Visco: la ripresa c’è avanti con le riforme Jobs act? Vedremo. I debiti della Pubblica amministrazione scesi di 5 miliardi
Alessandro Barbera. «Anche in Italia si è avviata la ripresa». Salgono i consumi, gli investimenti, e per questo la crescita dovrebbe «proseguire» nel resto dell’anno. «Per rimuovere gli ostacoli allo sviluppo è stata avviata un’azione di riforma, riconosciuta a livello internazionale»; ma «per non deludere le aspettative di cambiamento occorre accelerare».
In alcuni casi «i benefici non sono immediati» ma questo è «un motivo in più per agire». La relazione annuale del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco promuove il governo Renzi. O meglio: lo promuove per quel che ha fatto finora (su tutte la riforma delle banche popolari), lo incoraggia ad andare avanti su quel che non ha fatto. Talvolta – come nel caso del Jobs Act – sospende il giudizio: «Una valutazione compiuta degli effetti di questi provvedimenti è prematura», ma intanto «è stato ridotto, per i nuovi contratti, il disincentivo alle assunzioni a tempo indeterminato connesso con l’incertezza sugli esiti della risoluzione del rapporto di lavoro». La frase, involuta, è per dire che i licenziamenti più facili saranno un bene per l’occupazione.
Le imprese non innovano
Il mestiere di governatore sta cambiando. Una volta la Banca d’Italia era il Grande Censore del governo, ora con i nuovi Trattati quel ruolo spetta sempre di più alla Commissione di Bruxelles. Oggi Via Nazionale è parte di un organismo molto più grande (il sistema europeo delle banche centrali, guidato dalla Bce di Draghi) e con compiti di sorveglianza sempre più complessi sul sistema finanziario. La relazione rispecchia i nuovi equilibri. Visco sottolinea tutti i ritardi dell’economia italiana: la scarsa innovazione delle imprese – ancora troppo piccole – il Sud che non riparte, la pubblica amministrazione che non funziona, la scuola, indietro per qualità dell’istruzione e dell’organizzazione.
I debiti della Pa non calano
L’allegato alla relazione analizza, indaga, spiega che l’Imu penalizza i redditi più bassi, ha dubbi sul fatto che lo Stato abbia risolto il problema degli arretrati ai suoi fornitori (una stima «incerta» calcola che il debito «sarebbe sceso da 75 miliardi di fine 2013 a 70 di fine 2014») ma non invade il campo del governo indicando ricette. Nella sua relazione Visco non cita mai la parola «tasse», mentre entra nel dettaglio delle soluzioni su un enorme problema di sua competenza: le sofferenze bancarie.
Sofferenze triplicate
«Alla fine del 2014 la consistenza delle sofferenze è arrivata a sfiorare i 200 miliardi di euro, il 10 per cento del complesso dei crediti; gli altri prestiti deteriorati ammontavano a 150 miliardi, il 7,7 per cento degli impieghi. Prima della crisi, nel 2008, il complesso di queste due voci «valeva il 6 per cento»: sono triplicate. Le banche hanno prestato soldi alle persone sbagliate o imprenditori sfortunati. Quando il credito «cattivo» vale quasi un quinto dei bilanci, fare credito «buono» è più difficile, e addio crescita. Visco rivendica di aver sollecitato (anche se il merito andrebbe condiviso con gli organismi europei) «gli aumenti di capitale realizzati quest’anno», per rafforzare i patrimoni delle banche: se le spalle sono più solide, le sofferenze sono un problema meno grave. Ma non basta. Il governo avrebbe voluto costituire una «bad bank», (come in Germania, Spagna, Irlanda), nel frattempo sono cambiate le regole europee e ogni intervento pubblico è giudicato come aiuto di Stato. Visco chiede a Bruxelles più flessibilità: non ci sono «formule infallibili», ci può essere un «bilanciamento tra regole e discrezionalità» e valutate «le ragioni che differenziano politiche volte a attivare meccanismi di mercato da aiuti di Stato distorsivi della concorrenza». In ogni caso a risolvere il problema aiuterebbero una giustizia civile più veloce e un fisco che non penalizzi i bilanci delle banche, come avviene nel resto d’Europa.
La Stampa – 27 maggio 2015