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Zaia: “La Lega sia di lotta e di governo. La fine dello stato d’emergenza è vicina”. Il presidente del Veneto: “Il congresso della Lega non è nei miei pensieri, non dopo 20 mesi di Covid”

La Stampa. Di addentrarsi nel travagliato confronto interno al centrodestra non ha alcuna voglia. Luca Zaia preferisce parlare dei tamponi triplicati con l’obbligo di Green Pass nei luoghi di lavoro, «una situazione che per ora stiamo gestendo», e puntare alla fine dello stato di emergenza al 31 dicembre: «Se l’andamento dei contagi e dei ricoveri resterà così, potremo chiudere questa pagina», dice il presidente del Veneto. Quanto al calo delle prime dosi di vaccino, bisogna prendere atto che «oltre una certa percentuale di immunizzati non si va», ma niente obbligo: «Resto un difensore della vaccinazione volontaria». Alla fine, però, Zaia accetta di dire qualcosa anche sulla Lega di lotta e di governo, che «deve essere così per difendere la sua identità» e sulla presa di posizione dei ministri di Forza Italia, che «se mi danno del sovranista non mi offendo, ma spieghino cosa vuol dire».
Partiamo dal Green pass, lei aveva dato l’allarme sul rischio caos nelle aziende, per l’entrata in vigore dell’obbligo del certificato, ma fin qui non c’è stato…
«Per ora si è riusciti a gestire la situazione, anche se qualche problema sui tamponi c’è stato, visto che in Veneto abbiamo triplicato i test. Si tratta di capire se riusciremo a tenere questa velocità di crociera dalla prossima settimana. Resto convinto che i tamponi nasali fai da te siano una semplificazione importante, tanto più ora che sono stati riconosciuti dalle autorità regolatorie europee».
Test rapidi da fare in autosomministrazione nelle aziende, che si occuperebbero autonomamente dello screening?
«Sì, vanno fissate delle regole, magari individuando una specifica figura giuridica che si occupi di verificare l’avvenuto screening. Sarebbe una svolta soprattutto per le piccole imprese con meno di 15 dipendenti, che da noi in Veneto sono l’80%, dove magari il lavoratore da controllare è solo uno».
Il rialzo dei contagi è legato all’aumento dei tamponi effettuati?
«È chiaro che, se passo da 40mila tamponi a 120mila tamponi al giorno, come avvenuto nella nostra Regione, è inevitabile trovare più positivi. Quello che conta è che non abbiamo un aumento dei ricoveri in ospedale e, da quel punto di vista, la situazione è sotto controllo. Detto ciò, non si deve abbassare la guardia, perché non si può escludere un colpo di coda del virus».
Se non ci sarà, potremo chiudere lo stato di emergenza il 31 dicembre?
«Dipenderà dall’andamento dei contagi e della campagna di vaccinazione: se il 31 dicembre fosse oggi, potremmo affrontare questo tema con serenità e chiudere definitivamente questa pagina. Poi, certo, avremo una fase di convivenza con un virus endemico, dovremo organizzare i richiami del vaccino, ma saremo fuori dall’emergenza».
A proposito di vaccini, l’effetto Green pass si sta esaurendo? Le prime dosi somministrate sono in progressivo calo, come si interviene?
«Dunque, premesso che io le mie 2500 prenotazioni al giorno ce le ho, va detto che non c’è posto al mondo in cui i cittadini vengono vaccinati al 100%. E ricordo che, quando abbiamo avviato la campagna, si parlava di un obiettivo del 70% della popolazione. Bisogna guardare in faccia la realtà: arriva il momento in cui si deve prendere atto che oltre una certa percentuale non si va. Resto comunque un difensore della vaccinazione volontaria. Poi penso si sia persa una buona occasione per fare un’informazione di accompagnamento alla campagna vaccinale, in particolare rivolta ai giovani, smentendo le fake news che girano online».
Continuano a esserci proteste contro il Green pass, da Trieste a Torino fino a Roma, la preoccupano?
«Il diritto di manifestare va sempre garantito, ma non deve ledere la libertà altrui o trasformarsi in violenza. Credo che non possiamo uscire dal Covid con un conflitto sociale che si radicalizza. Serve un’azione pacificatoria, uno sforzo per abbassare i toni».
Anche da parte delle forze politiche, come la Lega, che queste proteste hanno in qualche modo cavalcato?
«La politica ha il diritto di esporre le proprie idee, ma ora l’obiettivo di tutti deve essere la pacificazione della società, evitare il muro contro muro, senza rivedere le politiche di sanità pubblica. Sottolineo che siamo liberi perché la campagna vaccinale ha funzionato».
Il governo Draghi sta lavorando bene, deve andare avanti?
«Qualcuno più importante di me ha detto: chi sono io per giudicare. Draghi ha ereditato una macchina in corsa e ha avuto la fortuna di evitare la fase acuta della pandemia, quando eravamo disperati per la mancanza dei vaccini, mentre ora abbiamo un milione di dosi in magazzino».
Ma, per il bene dell’Italia, è meglio che Mario Draghi resti premier fino al 2023 o diventi presidente della Repubblica?
«Usando una metafora calcistica, non siamo nemmeno al riscaldamento a bordo campo, lo stadio è ancora chiuso. Da qui a febbraio c’è un’Era glaciale, è inopportuno commentare ora, ma indubbiamente Draghi ha dato all’Italia uno standing internazionale che prima non aveva. Poi sarà innanzitutto una sua scelta personale».
Se Draghi resta a palazzo Chigi, al Quirinale può andare Berlusconi?
«Rispondo come sopra. Poi l’ha proposto Salvini e ci pensa Salvini».
Come valuta lo scontro che si sta consumando dentro Forza Italia?
«Non parlo dei fatti in casa altrui, perché non conosco le dinamiche, e mi dà fastidio quando lo fanno gli altri riguardo alla Lega. Dico che nel centrodestra ci sono tre componenti, con tre identità diverse, come del resto a sinistra».
Per il trio Brunetta, Carfagna, Gelmini siete sovranisti da cui allontanarsi. Lei si sente sovranista?
«Guardi, ho coniato io lo slogan “prima il Veneto” nel 2010, prendendomi le critiche, ma penso sia in linea con la Costituzione. Si figuri che una volta mi offendevano dandomi del federalista. Poi devono spiegarmi cosa vuole dire essere sovranista».
Ad esempio, appoggiare in Europa la richiesta di finanziare la costruzione di nuovi muri anti-migranti e condividere le posizioni del governo polacco, come ha fatto Salvini…
«Io sono un amministratore e non mi occupo di questioni europee, la linea politica la decide il segretario e il segretario non è in discussione».
Almeno fino a quando non farete il congresso, no?
«Il congresso non è nei miei pensieri, non dopo 20 mesi di Covid. Quando si dovrà fare, si farà».
Ma, secondo lei, la Lega deve puntare su una linea più moderata e provare a recuperare voti al centro, invece di rincorrere Meloni a destra?
«La Lega sa che il coefficiente di consenso è legato alla sua identità e la difenderà: abbiamo un elettorato di riferimento, dobbiamo portare avanti un’azione di lotta insieme a quella di governo. Per noi sono due componenti inscindibili, come due gemelli siamesi, uno non vive senza l’altro».

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