La procura ha avviato indagini su alcune decine di appassionati dell’arte venatoria. L’ipotesi è di violazioni edilizie e ambientali. I sequestri sono una quindicina. Prime conferme dal Riesame. La legge regionale cambierebbe però il quadro della situazione
I capanni da caccia sono abusivi? È la domanda alla quale sta cercando di rispondere la procura di Vicenza, che ha avviato un’indagine a vasto raggio sulle costruzioni di legno, rami e lamiera che campeggiano sui colli vicentini e che sono particolarmente diffuse sui Lessini e sulla Pedemontana vicentina. Il pubblico ministero Antonella Toniolo ha messo sotto inchiesta alcune decine di cacciatori, ipotizzando a loro carico l’abuso edilizio in zone paesaggisticamente tutelate; una quindicina di “casotti” sono finiti sotto sequestro. Una misura che finora il tribunale del Riesame ha confermato. E c’è fermento nel mondo venatorio berico, a poche settimane dall’apertura della stagione, anche perchè una legge regionale potrebbe cambiare le carte in tavola.
GLI ESPOSTI. Gli accertamenti della procura erano scattati in seguito all’invio a palazzo Negri di numerosi esposti firmati da associazioni ambientaliste o contro la caccia. I magistrati avevano voluto vederci chiaro ed avevano affidato l’indagine al Corpo forestale, che finora ha proceduto ai sigilli su ordine proprio del pm. Particolarmente interessata la zona di Valdagno e Recoaro, ma anche la val Leogra, la valle del Chiampo e il Thienese. LE ACCUSE. Il nucleo centrale della questione casotti è legato alle autorizzazioni a costruire. Quelle strutture, che nascono in radure o in mezzo al bosco, dove c’è passaggio di uccelli, non sarebbero infatti autorizzate: non c’è permesso, non c’è Dia, non c’è alcun documento a supporto. Pertanto, sono stabili abusivi a tutti gli effetti, è il ragionamento degli inquirenti, che hanno vinto una battaglia in tribunale quando un cacciatore – assistito dall’avv. Piero Zuin – ha chiesto il dissequestro del suo capanno. Trattandosi di abusi la procura ritiene che i cacciatori possano finire a processo; in caso di condanna, potrebbe essere chiesta loro dal giudice la demolizione del manufatto edificato senza rispettare le leggi. Il problema è infatti che quelle strutture, seppur utilizzate qualche mese l’anno, non sono temporanee ma definitive. LE DIFESE. Molti dei cacciatori indagati sono assistiti dagli avv. Francesco Rucco e Andrea Balbo, i quali con ogni probabilità chiederanno il dissequestro dei capanni al tribunale Riesame in settembre. Le difese sottolineano come quelle strutture siano edificate da decenni, in forza di concessioni comunali. Ogni anno – o ogni quinquennio – i cacciatori chiedono all’amministrazione la possibilità di utilizzare quel “casotto” nel periodo di caccia, e la ottengono. Pertanto, non ci può essere alcun reato in capo ai singoli indagati, i quali si trovano nella spiacevole situazione di dover fronteggiare in prima persona, senza conoscerne le problematiche, ad un vuoto normativo che la legge regionale votata in luglio – e che potrebbe entrare in vigore dal 10 settembre – dovrebbe colmare. Se i Comuni, è il ragionamento dei difensori, danno l’ok al singolo cacciatore di utilizzare una struttura talmente datata che non è possibile risalire alla data di costruzione, come è possibile accusare quegli stessi cacciatori di abuso edilizio? Fra l’altro, per quel genere di violazioni i cacciatori rischiano sanzioni piuttosto elevate. LA NUOVA NORMA. La Regione Veneto ha predisposto una norma per la difesa di quei casotti. Sostanzialmente, si tratta di una deroga che, dopo aver indicato le caratteristiche standard della struttura, “salva” quelle esistenti. Il confronto si riaprirà a metà settembre.
Il Giornale di Vicenza – 31 agosto 2012