Vicenza prosegue l’operazione ospedali by night e festivi. Le tac continueranno a essere fatte due sere la settimana; risonanze, mammografie, ecografie mammarie e scintigrafie il sabato. Le tac al San Bortolo e a Noventa; le risonanze e le scintigrafie a Vicenza; mammografie ed ecografie mammarie al San Bortolo, a Noventa e a Sandrigo. In più ora eco, mammografie e tac si faranno per due sere la settimana e il sabato pure nelle due strutture private accreditate dell’Eretenia e di Villa Berica.
«Da noi non cambia nulla, andiamo avanti come abbiamo fatto fin qui – dice il dg Giovanni Pavesi -. Le indicazioni della Regione sono queste e noi siamo impegnati a mantenerle. Per Vicenza queste prestazioni sono una risorsa in più, una preziosa valvola di sfogo per tenere sotto controllo le liste di attesa. Non è importante il numero assoluto. Conta il fatto che riusciamo a soddisfare la domanda di una certa fascia di popolazione che non può venire in ospedale di giorno».
Questo dopo che un’altra grana negli ultimi giorni è piombata sulla scrivania di Luca Zaia, tanto che il governatore ieri ha convocato d’urgenza di prima mattina tutti i dg del Veneto, spingendo a non mollare e a confermare un servizio di sera e nei weekend che, quando venne lanciato nel 2013, venne definito dallo stesso Zaia come «una nuova filosofia per rispondere alla richiesta di 5 mila veneti che esigono tempo più veloci per esami e visite» ma anche per non costringere chi lavora a prendersi ferie e permessi per fare i raggi e ottimizzare l’utilizzo dei macchinari radiologici.
L’Ulss di Venezia, a febbraio del 2013, fu la prima a sposare la causa del governatore. Vicenza arrivò subito dopo ad aprile. E a settembre, dopo una delibera della giunta regionale che mise a bilancio 26 milioni perle nuove tecnologie e 30 milioni perle prestazioni straordinarie dei medici volontari, si accodarono le altre aziende, a cominciare da Verona con Borgo Roma e Borgo Trento, e da Padova con il Sant’Antonio. Ma ora la sanità dopo il tramonto comincia a scricchiolare. Le difficoltà partono da Treviso, ma – secondo il segretario regionale della Cimo Luigi Dal Sasso – lo stop si estenderebbe a quasi tutti gli ospedali veneti. I problemi sono scoppiati dopo che il4 marzo otto sindacati medici – Aaroi, Anaao, Anpo, Cimo, Cisl, Simet, Fials, Fvin Snr – hanno impugnato davanti al Tar la delibera del 23 dicembre 2015 con cui «la Regione spiega Dal Sasso – ha istituzionalizzato i servizi notturni inserendoli nella fascia dell’orario ordinario che in base al contratto nazionale va dalle 8 alle 20».
Le schermaglie erano cominciate già a gennaio quando i sindacati avevano diffidato la Regione dal proseguire l’attività serale e festiva.
«L’accordo è saltato – dice Dal Sasso – perché non hanno voluto ascoltarci sulla delibera e su altre questioni. I servizi serali e festivi sono prestazioni in più che vanno pagate a parte e devono essere volontarie. Oltre tutto il compenso orario è stato abbassato da 100 a 60 euro lordi. Se consideriamo che 40 euro vengono in base alla legge Balduzzi dall’ulteriore 5 per cento detratto alle tariffe della libera professione, la conclusione amara è che i medici sono costretti a pagare due volte».
Franco Pepe – Il Giornale di Vicenza – 17 marzo 2016