Roberto Giovannini. Ieri, parlando a Pomigliano d’Arco, il vicepremier Luigi Di Maio ha anticipato che una bella fetta del monte totale a disposizione per il reddito di cittadinanza verrà speso in Campania. Due miliardi di euro circa che verranno erogati a tantissimi cittadini, che teoricamente prima o poi dovranno essere inseriti concretamente dai «rivitalizzati» servizi dell’impiego nel mondo del lavoro. Ma riuscirà l’economia e il sistema produttivo della Campania a generare una straordinaria quantità di posti di lavoro?
I dubbi sono legittimi, a guardare i numeri. Anche se c’è stato un certo effetto di ripresa negli ultimi mesi – pochi sanno che la Campania è la quinta regione in Italia per presenza di start-up innovative nel 2018, 733, ovvero il 7,6% di quelle italiane e il 30,9% di quelle del Sud – l’economia della Campania è ancora lontana dai livelli che aveva raggiunto prima dell’inizio della crisi economica. Sono 3359 le imprese che hanno subito crisi industriali tra il 2012 e il 2018; sono solo 175 le aziende partecipate da società estere, davvero pochissime.
«Solo a Napoli ci sono 250mila famiglie con reddito Isee inferiore ai 9300 euro – spiega Walter Schiavella, segretario della Cgil partenopea – e in Regione il tasso di disoccupazione giovanile è del 25%». Del resto, gli investimenti nella Regione sono fermi, sia quelli pubblici che quelli privati, e malissimo va l’edilizia, normalmente settore trainante sul piano occupazionale. Scarso è l’effetto atteso di quota 100 in Regione, se non nel settore pubblico. Effettivamente ci potrebbero essere opportunità nel pubblico, dicono alla Cgil: 10mila posti nella pubblica amministrazione e altri 10mila negli enti locali. Peccato che molti Comuni siano in stato di dissesto o predissesto, e dunque impossibilitati ad assumere. «Che una misura sociale per rispondere a povertà ed emarginazione fosse utile siamo d’accordo – conclude Schiavella – soltanto che questa, finalizzata teoricamente al lavoro, sottrae risorse alle politiche di investimento destinate a creare occupazione».
La pensa allo stesso modo Michele Lignola, direttore generale di Confindustria Campania. «Certo che il problema del disagio sociale merita attenzione – dice – e questa misura può essere opportuna. Il problema è che il mercato del lavoro è tutt’altra cosa. I posti di lavoro li creano gli investimenti, non le misure sociali. E qui in Campania c’è assoluto bisogno di far partire gli investimenti, che siano pubblici, privati, locali o internazionali». Uno dei problemi più gravi della Regione, chiarisce il dirigente di Confindustria, è lo scarto tra le competenze richieste dalle imprese, che non riescono a trovare i profili adeguati, «e l’enorme quantità di persone che cercano un posto senza trovarlo. Speriamo che i Centri per l’impiego acquisiscano le capacità di formare le persone e identificare attitudini. Capacità che oggi non hanno».
Pasquale Giglio, direttore di Confesercenti della Campania, concorda: difficile generare posti di lavoro in questo momento. «Ci hanno spiegato che noi commercianti saremo i primi beneficiari quando il reddito di cittadinanza verrà speso, rilanciando i consumi. Ma per creare occasioni di lavoro a noi delle piccole imprese, nel commercio e nel turismo, serve soprattutto un drastico taglio del costo del lavoro».
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