Ma che cos’hanno da spartire Cinto Caomaggiore e Venezia?» Il presidente della giunta regionale Luca Zaia è infuriato, questa volta contro la città metropolitana che, a partire dal primo gennaio 2014, sostituirà con nuove competenze la Provincia guidata da Francesca Zaccariotto: da Cavarzere a Portogruaro, ricalcando i confini provinciali veneziani.
Difende il policentrismo veneto ma avverte: la strada che ci aspetta è quella di una sempre maggiore autonomia del Veneto (e del Nord) dalla capitale. «Roma sta cercando la rissa – spiega Zaia –: l’area metropolitana di Venezia non è sovrapponibile ai confini provinciali, lo sanno tutti coloro che appena conoscono il Veneto. È uno strumento, di per sé non sbagliato, calato dall’alto con un metodo da blitz antidemocratico. È difficile non concludere che Roma, che con Venezia non ha mai avuto buone relazioni, stia cercando la rissa». Presidente, perchè il governo sbaglia? «Perchè dimostra di non conoscere il territorio e nemmeno di ascoltare le istituzioni locali. E infila un provvedimento, che non c’entra nulla, dentro a un decreto che parla di revisione di spesa pubblica. Ma la città metropolitana non produrrà risparmi di spesa». Sbagliato, dunque, calare dall’alto la decisione? «Non è questo il modo. Chiunque conosca almeno un po’ il Veneto sa che Cinto Caomaggiore, che fino a poco tempo fa voleva andare con il Friuli, e Venezia hanno poco a che spartire: per storia, cultura, relazioni. Come si fa a pensare di mettere insieme realtà completamente diverse?» Bastava che la chiamassero per scongiurare l’errore? «È una miccia innescata. È infilare due dita negli occhi ai veneti. È un metodo sbagliato, arrogante, miope, da macelleria istituzionale, imbarazzante. Acuisce le tensioni centrifughe. Così non so dovremo andremo a parare: è una logica molto pericolosa». L’idea di un’istituzione che voli più alto delle singole città è antica e a lungo auspicata. «Ma lo strumento in sé può anche starci, del resto è previsto nel nuovo statuto della Regione. Ma allora ragioniamo sulla vera area metropolitana di Venezia, oppure su quella di Verona. Discutiamo del ruolo e delle caratteristiche di Padova. Avere un’istituzione che pianifichi lo sviluppo su un’area vasta può essere utile. Per questo ritengo che le province debbano essere salvaguardate: sono utili a questo scopo». Quali dimensioni dovrebbe avere, allora, una città metropolitana? «Io dico che bisogna riferirsi alle città europee: quattro, cinque milioni di abitanti. Per questo dico che il Veneto è la città metropolitana». Non può essere, viceversa, l’inizio di un percorso? «Decidere una città metropolitana ricalcando i confini della provincia di Venezia è semplicemente una stupidaggine. Perchè si manda a casa un presidente di Provincia democraticamente eletto poco tempo fa, perché Venezia con la sua storia, la sua economia, la composizione sociale non hanno nulla a che fare con i confini della provincia. Perchè non si può andare a spiegare ai cittadini di Cinto Caomaggiore che si devono far guidare dal sindaco della città di Venezia». Eppure, il sindaco di Venezia ha salutato questa decisione come positiva. «Ho troppa stima per il sindaco Orsoni, con il quale coltivo un’ottima relazione istituzionale. Sono certo che il primo a rendersi conto di questo sarà proprio lui». Ma allora qual è la ragione della decisione del governo? «Probabilmente risponde a una storica richiesta dell’area veneziana. Ma non c’entra niente con la spending review, è infilato dentro a un decreto che parla di tutt’altro. Non produrrà risparmio di spesa, tutt’altro». Come vede il futuro del Veneto, nei prossimi mesi? «La prospettiva è molto importante e ci impegnerà a fondo. Vedo un grande futuro di autonomia per la nostra regione. Dovremo negoziare sempre di più margini e spazi di manovra. Vedo che il mio “Prima i veneti” sta diventando “Prima il Nord”. Questa è la strada».
La Nuova Venezia – 8 luglio 2012