà e professionalità: non è ammissibile che si occupi di sanità (o di qualsiasi altro argomento) chi non ne conosce il funzionamento. Affidando servizi e articoli solo a professionisti competenti, direttori e capi servizio sapranno di aver accresciuto l’autorevolezza delle loro testate. Non è un risultato da poco.
Quanto alla veterinaria pubblica dovrebbe cominciare a porsi il problema di come comunicare in modo professionale, corretto, scientifico, attendibile ed efficace. Da anni come sindacato chiediamo l’istituzione di un ufficio unico a livello regionale che gestisca tutta la comunicazione sulla sicurezza alimentare e la sanità animale. Lasciare la comunicazione parcellizzata a livello locale è un rischio che non possiamo permetterci: il nostro è un settore delicato, stretto com’è tra le tante emergenze vecchie e nuove. E l’informazione va fatta con grande senso di responsabilità.
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Roberto Poggiani
Segretario regionale Fvm-Sivemp Veneto
5 maggio 2013