«La nostra sopravvivenza è a rischio, si profilano forti criticità e dalla Sanità manca 1 miliardo, due terzi della spending review a carico nostro». Il presidente della Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino lancia un nuovo grido d’allarme alla volta del governo Renzi, chiede un incontro d’urgenza all’esecutivo e conferma le dimissioni annunciate nei giorni scorsi. In serata la replica di Renzi che convoca i governatori per domani ma ammonisce: «Adesso ci divertiamo, ma sul serio: non consentirò che aumentino le tasse, eliminino piuttosto gli sprechi. Sulla sanità ci sono più soldi che in passato».
Il tema delle Regioni cattura la scena delle audizioni parlamentari sulla Stabilità, precedute da una conferenza stampa dello stesso Chiamparino. Sul tavolo almeno tre questioni. In prima battuta il taglio del fondo del servizio sanitario nazionale per il quale «serve un miliardo in più», dice Chiamparino : è necessario per arrivare dai 111 miliardi assegnati (rispetto ai 110 del 2015) ad almeno 112 miliardi ncessari per nuovi Lea, per i vaccini, per contratti di lavoro del personale sanitario e per farmaci innovativi salvavita.
La seconda questione riguarda il taglio di 1,8 miliardi imposto alle Regini per il raggiungimento del pareggio di bilancio previsto dalla Costituzione: una sforbiciata netta solo parzialmente mitigata da altri stanziamenti. Infine ci sono le dilazioni per il decreto salva-Regioni.
Del resto la lo stesso Servizio bilancio ha fornito argomenti ai governatori: il taglio complessivo ai fondi regionali, secondo il rapporto pubblicato ieri, ammonta in tre anni, 2017-2019, a circa 17 miliardi. «Due terzi della spending review sono a carico delle Regioni», ha protestato Chiamparino.
Il decollo della «Stabilità 2016» ha subito il fuoco di fila dei rilievi dei tecnici del Servizio Bilancio anche su altri punti cruciali dell’articolato. In prima fila l’abolizione della Tasi e la manovra compiuta dal governo per compensare il mancato gettito per i sindaci: i tecnici rilevano che il fondo che ristora la perdita del gettito della tassa sulla prima casa è «rigido» e «limita la manovra dei Comuni » nel momento i cui si trovano ad utilizzare le risorse, rispetto a quanto avveniva con il gettito fiscale. Rilievi anche sul taglio del fondo sanitario: il finanziamento reso disponibile potrebbe non bastare e dunque generare «tensioni». Positivo tuttavia il responso di Fassino (Anci): «Non taglia risorse ai Comuni ». Critiche dei tecnici anche sul reiterarsi di norme «contrapposte» sul tetto al contante, dubbi sul gettito della «voluntary» e sul turn over degli statali.
I tecnici colgono in fallo il governo anche sul tema cruciale della sterilizzazione della clausola di salvaguardia che avrebbe fatto aumentare l’Iva nel 2016. Per neutralizzarla la Stabilità prevede l’impiego di 12,8 miliardi (per la sola Iva) sopravvalutando tuttavia il potenziale gettito di circa 4 miliardi. Infatti un punto dell’Iva ordinaria viene valutato dal governo in circa 4 miliardi (8 per i due punti previsti dal 22 al 24) considerando tuttavia il vecchio gettito che contabilizzava anche l’Iva dovuta al pagamento dei crediti delle imprese e senza tenere conto che un aumento dell’imposta riduce i consumi: il calcolo corretto sarebbe dunque circa 2 miliardi a punto ( dunque 4 per i due punti) senza considerare un eguale «errore» intercorso per l’aliquota intermedia (dal 10 al 12 per cento). Se questi calcoli fossero esatti l’entità della manovra dovrebbe scendere.
Critiche anche dai sindacati. Camusso (Cgil) parla di manovra «non espansiva». Squinzi (Confindustria) invece approva: «Prima manovra espansiva dal 2007».
3 novembre 2015 – Repubblica