Dopo il monitoraggio del Cnr, la relazione dell’Arpav. La contaminazione della Miteni spa che scarica nel collettore Arica che “salva” la falda. Ma le sostanze, seppur diluite, finiscono in mare
VICENZA. Le sostanze derivanti dalla lavorazione del fluoro riscontrate nei pozzi vicentini arrivano dalla Miteni spa di Trissino. Lo conferma la relazione Arpav che è stata consegnata al ministero dell’Ambiente. «Le sostanze perfluoro-alchiliche (Pfas) nel punto di scarico della ditta arrivano a concentrazioni notevoli: 5,4 milligrammi per litro. Concentrazioni poi abbattute per diluizione dalle acque reflue degli altri depuratori e che finiscono nel collettore Arica e da lì al mare». Tali sostanze non esistono per la legge italiana. Non esistono limiti per la potabilità dell’acqua, se non indicazioni Ue, e per gli scarichi.
PREMESSE. Due le precisazioni che vanno sottolineate. Primo, per l’acqua dei rubinetti. L’Istituto superiore della sanità (Iss) ha confermato che le concentrazioni sui pozzi non preoccupano: si può continuare a bere. Sono in atto, in via precauzionale, azioni «di mitigazione dei rischi». Secondo. All’azienda non si può imputare nulla, visto che si attiene da sempre alle norme vigenti in Italia e le rispetta.
I DUBBI. Il nodo però è proprio questo. Il vuoto normativo che danni ha causato o sta causando all’ambiente? Il caso insomma è destinato a fare scuola. Un po’ come è successo per i pesticidi o l’amianto. Qui, addirittura, si è ancora più indietro. Precisa l’Iss: «Sono in corso studi di biomonitoraggio per valutare le concentrazioni ematiche di queste sostanze in diversi gruppi della popolazione italiana». Esistono tuttavia dei limiti sulla potabilità in vigore in alcuni Paesi: in Germania sono più rigidi (100 nanogrammi/litro) rispetto alle indicazioni Ue, ma nel New Jersey li superano: 40 nanogrammi/litro. Si sa che tali sostanze (servono per rendere idrorepellenti tessuti e altri materiali) in piccole dosi quotidiane non hanno ripercussioni sulla salute. Ma si sa anche che si accumulano nel sangue e nel fegato, anche degli animali. Buoni indicatori per valutarne concentrazioni ed effetti sono, per esempio, i pesci.
CONTAMINAZIONE. Ed è proprio al mare che arrivano gli scarichi della Miteni spa di Trissino che «contribuiscono per il 96,8% all’apporto totale di Pfas scaricati nel Fratta-Gorzone», spiega Arpav. E per fortuna che c’è il “tubone”. Sì perché l’azienda insiste nella zona di ricarica della falda, quindi un’area delicata. Il fatto che lo scarico finisca nel collettore Arica permette di far “scivolare lontano” tali elementi.
Il Giornale di Vicenza – 21 luglio 2013