La parola all’imputato. Che, dopo mesi di accuse incrociate, promesse di cattura e minacce di morte (abbattimento, nel caso specifico) potrà difendersi ufficialmente davanti a un giudice, con a fianco un legale a supportarlo e dei testimoni in sua difesa. Dovrà dimostrare, semplicemente, di essere ciò a cui è stato destinato dalla natura: un orso. Non uno qualsiasi, ma M4 (o Genè come è stato soprannominato), l’ultimo incubo dei malgari dell’Altopiano di Asiago.
È famoso per aver fatto fuori in qualche mese 28 animali, tra mucche, asini e caprette, prima di lasciare la montagna vicentina e incamminarsi per il Trentino, dove al momento dovrebbe essere in letargo. Per lui il processo mediatico è iniziato in estate, e non ne è uscito bene. Ma, nei dibattiti sui giornali e nelle dichiarazioni dei politici, non è mai stata pronunciata una sentenza. Né a suo favore né contro. Tante ipotesi e ragionamenti, ma mai in un tribunale finora. Invece adesso Genè è stato chiamato a presentarsi a processo.
La prima (e definitiva) udienza sarà il 6 dicembre alle 17 nella sala del consiglio di Roana a Canove. Non si tratta di uno scherzo, ma di un processo vero e proprio. Tanto che il giudice chiamato a dare il giudizio finale sarà l’ex procuratore di Vicenza, Ivano Nelson Salvarani. «Ha già chiesto gli incartamenti, con i dati dei danni e degli animali sbranati – spiega Giliano Carli, presidente dell’associazione culturale Conteiner, che ha organizzato il processo-spettacolo Tribunale Scalzo – l’esito non sarà scontato».
In difesa dell’orso ci sarà l’avvocato padovano Marco Paggi, per l’accusa invece si presenterà in veste di pubblico ministero l’avvocato Marco Antonio Dal Ben. Ci saranno per entrambe le parti dei testimoni: pro alcuni specialisti del settore, contro i malgari che hanno subito danni e hanno trascorso l’estate a proteggere le loro bestie dalla grande fame di Genè.
Ma il protagonista sarà lui, perché il processo non sarà di certo in contumacia. Non potendo rintracciarlo, gli organizzatori hanno pensato di farlo interpretare al guardiacaccia scrittore Giancarlo Ferron. Il giudice, inoltre, si avvarrà di un consulente tecnico sopra le parti, ovvero Daniele Zovi, comandante regionale del Corpo Forestale dello Stato. «Il processo è serio, tanto che non sappiamo quale sarà l’esito – sottolinea l’esperto – io racconterò la storia dell’orso, come si è comportato e quali azioni sono state fatte per controllare le sue malefatte. Sarà un modo per riflettere sulla questione a bocce ferme, per far parlare i malghesi e per riflettere sul ritorno dei grandi carnivori».
È proprio questo l’intento degli organizzatori dello speciale processo ad un orso: «Riflettere sulla contrapposizione tra civiltà e natura, tra ragione ed istinto – afferma Carli – tra coloro che sostengono che l’orso vada abbattuto, o quanto meno catturato, e coloro che difendono i diritti dell’animale. E, pensando al Medioevo, quando i processi agli animali venivano presi seriamente, abbiamo deciso di farne uno. La sentenza non la conosciamo, ma di sicuro Genè non sarà messo al rogo».
Il Corriere del Veneto – 26 novembre 2014