Giuliano Pesavento, presidente della “Casearia dell’Altopiano di Asiago”, al centro di inchieste avviate dalla procura di Bassano: «Ex soci e due ex dipendenti con un pubblico ufficiale (l’ex-capo della Forestale) hanno ideato un piano per affossare una realtà da 50 milioni di euro»
«C´era un piano per distruggerci. È come se avessi vissuto un thriller di Dario Argento. Mesi di sofferenze e di angosce per capire che c´era un disegno orchestrato dagli ex soci e da un paio di ex dipendenti con la partecipazione di un pubblico ufficiale, il comandate della forestale di Asiago Isidoro Furlan, che, ma la risposta spetterà alla magistratura sulla sua consapevolezza, si era ritagliato un ruolo nel tentativo per fortuna fallito di affossare la “Casearia dell´Altopiano di Asiago” e di conseguenza il “Consorzio fra i Caseifici”. Una cosa di inaudita gravità perché minava una realtà che fattura oltre 50 milioni di euro e dà lavoro a più di 100 persone».
Il presidente della Casearia Giuliano Pesavento parla deciso mentre il socio Tiziano Matteazzi spulcia la documentazione dell´azienda. Siamo negli uffici della Casearia a Povolaro di Dueville, azienda costituita nel 2006 per confezionare e commercializzare il formaggio prodotto ad Asiago per la grande distribuzione.
Quando capite che c´era un disegno strategico per colpirvi?
«Il 30 gennaio 2011, quando il nostro ex dipendente Stefano Moia mi telefona e chiede 100 mila euro per consegnarmi un marchio fasullo del grana nascosto nel nostro stabilimento. In quell´occasione mi dice due notizie riservate: la prima, che sa che di lì a breve gli ispettori della Mc Donald´s avrebbero certificato la fornitura del formaggio, e che, nello stesso tempo, la Forestale avrebbe dovuto fare una perquisizione per trovare il marchio».
Lei che cosa fece?
«Ero sconvolto perché siamo gente seria. Mi recai subito dai carabinieri di Thiene a denunciare il chiaro tentativo di estorsione. In un lampo mi passarono davanti agli occhi gli ultimi mesi e capii molte cose».
Cioè?
«Come poi hanno accertato i carabinieri del capitano Piscitello, che ringrazio pubblicamente assieme al procuratore di Bassano Ruberto per la loro capacità e serietà professionale, a partire dal luogotenente Zigliotto e dal maresciallo De Rosa, ho capito che era stato Moia a nascondere il marchio in ditta con la complicità della nostra dipendente Giuseppina Chimetto. I carabinieri lo rinvennero prima che lo trovasse la Forestale, che stava per intervenire con Furlan e così danneggiarci».
È molto grave quello che sostiene. Ne è sicuro?
«I carabinieri fecero l´appostamento e videro con i loro occhi che mentre Chimetto, che ancora lavorava in ditta, distraeva i dipendenti al lavoro facendo loro firmare un biglietto, Moia entrava in ditta dal retro per l´incursione da codice penale. Le intercettazioni dicono il resto. Più chiaro di così».
Pesavento, ma da dove nasce tutto?
«Bisogna risalire all´inizio 2010, quando Tiziano ed io scopriamo che i nostri soci Paolo Zentilini e Giovanni Turrina si comportavano scorrettamente e decidiamo di liquidarli. C´era tensione in azienda e in quel periodo, siamo nell´aprile 2010, subiamo una perquisizione nella quale vengono sequestrate 12 mila forme di grana. Per la cronaca vengono poi dissequestrate quasi tutte, salvo 280, per le quali ci dicono che non sono corrette, ma le analisi dicono il contrario. Il fatto è, come poi scoprono i carabinieri, che era stato Moia, il quale se ne andrà dall´azienda nell´autunno 2010, a provocare la perquisizione per l´infondata marchiatura clandestina. Tenga conto che noi a giugno 2010 liquidiamo i due soci, che ci hanno già mosso guerra, ma ancora non lo sappiamo, e ricorrono all´asso nella manica».
Allude al comandante della Forestale di Asiago Furlan?
«Certo, il suo ruolo emerge nitido dalle intercettazioni telefoniche, dai pedinamenti e dalle indagini dei carabinieri».
Lui si difende dicendo di essere stato incastrato dagli altri.
«I riscontri oggettivi dicono il contrario, ma sarà la magistratura a pronunciarsi, visto che è sotto inchiesta con i nostri ex soci e gli ex dipendenti. Le intercettazioni telefoniche fanno rabbrividire su quello che dovrebbe essere il ruolo di un vicequestore della Forestale. Stabilire con Moia, che ha nascosto un marchio falso da noi, i tempi di una perquisizione ad orologeria, che cos´è se non una infedeltà istituzionale?».
I vostri problemi erano sorti con il devastante incendio del 2007.
«Si può dire che l´origine di tutto è nel rogo. Perché dovemmo distruggere 53 mila forme di formaggio. Allora chiedemmo al Consorzio di tutela del grana la possibilità di produrne altrettante senza pagare di nuovo le royalties, ma ci venne risposto picche. Abbiamo allora fatto 4 mila forme in più senza che avessimo la placchetta di caseina, ma il formaggio è uguale all´altro, come hanno stabilito le indagini. Nel frattempo, è sorto il braccio di ferro con l´assicurazione che non ci ha ancora risarcito nonostante la sentenza del tribunale di Milano ci abbia dato ragione e Furlan ha cominciato a essere particolarmente zelante col Consorzio. Ripeto, i documenti parlano chiaro».
Che cosa vi aspettate, adesso?
«Che si chiuda il cerchio giudiziario attorno al piano destabilizzante con al centro grossi interessi finanziari per affossare un gruppo di aziende sane che escono a testa alta da due anni allucinanti. Appunto un film di Dario Argento, e noi avremmo dovuto secondo i piani di qualcuno essere le vittime. Ma si sono sbagliati».
Il Giornale di Vicenza – 18 febbraio 2013