Sara Turetta, presidente di “Save the dogs”: «I padroni non vengono né sanzionati né responsabilizzati contro l’abbandono dei cani»
«E’ tutto perduto, è tutto perduto». Sono queste le prime parole, pronunciate con la voce rotta dall’emozione, che Sara Turetta usa per commentare la decisione della Corte Costituzionale romena che ha approvato la legge “ammazza-randagi”: a giorni in Romania i comuni potranno uccidere i cani dopo 14 giorni di permanenza nei canili. Una decisione che ha un sapore amaro, amarissimo per la presidente di Save the dogs, l’associazione animalista che opera proprio in Romania a tutela dei quattrozampe: «Diciamo che per la nostra missione è tutto perduto per il breve periodo».
Sara Turetta, non c’è proprio nessun margine di recupero?
«No, nessun margine. La legge è stata promulgata subito dal presidente della Repubblica che aveva promesso di farlo istantaneamente. Ora i comuni hanno sessanta giorni per mettersi in regola, per elaborare le norme di applicazione. Ma sono dettagli a cui nessuno baderà. Ci sono dei passi formali, ma di fatto è entrata in vigore»
E tutto questo nonostante l’orientamento dell’Europa sia ben diverso…
«In Europa non ci sono leggi vincolanti. Purtroppo non c’è una normativa europea sugli animali da compagnia che le associazioni animaliste chiedono da anni. Doveva esserci una normativa che si ispirava ai documenti dell’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) e dell’Oie (World Organisation for Animal Health), nei quali si dice chiaramente che l’eutanasia non può essere utilizzata in questo modo, ma solo accettata in casi limitati. Se ci fosse stata una normativa di quel tipo la Romania non avrebbe potuto approvare una normativa di quel genere. Questa normativa europea è stata chiesta due anni fa dagli europarlamentari, ma i tempi sono lunghi. Intanto la Romania fa quello che vuole. In realtà esiste una Convenzione europea sugli animali da compagnia che la Romania ha ratificato, ma non è vincolante. Dunque, allo stato attuale, è una contraddizione spaventosa dei governanti rumeni. Si può accusare la Romania di incoerenza, ma non di vincolare delle norme»
Quali sono state le prime reazioni dei vari comuni? C’è qualche voce contrarie a questa scelta?
«Prima della decisione di oggi, ci sono state poche voci dissonanti. Allo stato attuale, per esempio, il sindaco di Sibiu, città importante della Transilvania, aveva detto che non era d’accordo con questa legge e non vuole applicarla. Questo anche in relazione alla convenzione fatta con un’associazione animalista locale e tedesca con cui collabora da sette anni»
Quindi i sindaci potrebbero scegliere di non applicarla?
«L’unico aspetto positivo della nuova legge, se proprio vogliamo trovare un aspetto positivo, è che viene data la possibilità ai sindaci di decidere se tenere in vita i cani per più di quattordici giorni. Ma non è un aspetto risolutivo perché la legge vieta la ri-immissione dei randagi che invece è quello che andrebbe fatto dopo aver sterilizzato i cani»
Quest’ultimo aspetto complica molto il vostro lavoro…
«Sì, mette a forte pericolo il nostro lavoro. E’ vero che ora abbiamo 300 cani in libertà a Cernavoda e 900 a Medgidia, però questa legge ci obbligherebbe ad avere un posto per ritirare circa 1200 cani. E se anche fossimo in grado di farlo, tempo sei mesi e si ricreerebbe un’analoga popolazione canina randagia a causa dell’abbandono. Quindi gli animali verrebbero continuamente uccisi a causa di una mancata gestione della componente umana: i cani, per la maggior parte, non nascono per strada, ma vengono abbandonati. I padroni non vengono né sanzionati né responsabilizzati contro l’abbandono dei cani, ma si pensa di risolvere il “problema” spendendo soldi per ucciderli. Non hanno capito l’impianto scientifico del problema»
Da dove arrivano i soldi per le uccisioni?
«I soldi sono solo rumeni. Chi dice che sono fondi europei dice una cosa non corretta. Non essendoci una direttiva europea su questo tema, l’Europa non fa bandi o linee di finanziamento su temi di sua competenza. Se ci fossero stati fondi europei, le associazione animaliste avrebbero presentato progetti per ottenerli»
Che tipo di costi comporta una decisione di questo tipo?
«Secondo i dati diffusi dalle tv rumene, nel 2001 al 2008, nella sola Bucarest sono stati spesi 14 milioni di euro. Solo per la città di Bucarest, la capitale del Paese. Un altro esempio può essere quello di Costanza che spende circa 1,5 milioni di euro all’anno per uccidere attivamente i cani: se si considerano gli ultimi dieci anni, considerando anche l’aumento delle attività, il totale supera di molto i 10 milioni di euro. Se si pensa che questa decisione potrebbe interessare tutto il Paese, allora si può parlare tranquillamente di centinaia di milioni di euro per ammazzare migliaia di cani senza risolvere i problemi, ma arricchendo qualcuno»
Quali speranze rimangono?
«Io dico sempre che l’Unione Europea dovrà emanare una normativa sugli animali da compagnia, e lo farà forse in due o tre anni. A quel punto la Romania dovrà rivedere questa folle decisione»
Quali saranno le prossime di Save the dogs?
«Una domanda difficile. Il primo problema che dovremo affrontare sarà quello di andare a discutere con i sindaci delle due città dove operiamo. Lì noi abbiamo convenzioni, collaborazioni e abbiamo fatto degli investimenti su questi progetti: vedere spazzato via tutto è difficile da accettare»
Ci sono delle strade internazionali per supportare la vostra attività?
«Proprio in queste ore stiamo discutendo con una grande organizzazione europea, la Wspa (World Society for the Protections of Animals), che ha lanciato un appello per fermare tutto, congelare la legge. Essendo una grande organizzazione si sono offerti di fare da “ombrello” per raggruppare la voce di più associazioni»
Ci sono state delle reazioni a questa legge da parte del mondo politico internazionale? Sono iniziative singole o c’è un movimento un po’ organizzato e coeso su questo tema?
«Purtroppo no. L’unico movimento comune è stato dell’Intergruppo, un gruppo parlamentare trasversale che lavora sui temi della protezione degli animali, che aveva mandato una lettera in cui considerava sbagliata la legge rumena. Nei giorni scorsi su sito Direktzurkanzlerin.de è stata pubblicata una nota del cancelliere tedesco Angela Merkel in cui considera questa legge “né umana e nè idonea a risolvere il problema della proliferazione dei cani randagi”, aggiungendo che “l’uccisione dei cani può essere solo l’ultima scelta”, mentre la Oie consiglia altre strade»
La Stampa – 27 settembre 2013