«L’Università di Teramo non sta morendo». E’ questo il commento a caldo del Pro Rettore, e preside della Facoltà di Veterinaria, Fulvio Marsilio sui dati riguardanti il crollo delle iscrizioni, che hanno fatto balzare Teramo all’ultimo posto in Italia.
Per Marsilio occorre però impostare una seria riflessione sul futuro dell’Ateneo, coinvolgendo anche le istituzioni locali. Per questo il prorettore ha accolto in maniera favorevole l’idea lanciata dal sindaco Maurizio Brucchi che ha deciso di prendere di petto la situazione convocando, per il 26 giugno, un tavolo di lavoro tra Regione, Provincia, Università e Adsu.
«Finalmente – aggiunge Marsilio – è stata presa questa decisione, sarà importante discutere apertamente del futuro dell’Ateneo, dei servizi, e, soprattutto, dei problemi e delle richieste avanzate dagli studenti».
Siamo piccoli. Il prorettore è comunque convinto che l’Ateneo teramano abbia nel suo Dna il fatto di essere una piccola realtà universitaria, «puntiamo più sulla qualità dell’offerta formativa che sulla quantità degli iscritti», sottolinea, proponendo, però, un distinguo. «Come preside di Veterinaria posso dire che l’appeal verso la Facoltà non è affatto sceso: è vero che abbiamo fissato un numero chiuso, e che non prendiamo più 70 studenti, ma è anche vero che quest’anno abbiamo avuto oltre 450 persone che hanno provato a fare il test d’ingresso, e 130 immatricolati per il corso di Tutela e benessere animale».
Sulla questione delle sedi distaccate, Marsilio sottolinea che la scelta non è stata solo dell’Università, ma anche degli Enti locali. «Finora – aggiunge – è stato visto come un’apertura dell’Università nei confronti del territorio ma si tratta di decisioni che non sono state prese una volta per tutte e che possono essere anche riviste, valutando di anno in anno il rispetto delle condizioni che hanno consentito la nascita delle cosiddette sedi distaccate». Anche il sindaco Maurizio Brucchi sottolinea l’importanza dell’Università per il territorio. «E’ un patrimonio da salvaguardare – spiega – non possiamo permettere che scompaia, le cause della perdita dell’appeal tra i giovani vanno sviscerate nel profondo, trovando, senza fare processi a nessuno, le responsabilità di questa situazione preoccupante che ci vede fanalino di coda tra tutti gli Atenei italiani. Noi la nostra piccola parte l’abbiamo fatta, applicando il 7,6, anziché il 10,6 per mille a chi affitta le case agli studenti universitari».
Alle riunioni del tavolo di lavoro saranno coinvolti anche i gruppi studenteschi e tutti i portatori di interesse. «La domanda da cui dobbiamo partire, senza ipocrisie è: perché i giovani non vogliono più iscriversi a Teramo?», conclude Brucchi.
Il Messaggero – 13 giugno 2012