«Male non fare, paura non avere. Degli attori di questa storia, non ne conosco nessuno. E avrei potuto star fuori da questa vicenda, di cui tutto quel che so l’ho letto sui giornali. Ma sono il governatore del Veneto e pretendo chiarezza a nome dei cittadini». Luca Zaia s’è già mosso: ha chiesto due relazioni, una all’assessore alla Sanità, Luca Coletto, l’altra a Domenico Mantoan, direttore della Sanità veneta.
Perché l’inchiesta sulle tangenti nella Sanità lombarda ha fatto colare qualche rivolo di liquame anche sul Veneto. Non tanto per quei diecimila euro della cosiddetta “zarina” della sanità lombarda, l’imprenditrice Paola Canegrati, che hanno foraggiato – alla luce del sole, regolarmente dichiarati la campagna elettorale di Flavio Tosi, ma soprattutto per le ombre che lo scenario dipinto dalla pubblica accusa, se risultasse vero, allungherebbe sul buongoverno della Sanità veneta. Uno scenario che parla di incontri con l’assessore Coletto e di pressioni che sarebbero state esercitate sul Veneto dall’ex senatore leghista Fabio Rizzi, attualmente presidente della commissione Sanità in Regione Lombardia, attraverso un suo emissario, affinchè nell’ospedale di Camposampiero fosse istituita un’Unità di Endoscopia da affidare a un medico amico. Ed è stato questo scenario, questo ipotizzato sistema in cui la politica deciderebbe le nomine di medici e primari e addirittura l’organizzazione delle divisioni ospedaliere non in base a motivazioni mediche ma a pressioni politiche, che ha allarmato il governatore del Veneto, Luca Zaia. E non solo lui, naturalmente: in Consiglio Regionale del Veneto sono già state incardinate due interrogazioni, una del Pd e una del M5S, che chiedono all’assessore alla Sanità, Luca Coletto, di fare chiarezza. Ma prima di loro, prima delle opposizioni, la richiesta di chiarezza è venuta dal governatore Luca Zaia. «Ho chiesto al mio assessore di ricostruire gli appuntamenti che ha avuto, aspetto la sua relazione. Ma già a voce, Coletto mi ha spiegato che l’incontro con i lombardi fu chiesto per il piano socio sanitario, che il Veneto aveva già fatto e la Lombardia invece stava ancora elaborando, ed era proprio Rizzi che ci stava lavorando. Una collaborazione istituzionale, insomma. E vicende come questa – annota Zaia mi confermano quanto sia stata saggia la direttiva che ho dato a dirigenti e assessori già all’inizio del mio mandato di governatore: non si riceve nessuno in maniera informale, tutti gli incontri sono in agenda, passano dalla segreteria e avvengono in sedi istituzionali, non al bar, non al ristorante. Pensate cosa sarebbe successo se Coletto avesse ricevuto i lombardi al ristorante, in modo informale! E ai dirigenti, ho chiesto anche di redigere un verbalino degli incontri, che riporti le richieste della persona incontrata».
«Al direttore della Sanità veneta, Mantoan, invece – spiega Zaia – ho chiesto che faccia, sentendo anche le persone citate nell’inchiesta, una ricostruzione rispetto alle nomine dei medici. E ci tengo a dire ai cittadini che una prima verifica l’ho già fatta. Perché insomma si tratta di nomine tecniche, non politiche, e se ci sono pressioni della politica bisogna che qualche tecnico si sia fatto coinvolgere.
La nomina dei primari è un concorso pubblico, si forma una graduatoria, i perdenti possono ricorrere, e se la nomina è sbagliata paga il direttore sanitario che la firma. E io voglio che i cittadini veneti non dubitino che la loro salute è affidata ai medici migliori e non ai medici amici. E dico ancora una volta a tutti, per questa o per altre vicende: se qualcuno sa qualcosa e ha paura di denunciarla, mi scriva, che la denuncio io. Ho già fatto più di cento segnalazioni»
Tratto da Il Gazzettino – 24 febbraio 2016