Sessantamila euro di multa a una delle associazioni benefiche più note del Veneto. È quanto ha stabilito l’ispettorato del lavoro di Vicenza che in seguito a un’ispezione presso la Fondazione Baschirotto ha rilevato una serie di irregolarità nell’ambito dei contratti di lavoro dei collaboratori.
Medici che eseguono delicate ricerche ed esami di laboratorio nel campo delle malattie rare, settore in cui la Fondazione con sede a Costozza di Longare, fondata 25 anni fa dai coniugi Giuseppe Baschirotto e Anna Albarello, è uno degli enti più in vista.
Medici che però, secondo il verbale della Direzione territoriale del lavoro di Vicenza datato 30 novembre 2012, sarebbero stati assunti con contratti di collaborazione coordinata e continuativa e a progetto («Co.co.co.» e «Co.co.pro.») che in realtà «dissimulano rapporti di lavoro subordinato riconducibili alla disciplina del contratto nazionale Istituzioni Socio/assistenziali Uneba». Il contratto, cioè, che si applica ai lavoratori del settore socio-sanitario e assistenziale, comprese associazioni, fondazioni e imprese sociali. Secondo l’ispettorato del lavoro la Fondazione malattie rare Mauro Baschirotto Onlus (questo il nome per esteso dell’ente) deve stabilizzare i lavoratori a progetto riconoscendoli come dipendenti a tutti gli effetti. Ma non è tutto: la Direzione provinciale del lavoro ha comminato una multa della bellezza di 60mila euro alla Fondazione. I cui titolari però rifiutano categoricamente di pagare, e rispediscono al mittente tutte le accuse.
«Abbiamo impugnato questo provvedimento e ora è in atto un ricorso agli organi competenti – spiega il presidente della Fondazione, Giuseppe Baschirotto – l’ispettorato utilizza criteri che vanno bene per un’azienda, ma noi non siamo una spa, siamo una onlus. Gli ispettori sono completamente fuori strada: i nostri contratti sono gli stessi che vengono stipulati in tutte le strutture sanitarie e le università. Siamo un ente di ricerca riconosciuto a livello mondiale, forniamo diagnostica gratuita a malati provenienti da trentasei paesi di tutto il mondo ». Baschirotto non usa mezze misure: «Se dovessimo davvero pagare la multa che ci è stata inflitta ingiustamente dovremmo chiudere domani mattina». La moglie Anna Albarello rincara la dose: «Siamo vittime di una grande ingiustizia, se dovessimo assumere a tempo indeterminato i ricercatori, dove troveremmo i fondi per la ricerca? Da dieci anni siamo convenzionati con la Regione Veneto per un progetto speciale sulle malattie rare, che viene prorogato di anno in anno con continui rinvii, senza mai essere riconosciuti stabilmente. Viviamo nella precarietà». I riflettori degli ispettori del lavoro hanno però illuminato un altro tipo di precarietà, quella dei camici bianchi impiegati nei laboratori di analisi (il centro di Longare è accreditato presso la Regione come «centro diagnostico riabilitativo extraospedaliero per la diagnosi, terapia e cura delle malattie rare»).
I contratti a progetto «sono privi di un progetto o programma reale, ben individuato, definito e limitato temporalmente» si legge nel verbale; i progetti si risolvono in «attività assolutamente ordinarie» tanto che l’oggetto sociale della Fondazione «si realizza unicamente attraverso il lavoro dei collaboratori a progetto» (fatto che contrasta con la circolare 4 del 29 gennaio 2008 del Ministero del Lavoro). «I lavoratori – continua la relazione – sono assoggettati al potere direttivo, organizzativo gerarchico e disciplinare dei soci fondatori», con tanto di obbligo di timbrare il cartellino, rispettare orari di lavoro rigidi e l’esclusività del rapporto di lavoro. «Falso, i dipendenti hanno totale autonomia – ribatte Baschirotto – e per quanto riguarda il badge d’ingresso, è cosa normale: è necessario sapere chi c’è laboratorio quando si ha a che fare con il dna e con macchinari costosi».
Corriere del Veneto – 22 agosto 2013