Michele Bocci. Una riforma che può essere avviata soltanto dalle Regioni. Dietro alle parole del premier Renzi sul taglio del numero delle Asl non c’è, almeno per ora, alcun progetto del ministero della Sanità. E del resto sarebbe difficile dettare da Roma le linee di un’operazione del genere, visto che la competenza sanitaria spetta alla Regioni. Alcune di queste, comunque, si stanno muovendo per ridurre la macchina organizzativa.
È il caso di quella del premier, la Toscana, che di recente ha approvato una riforma per portare le Asl da 12 a 3 (alle quali vanno aggiunte 4 aziende ospedaliere), e dell’Emilia Romagna. Già da un paio d’anni ha fuso le 4 Asl della Romagna, con effetti che non sarebbero però del tutto soddisfacenti, tanto che per ora non si parla di altre operazioni simili. La Lombardia ha in tutto ben 44 aziende, e ridurrà quelle ospedaliere, che sono 29 e dovrebbero diventare 3. Il Veneto invece ne ha 23, delle quali 21 sanitarie e 2 ospedaliere.
In Italia secondo i dati di Fiaso, la federazione delle Asl, ci sono 225 aziende (dieci anni fa erano 347): 139 sanitarie e 86 ospedaliere. Non è detto che una loro riduzione produca risparmi decisivi. I direttori generali non guadagnano tantissimo per essere manager pubblici: 140 mila euro l’anno in media.
Anche tagliando il 20% delle Asl si risparmierebbero così spiccioli di stipendi, circa sei milioni-dieci milioni, tenendo conto che insieme ai direttori generali si potrebbero tagliare anche quelli amministrativi. Ma va ricordato che quasi sempre questi dirigenti sono dipendenti del servizio pubblico in aspettativa, primari o dirigenti, e quindi tornerebbero a svolgere il lavoro precedente, in qualche caso pagato meglio.
Cosa diversa sono gli accorpamenti di funzioni. Ad esempio la creazioni di centrali di acquisto uniche, che permettono di strappare prezzi migliori dai fornitori, ma anche di uffici amministrativi comuni, come ad esempio quelli che gestiscono gli stipendi. In una regione come la Toscana, ha detto ieri il governatore Enrico Rossi, questi accorpamenti negli anni hanno fatto risparmiare 70 milioni.
Renzi ha anche ribadito il taglio da 2,3 miliardi alla Sanità. I risparmi, su cui c’è già l’accordo delle Regioni, riguardano varie voci della spesa. Intanto si rivedranno i contratti con i fornitori di beni e servizi alle Asl. La ricontrattazione dovrebbe far risparmiare 1,4 miliardi. Il meccanismo è simile a quello solo proposto ai tempi del premier Monti. Altri 545 milioni arriveranno dalla farmaceutica, con la realizzazione del nuovo prontuario che eliminerà medicinali vecchi e con l’abbassamento del tetto della spesa che serve a far scattare il “pay back”, cioè il ripiano a carico dell’industria. Poi, tra l’altro, si lavorerà sull’appropriatezza, chiudendo reparti e cliniche convenzionate con pochi letti.
Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin: “Alcune Regioni, come ad esempio la Toscana e la Calabria, hanno già deciso da sole di percorrere questa strada. L’importante, però, non è tanto il numero delle Asl quanto il fatto che non agiscano l’una contro l’altra all’interno dello stesso territorio. I veri risparmi sono piuttosto ottenibili da una buona gestione delle Aziende sanitarie da parte dei manager: sono loro a fare la differenza. Per questo con la mia riforma, inserita nel Ddl Madia, ho voluto istituire un Albo nazionale dei direttori generali. In questo modo, se i manager non raggiungono gli obiettivi previsti o non garantiscono ai cittadini l’erogazione dei Lea, possono essere mandati a casa e uscire dall’Albo. Anche i direttori sanitari e i Primari non saranno più scelti dalla politica”.
Repubblica e Quotidiano sanità del 13/04/2015