di Cristina Da Rold, dall’Espresso. Il nostro paese fa registrare tassi tra i più bassi d’Europa per quanto riguarda l’incidenza di malattie infettive trasmesse dagli alimenti. Ma i controlli “locali” non bastano, perché la battaglia è internazionale. E non mancano le falle nel sistema. Cibo, quanto è controllato ciò che mangiamo? Sul fronte sicurezza alimentare pare che noi italiani possiamo stare abbastanza tranquilli, almeno rispetto al resto d’Europa. Pochi casi rispetto alla media per le maggiori infezioni e un buon numero di controlli fra gli allevamenti. La partita però rimane comunque una questione complessa perché si gioca su scala internazionale: in Europa nel 2013 si sono registrati 5.196 focolai di infezione per un totale di oltre 43 mila persone coinvolte e 5.946 ospedalizzazioni. Per non parlare di casi come quello dell’Epatite A associata al consumo di lotti di frutti di bosco infetti, che ha colpito dal gennaio 2013 oltre 1.444 persone in 12 Paesi europei, il 90 per cento delle quali in Italia. Vai al servizio e all’infografica
Insomma, anche se i sistemi di controllo nazionali sono efficaci, quando si parla di sicurezza alimentare e di malattie infettive è difficile sbarrare ermeticamente le porte.
Il punto centrale sono le zoonosi, cioè tutte quelle malattie infettive che si trasmettono dall’animale all’uomo e che possono essere dovute a batteri, virus e parassiti. La più famosa è certamente la salmonellosi, ma sono zoonosi anche l’epatite A, la tubercolosi bovina o la toxoplasmosi.
A confermare che l’Italia su questo fronte non se la cava affatto male sono i dati pubblicati dall’Efsa e dall’Ecdc, che hanno recentemente pubblicato il report annuale relativo proprio alla presenza di zoonosi rilevate nei 32 paesi europei nel 2013.
I dati in questione parlano chiaro: in Italia si sono registrati pochi casi di infezioni di questo tipo negli esseri umani rispetto agli altri paesi europei: 1.400 casi di salmonellosi ogni 100.000 abitanti, mentre in Germania sono stati oltre 20mila e in Francia e Regno Unito più di 8 mila.
Numeri importanti perché mostrano che anche se la malattia è in diminuzione come numero di persone colpite negli ultimi anni, essa rimane ancora oggi la seconda causa di infezioni alimentari in Europa. Inoltre, in Italia si registra una delle percentuali più basse di campilobacteriosi, malattia in aumento negli ultimi 10 anni e che colpisce l’apparato gastrointestinale: 1.178 casi contro i 66.465 del Regno Unito o i 63.271 della Germania.
Infine, siamo stati fra i paesi con meno casi di Listeriosi, infezione particolarmente aggressiva per le donne in gravidanza, con 36 casi ogni 100.000 abitanti. Per fare un confronto, in Germania se ne sono contati 412 e in Francia 348.
Non basta però essere bravi e precisi a casa nostra. La sicurezza alimentare, evidenziano in coro organizzazioni come Efsa e Oms, ha due peculiarità: da un lato è un problema globale, perché nessun paese è totalmente autosufficiente dal punto di vista alimentare, e anche perché ogni giorno milioni di persone prendono aerei che li portano da una parte all’altra del pianeta. Ma è anche un problema multidimensionale, perché basta aprire la pagina web dell’Oms dedicata alla food safety per renderci conto che a minacciare la nostra salute ci sono anche i problemi legati allo stoccaggio, al trasporto e alla cottura degli alimenti.
I casi di infezione negli esseri umani inoltre non raccontano tutta la storia. Ad essere parimenti importanti sono anche i dati sui controlli effettuati negli allevamenti europei. Su questo aspetto i dati Efsa-Ecdc sono chiari e ancora una volta ci portano buone notizie: il nostro paese nel 2013 ha effettuato un elevato numero di controlli sugli allevamenti rispetto a grossa parte del resto d’Europa. Se prendiamo per esempio la salmonellosi, notiamo che l’Italia si è posizionata al secondo posto per numero di controlli effettuati sui tacchini da ingrasso e al quarto per i controlli fra i polli domestici prima della macellazione.
Inoltre, secondo quanto riportato dal Ministero della Salute Beatrice Lorenzin, nel 2013 in Italia sarebbero stati effettuati controlli alle frontiere per oltre 189 mila partite di alimenti di origine vegetale o animale, oltre a 38 mila ispezione da parte dei Carabinieri dei Nas.
Ma c’è un ma, prosegue Efsa. Facciamo molti controlli negli allevamenti rispetto agli altri paesi, ma sono tanti anche i casi positivi rilevati da questi controlli, rispetto alla media europea. Il 23,76 per cento di casi fra i tacchini da ingrasso testati, per esempio, è risultato positivo alla salmonellosi, cioè quasi uno su 4, una delle percentuali più alte d’Europa.
Certo, puntualizza sempre Efsa, anche se questi dati ci aiutano a dipingere un quadro europeo, il paragone fra un paese e un altro in questi casi non va inteso come una fotografia perfetta, in quanto i risultati sono fortemente influenzati da come ogni paese svolge le analisi e sceglie il proprio campione.
Non bisogna dimenticare infine – sottolineano gli esperti – che anche se i casi confermati sono un buon indicatore a livello epidemiologico, non sempre individuare un focolaio significa scovare l’origine di un’infezione, come è accaduto per l’epatite A, secondo alcuni la maggiore epidemia di origine alimentare da 30 anni a questa parte. In questo caso per esempio, sebbene si supponga che l’infezione si sia originata a partire da more provenienti dalla Bulgaria e da mirtilli polacchi, al momento il punto di contaminazione non è stato ancora definitivamente accertato.
Ad Expo di Milano avviato, noi italiani possiamo dunque dirci relativamente tranquilli per quanto riguarda infezioni e controlli a casa nostra. Ma ciò non toglie che oggi la nostra salute dipenda in buona parte da quello che succede all’esterno delle nostra mura domestiche.
L’Espresso – 13 maggio 2015