Il Dpcm 8 marzo 2020 con le misure di contenimento del Covid-19 prevede sanzioni in caso di mancato rispetto della distanza di un metro tra persone e per violazione delle limitazioni agli spostamenti nella zona arancione e degli obblighi imposti a bar, ristoranti, negozi e centri commerciali
Il Sole 24 Ore. Che cosa rischia chi non rispetta la distanza di almeno un metro tra le persone? E chi si sposta senza valido motivo all’interno della nuova zona arancione o ne varca i confini? Che cosa succede, insomma, a chi viola la quarantena? Prima di tutto rischia la salute, sua e degli altri, e poi con il suo comportamento può favorire il diffondere del coronavirus fino a mandare in tilt le strutture sanitarie già in emergenza Covid-19 a due settimane dalla scoperta in Italia.
E poi rischia sanzioni. Che ci sono, e almeno sulla carta arrivano fino all’arresto. Lo prevede il Dpcm con le «Misure urgenti di contenimento del contagio» che dall’8 marzo al 3 aprile 2020 ha disegnato la nuova zona «arancione» che dall’intera Lombardia si estende alle province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini, Pesaro-Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano Cusio Ossola, Vercelli, Padova, Treviso e Venezia.
È vero. Il Dpcm 8 marzo 2020 (articolo 4, comma 2) introduce in alcuni casi obblighi e divieti specificando anche la sanzione, che riguarda principalmente i gestori di bar e negozi. Ma più spesso si limita a dare consigli e raccomandazioni, rinviando in generale – come precisato nella direttiva del Viminale – alle pene previste all’articolo 650 del codice penale, e cioè l’arresto fino a 3 mesi o l’ammenda fino a 206 euro «salvo che il fatto non costituisca più grave reato». Pene che possono essere eventualmente aggravate per ragioni igieniche e sanitarie e ancor più per ragioni di sicurezza pubblica. E che possono venire ampliate, in riferimento all’articolo 452 del codice penale, fino alla reclusione da 3 a 12 anni.
«Sono per il pugno duro rispetto ad atteggiamenti non tollerabili. Per esempio persone che risultano positive che se ne vanno in giro», ha detto il ministro della Salute, Roberto Speranza: «Abbiamo bisogno di comportamenti corretti dappertutto», ha aggiunto. Ed ecco, allora, i corretti comportamenti da tenere in base al Dpcm e le sanzioni previste dal decreto (non sempre direttamente) per il mancato rispetto.
Distanza di un metro e spostamenti nella zona arancione allargata
In Lombardia e nelle 14 province della zona arancione allargata, il decreto chiede a tutti, malati e non malati, di stare a casa il più possibile. Lo fa con inviti, raccomandazioni, divieti e obblighi, ma senza mai associare una specifica sanzione alle violazioni.
Anche chi sta bene deve per esempio «evitare» ogni spostamento all’interno di una delle 14 province indicate nel decreto e in Lombardia. E questo sia in entrata sia in uscita. In questi territori ci si può muovere solo per lavoro, per necessità gravi o per motivi di salute. Ma anche gli spostamenti per lavoro sono in qualche modo scoraggiati dal provvedimento. Intanto perché, come le situazioni di necessità o i motivi di salute, devono essere «motivati da comprovate esigenze» da attestare con autodichiarazione in moduli forniti dalle forze di polizia che fanno i controlli. E poi perché il decreto raccomanda ai datori di lavoro, in aggiunta all’estensione dello smart working, di concedere ai propri dipendenti ferie e congedi (tranne che nella sanità).
A chi ha sintomi di infezione respiratoria e più di 37,5 di febbre, invece, il decreto non chiede di evitare, ma «raccomanda» di restare a casa e di limitare al massimo i contatti sociali e contattare il proprio medico.
A chi è positivo al virus, infine, il provvedimento fa «divieto assoluto» di uscire da casa.
Le violazioni a queste regole non sono sanzionate in maniera specifica, ma con il generico richiamo – confermato dalla direttiva del Viminale per chi deve stare in quarantena – all’articolo 650 del codice penale.
Sanzioni specifiche sono invece previste per la violazione dei limiti imposti a bar e negozi, come la fissazione dell’orario di apertura dalle 6 alle 18 e l’obbligo per il gestore di garantire la distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro.
In base al decreto chi gestisce bar e ristoranti in Lombardia o in una delle 14 province in quarantena ha l’obbligo e l’onere di adoperarsi per far rispettare le distanze tra gli avventori. In caso contrario rischia la sospensione dell’attività.
Anche negli altri negozi degli stessi territori il gestore dovrà adoperarsi per garantire la distanza di almeno un metro tra i clienti, pena la sospensione dell’attivià. Ma se il negozio strutturalmente non consente l’adeguamento, allora il decreto del presidente del Consiglio ne prevede la chiusura. Stesse regole nei centri commerciali, dove però la chiusura non è prevista per farmacie, parafarmacie e punti vendita di beni alimentari, per i quali, in caso di violazione, sarà applicata la sola sanzione della sospensione dell’attività.
Limiti e sanzioni nel resto d’Italia
Nel resto d’Italia il decreto sospende fino al 3 aprile le attività di pub, scuole di ballo, sale giochi, sale scommesse, sale bingo, discoteche e locali assimilati. La sanzione prevista è la sospensione dell’attività, che si applica anche a bar e ristoranti che non fanno rispettare la distanza di sicurezza di almeno un metro tra persone. Agli altri esercizi commerciali la predisposizione di misure tali da consentire il rispetto della distanza è invece solo «fortemente raccomandata» ma non sanzionata.
Chi vigila sul rispetto delle norme
A garantire il rispetto dei limiti e delle regole del decreto ci sono in prima linea i prefetti, i quali si potranno avvalersi delle forze di polizia, dei vigili del fuoco e delle forze armate. A loro la direttiva del Viminale assegna anche «il monitoraggio dell’attuazione delle misure previste in capo alle varie amministrazioni». Mentre a monitorare sull’andamento degli isolamenti domicialiari, così come sui percorsi e sulla diffucione del Covid-19, sono invece chiamati gli operatori sanitari, che dovranno, assieme ai numerosi altri obblighi, anche contattare quotidianamente la persona in sorveglianza.