Un’ispezione regionale all’Usl 6 di Vicenza «per vedere se sono state rispettate tutte le procedure». Il presidente della Regione, Luca Zaia, interviene con forza sul caso del militare statunitense in quarantena alla base militare americana «Del Din», ma ricoverato per i sintomi di un infarto nel reparto di cardiologia dell’ospedale San Bortolo, sempre a Vicenza.
Dopo aver criticato nelle scorse settimane la decisione di Governo e comando militare Usa di far svolgere la quarantena ai soldati di rientro dalla Liberia nella base vicentina, Zaia annuncia ora un’ispezione al nosocomio vicentino in merito a una vicenda emersa nei giorni scorsi: un colonnello statunitense di 60 anni è ricoverato al San Bortolo dopo essere stato soccorso alla base militare, nel fine settimana, per sintomi di infarto. Fin qui nulla di strano, se non fosse che alla «Del Din» il militare stava trascorrendo un periodo di isolamento dopo il rientro da una missione in territorio africano, assieme ad altri 74 connazionali. La misura di prevenzione, prevista dall’esercito statunitense, non ha impedito al personale dell’azienda sanitaria di ricoverare il paziente in reparto – dopo specifici controlli – in una stanza singola.
Il ricovero non sembra suscitare preoccupazione fra gli altri pazienti del reparto, dove regna tranquillità. Fin qui nessuna protesta o richiesta di trasferimento. Ma fuori dai locali sanitari agita le acque e suscita un (nuovo) affondo del presidente del Veneto: «Voglio verificare fino in fondo – dice il governatore – se sono stati presi tutti gli accorgimenti possibili. Se abbiamo dei militari in quarantena qui e poi se si rompono anche solo una falange vanno curati e portati in ospedale, quello che dicevo era vero: era meglio fossero stati portati subito a casa loro».
Mentre dal comando militare statunitense in città si ribadisce solo che «tutti gli altri soldati del contingente rientrato dalla Liberia stanno bene», dal Comune si precisa che «sono stati rispettati protocolli e procedure previsti, ma si attendono gli esiti dell’ispezione della Regione per eventuali altre valutazioni». Dal canto suo, l’azienda sanitaria chiarisce la propria posizione: «Le misure definite di “quarantena” sono messe in atto in modo autonomo dai comandi militari statunitensi» recita una nota dell’Usl 6, che poi sottolinea un aspetto nella gestione del caso del militare ricoverato: «Ancora all’interno della caserma “Del Din” – dichiarano dal San Bortolo – il paziente è stato sottoposto a “”triage avanzato” tramite conferenza telefonica con clinici statunitensi e personale medico del San Bortolo e dell’Istituto nazionale malattie infettive Spallanzani di Roma, che ha escluso categoricamente la classificazione di caso sospetto di malattia da virus Ebola».
Ma se a Vicenza si ha a che fare con provvedimenti presi in via precauzionale in altre aree del mondo, l’aggressività del virus non accenna a diminuire. Così in Sierra Leone l’ong padovana Medici con l’Africa Cuamm è rimasta a fronteggiare l’epidemia con un team di 5 cooperanti italiani che lavorano insieme al personale governativo locale. Dopo la messa in sicurezza dell’ospedale di Pujehun, la costruzione di un centro di isolamento nell’area di Zimmi (focolaio dell’epidemia nel distretto), la formazione di oltre 300 contact tracers , impegnati nel tracciamento dei casi e nella ricerca dei sospetti, la nuova sfida per Medici con l’Africa Cuamm è in queste ore la costruzione di un nuovo centro di isolamento a 5 chilometri dall’ospedale di Pujehun. Nel frattempo si è concluso il periodo di isolamento precauzionale dei due operatori Cuamm rientrati in Italia lo scorso 16 ottobre: Chiara Maretti, ostetrica, e Paolo Setti Carraro, medico chirurgo stanno bene e possono tornare alla vita ordinaria.
Gian Maria Collicelli e Riccardo Bastianello – Il Corriere del Veneto – 6 novembre 2014