Non è stata un’operazione agevole, gli è costata una settimana di levatacce, cento ore di colloqui individuali e qualche capello bianco in più. Ma alla fine Luca Zaia ha dato scacco al rivale di Carroccio Flavio Tosi.
Nella sfida cruciale della sanità, quella che assegnava le poltrone dei direttori generali, il governatore piazza la nidiata dei trevigiani nelle Ulss cruciali – Azienda di Padova, Ulss di Venezia e Treviso, in primis – fidelizza tecnici dal curriculum credibile attraverso una selezione diretta e concede al sindaco-segretario di Verona nulla più che la conferma dei fedeli insediati in loco. Non bastasse, contrae un credito di gratitudine da parte dell’alleato pidiellino, che esce estremamente soddisfatto dalla tornata. La mappa dei nuovi direttori (con l’approssimazione derivante dallo schematismo dell’appartenenza politica di figure essenzialmente tecniche) documenta undici personalità di area leghista, dieci in quota Pdl, un democratico. Ma l’equilibrio apparente delle cifre, che riflette il rapporto di forza dell’alleanza in consiglio regionale, nasconde una strategia sottile. Rivendicando l’autonomia decisionale concessa dalla legislazione veneta (che prevede le nomine per decreto presidenziale), il governatore leghista ha chiesto e ottenuto un margine discrezionale fondato sul profilo professionale dei candidati rispetto al colore della casacca, lasciando intendere che in quest’ottica avrebbe rispettato il principio dell’equilibrio nel centrodestra. Così è stato in effetti perché l’affondo decisivo è arrivato sul fronte interno. Largamente annunciata la “promozione” a Padova di Claudio Dario – punta di diamante sostenuta con forza dalla Lega trevigiana – onorati i desiderata “padani” riguardanti Fernando Antonio Compostella (Bassano), Giuseppe Cenci (Alto Vicentino) ed Ermanno Angonese (Vicenza), Zaia si è ritagliato uno spazio protagonista piazzando personalmente il fedele Giuseppe Dal Ben a Venezia e Chioggia, il tecnico Pietro Paolo Faronato a Belluno, l’esordiente Gian Antonio Dei Tos a Pieve di Soligo (un tempo feudo dell’ex ministro azzurro Maurizio Sacconi) e – altro volto nuovo – il manager Giorgio Roberti nel capoluogo della Marca. Tant’è. Ai tosiani – pur rappresentati in fase di trattativa dall’assessore alla sanità Luca Coletto – non è rimasto che fare buon viso a cattivo gioco, incassando la scontata rielezione di Giusy Bonavina all’Azienda di Verona e di Alessandro Dall’Ora all’Ulss Bussolengo. Un epilogo che certo non ha indotto il sindaco scaligero a stappare lo champagne. Pidiellini accontentati, si diceva. Ben si comprende il plauso immediato del capogruppo Dario Bond («Bravo Zaia») che nella sua Feltre è riuscito a insediare Adriano Rasi Caldogno, grand commis a Palazzo Balbi e nei ministeri galaniani. Sorride anche Renato Chisso, sponsor di Gino Gumirato e ancor più Leonardo Padrin, il presidente della commissione sanità: Urbano Brazzale, il suo protégé, è approdato all’Usl di Padova. Daniela Carraro (Alto Vicentino) rischiava invece l’esclusione pur vantando ottime benemerenze: è stata ripepescata in extremis del segretario generale Domenico Mantoan. A proposito: il precessore di quest’ultimo, Giancarlo Ruscitti, conquista il titolo di grande escluso: vantava l’appoggio pressante da parte delle istituzioni cattoliche laiche ed ecclesiastiche, un tam tam che ha finito per infastidire Zaia: l’illustre aspirante continuerà ad amministrare il patrimonio dei padri camilliani.
Il Mattino di Padova – 2 gennaio 2012