Finisce sotto la lente dell’Antitrust il mercato internazionale dei vaccini, un boccone da 20 miliardi l’anno dominato da 4 imprese, che in Italia vale già oggi 300 milioni ma che col nuovo Piano nazionale (bloccato all’Economia) è destinato a raddoppiare. Dosi massicce di concorrenza per calmierare i prezzi e massima trasparenza sui costi e i meccanismi delle gare: è questo che raccomanda l’Authority guidata da Giovanni Pitruzzella in un’indagine conoscitiva sui vaccini a uso umano illustrata ieri a Roma.
Raccomandazioni e una sorta di cartellino giallo, per il momento, senza contestazioni alle singole imprese. Ma sull’Italia si vigila, è evidente. E non mancano nelle conclusioni dell’indagine specifiche raccomandazioni per l’uso rivolte a medici, operatori e decisori. Dunque in qualche modo, linee di lavoro anche per le industrie.
Le peculiarità dei vaccini, che non sono farmaci “convenzionali”, ma biosimilari innovativi con prezzi ben più elevati dei farmaci tradizionali e con esclusive di brevetto particolarmente complesse, rendono più tortuoso il percorso per la loro “genericazione”. Mentre l’ingresso sul mercato dei generici ha l’effettodi ridurre il valore dei listini.
L’indagine, che esclude i vaccini antinfluenzali, non punta il dito tanto sulle politiche delle quattro big (GlaxoSmithKline, Sanofi Pasteur, Merck Sharp & Dohme e Pfizer), che detengono oltre l’80% delle vendite, ma va diritta al meccanismo della contrattazione dei prezzi e alle lacune in Italia sulla trasparenza delle informazioni. L’anomalia del sistema è evidente nel caso dei vaccini antipneumococcici (Pcv), prima voce di spesa vaccinale con 84 milioni l’anno. La leadership commerciale in questo caso è in mano a un prodotto che opera in monopolio, e che pur essendo il più venduto al nostro Ssn, non ha ridotto il prezzo ma lo ha aumentato. Per questo Agcom fa riferimento a «politiche di prezzo opache», sottolineando che quasi tutti i vaccini rientrano tra i farmaci di fascia C, «con prezzo al pubblico liberamente determinato dalle imprese». La normativa vigente vincola poi le offerte di prezzo a sconti obbligati al Servizio sanitario nazionale, «ma il sistema – afferma l’Antitrust – è poco trasparente e scarsamente efficiente, e i prezzi si allineano comunque a quelli di altri paesi».
Altra segnalazione, ma in positivo, riguarda l’antipapilloma virus: la concorrenza tra due prodotti ha avuto l’effetto di abbassare i prezzi. Senza scordare la difficoltà di accedere a informazioni «affidabili» sui prezzi all’estero per un medesimo vaccino: colpa della «riservatezza delle informazionii» che «i venditori impongono agli acquirenti» per lo più con accordi bilaterali.
Per l’Italia l’Authority apprezza il processo di aggregazione della domanda con le centrali uniche d’acquisto. Ma segnala problemi da risolvere subito. Anzitutto la necessità di «posizioni chiare, trasparenti e indipendenti» delle «autorità mediche» nella scelta dei prodotti da includere nel Piano vaccini e sull’equivalenza tra le specialità. E poi l’inclusione dei vaccini tra i farmaci rimborsabili, per poter contrattare i listini anche con gli sconti prezzo/volume: più lo Stato acquista, meno paga il singolo vaccino.
Intanto ieri l’Aifa (si veda Sanità24) ha reso noto il bilancio 2015 dei farmaci rimborsati dallo Stato: il disavanzo totale è stato di 1,9 miliardi. Col grosso delle perdite in ospedale, dove il rosso è stato di 1,55 miliardi. La conclusione del tavolo della governance su tetti, ripiani e prezzi è più che mai attuale e urgente.
Il Sole 24 Ore – 26 maggio 2016