Nuova svolta nell’inchiesta sulla presenza dei Pfas nell’acqua in vari Comuni del Veneto: la procura di Vicenza ha iscritto una persona nel registro degli indagati. Si tratta dell’ex amministratore delegato di Miteni spa, Luigi Guarracino, alla guida dell`industria chimica di Trissino fino a fine 2013.
Guarracino sarebbe per ora l’unico indagato nella vicenda che da qualche tempo sta allarmando molti cittadini veneti e cioè quella legata alla presenza di sostanze perfluoro-alchiliche nelle acque di parte del padovano, vicentino e veronese. «Non c’è niente da dire per ora, prima aspettiamo che venga definito il tipo di reato contestato» precisa intanto l’avvocato Leonardo Cammarata che ha rappresentato l’ex amministratore delegato di Miteni in altri processi legati a reati ambientali in differenti parti d’Italia.
Miteni, alla cui guida come amministratore delegato da qualche mese c’è Antonio Nardone, è finita da qualche tempo nel mirino dell’Arpav che la ritiene responsabile di aver prodotto (e scaricato) per decenni i Pfas, contribuendo all’inquinamento della falda.
La problematica, emersa già qualche anno fa, ha preso corpo negli ultimi mesi quando un monitoraggio effettuato dalla Regione Veneto e dall’Istituto superiore di sanità aveva rilevato la presenza di Pfas nel sangue degli abitanti di alcune zone delle province di Vicenza, Verona e Padova. I veneti esposti alle sostanze potenzialmente cancerogene rilevate nelle acque sarebbero più di 120mila, altri 250mila sarebbero stati interessati invece dal problema della contaminazione delle acque.
Oltre alla procura di Vicenza, ad indagare sugli sversamenti di sostanze perfluoro-alchiliche c’è anche quella di Verona che ha aperto un fascicolo con l’ipotesi di reato di «scarico abusivo in falda». All’orizzonte si profila infine l’ipotesi di un’unica inchiesta veneta. Nel caso in cui gli «sversamenti abusivi» in acqua su cui indaga Verona risultassero provocati dalla stessa azienda Miteni, il fascicolo verrebbe infatti trasferito per competenza a Vicenza e la procura diventerebbe l’unica titolare della maxi-indagine.
Dal canto suo l’azienda in più occasioni negli ultimi tempi ha ribadito: «La linea di condotta di Miteni è sempre stata rispettosa di normative e prescrizioni». Del resto, all’epoca dei fatti dal punto di vista legislativo non c’erano limiti allo sversamento. E, altro concetto più volte sottolineato da Miteni: «Dal 2011 l’azienda produce solo molecole a catena cortissima (4 atomi di carbonio, ndr): le Pfba e le Pfbs. Non produce più né Pfos ne Pfoa, cioè le molecole a catena lunga». Per quanto riguarda le inchieste (sia quella vicentina che quella veronese) il rischio dietro l’angolo è però quello della prescrizione. Se gli inquirenti decidessero di procedere per il reato previsto dalla vecchia normativa (prima della legge del 2015 sul reato di disastro ambientale) il lavoro della procura sembrerebbe tutto in salita, visto che Miteni sostiene di non produrre Pfos e Pfoa dal 2011 e visto che il reato, considerato il lasso di tempo già trascorso, cadrebbe in prescrizione. Un rischio concreto visto che per gli eventuali reati ambientali il periodo conteggiato è di sette anni e mezzo.
Andrea Alba – Il Corriere del Veneto – 24 giugno 2016