Franco Pepe. Azienda zero. Finora resta un oggetto misterioso anche se appare l’innesco principale della riforma al vaglio del consiglio regionale e rappresenta il cuore del progetto che il governatore Zaia vorrebbe diventasse sistema della sanità veneta, basato su un solo ente-regia di governance e 7 Ulss provinciali al posto delle attuali 21, a partire dal 2016.
I sindacati vicentini «non sono pregiudizialmente contro» ma non amano le rivoluzioni autocratiche, diffidano «degli uomini forti e soli al comando che decidano in modo libero e incontrollato sommando autorità politiche, amministrative e tecniche», rivendicano maggiori poteri per i sindaci ma anche spazi per un confronto aperto alle organizzazioni dei lavoratori. Gino Ferraresso (Cgil), Renato Riva (Cisl), Claudio Scambi (Uil) non si nascondono nel presentare il documento sindacale che verrà spedito a tutti i Comuni, con l’invito ai presidenti delle quattro Conferenze a una serrata analisi congiunta delle questioni sul tappeto, e l’annuncio di una manifestazione pubblica a inizio novembre: «Ci sono più interrogativi che certezze. I sindaci condividono le nostre preoccupazioni. Questo accentramento potrebbe minare la partecipazione del territorio facendo perdere forza soprattutto al sociale. L’integrazione socio-sanitaria non decolla e il Prss resta ancora bloccato. Nel Veneto nel 2011 le medicine di gruppo integrate erano il 17,9 per cento, oggi sono il 10,9. In 4 anni è diminuita l’Adi e le strutture integrate non hanno neppure un numero». I timori sono anche altri: «L’accorpamento dei servizi per risparmiare può mettere a rischio i posti di lavoro e se il personale si riduce ne andrà di mezzo la qualità. Se si daranno 8 miliardi a un unico ente che governerà con un’impostazione privatistica chi ne controllerà la gestione? Che fine faranno gli osservatori che abbiamo creato con le Ulss e le Conferenze? Per questo è utile aprire una discussione».
Cinque, secondo i sindacati, i temi da affrontare: «Piena applicazione del nuovo Prss; un equilibrato sistema di poteri che riattivi la funzione dei sindaci; un metodo di concertazione con i sindacati; l’utilizzo delle risorse derivanti dalla riorganizzazione come investimento per migliorare i servizi; il pieno coinvolgimento dei sindacati del comparto e della dirigenza formando un tavolo permanente». Nel documento, poi, numerose e articolate le proposte per far lievitare l’offerta sanitaria e mantenere il welfare locale. Ed ecco anche le priorità: «Opportuna riduzione del numero delle Uiss vicentine riscrivendone gli ambiti; puntare maggiormente sul territorio; sviluppare Adi h24 e ospedali di comunità; riorganizzare i distretti; rivedere la situazione dei consultori che rischiano la chiusura; favorire il raccordo operativo distretto-dipartimenti di salute mentale-riabilitazione dentro e fuori l’ospedale per garantire la presa in carico del paziente; individuare un cronoprogramina stringato e preciso per avviare Aft e medicine di gruppo». Risposte urgenti i sindacati confederali sollecitano pure sul fronte delle risorse per i soggetti deboli: anziani, disabili, giovani, immigrati. «Ulss e conferenze non possono essere semplici notai dell’effetto causato dal calo dei contributi». Altre richieste: più posti-letto per la riabilitazione; rivedere il project di Santorso fonte di progressivi buchi di bilancio; unificare gli ospedali di Montecchio e Arzignano; attivare le Cot; garantire il fabbisogno di personale e il lavoro in sicurezza; monitorare gli appalti per prevenire infiltrazioni criminali. ·
Il Giornale di Vicenza – 22 ottobre 2015