Esami e visite in calo del 9% da un anno all’altro. Lo rilevano i dati raccolti in 11 Regioni dall’Agenzia nazionale dei servizi sanitari nell’ambito del programma ReMoLet . Lo studio ha messo a confronto le prestazioni erogate nel primo semestre del 2012 con quelle dello stesso periodo dell’anno precedente.
«Il calo arriva al 17,2% nella fascia di popolazione che non ha esenzioni né per patologie né per reddito – fa notare il direttore Agenas, Fulvio Moirano -. Questo uggerisce che, a causa dei maggiori costi delle prestazioni nel Servizio sanitario, un cittadino su 5 ha deciso di non richiederle o di acquistarle dalle strutture private (o in intramoenia)». Ma non fare accertamenti necessari significa rinunciare alla prevenzione, ma anche non curare in tempo le malattie, con maggiori costi futuri a carico del Servizio sanitario.
Racconta un’assistita piemontese: «Ho problemi alla tiroide e ogni anno devo fare i controlli: analisi del sangue, ecografia, visita dallo specialista; ho anche noduli al seno da monitorare e quindi devo fare annualmente pure l’ecografia mammaria.
Io non ho diritto a esenzioni perché, almeno fino ad oggi, è andato tutto bene. Ma da quando hanno inserito i superticket non posso più sostenere queste spese e ho dovuto rimandare i controlli: la sola ecografia al seno mi costerebbe circa 50 euro di ticket, mentre prima ne pagavo 36. Altro che prevenzione e diagnosi precoce…». E un assistito ligure: «Ho fatto un ecocolordoppler presso la mia Asl: 11 mesi di attesa e quasi 50 euro di ticket. Poi il medico mi ha detto che in intramoenia (regime privato in ospedale, ndr) l’esame mi sarebbe costato la stessa cifra e non avrei dovuto aspettare tutto quel tempo» (GUARDA).
COMPARTECIPAZIONE – Sono solo alcune delle segnalazioni (giunte da diverse regioni al Pit salute del Tribunale dei diritti del malato-Cittadinanzattiva) da parte di persone messe in difficoltà dalla cosiddetta “compartecipazione” alla spesa sanitaria, soprattutto dopo l’introduzione nell’estate 2011 dei “superticket” su visite specialistiche ed esami diagnostici erogati dal Servizio sanitario: un’ulteriore quota di 10 euro da pagare (con rare eccezioni di qualche Regione, lievi “modulazioni” in altre, ma anche “maggiorazioni” in altre ancora) che va ad aggiungersi ai ticket che già si dovevano (fino a un massimo di 36,15 euro). Superticket, dunque, che pesano sulle tasche degli italiani, con cifre diverse da regione a regione, a volte addirittura più “salati” dei rimborsi regionali alle strutture che erogano le prestazione; compartecipazioni alla spesa sanitaria che sembrano impazzite, e che fanno male anche alla salute.
VISITE IN CALO – «Quest’anno per la prima volta abbiamo registrato tra i principali ostacoli nell’accesso alle cure anche il “peso” dei ticket sulla diagnostica e la specialistica – conferma Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale dei diritti del malato -. I cittadini che ci contattano ritengono il superticket una “tassa sulla salute” ingiusta, che li costringe sempre più spesso a rinunciare alle cure o a rimandarle, oppure a pagare di tasca propria quando, per esempio, c’è il sospetto di una malattia grave. E i disagi maggiori li stanno affrontando coloro che vivono in Regioni sottoposte ai cosiddetti piani di rientro». Fermo restando che, secondo i dati del Ministero della Salute, circa 6 italiani su 10 usufruiscono di esenzioni (per patologia, per reddito o per altre condizioni), per gli altri che devono sottoporsi a esami o visite, i superticket stanno diventando un salasso, per molti insopportabile. E, da un anno all’altro, sono diminuite di quasi il 9% le prestazioni specialistiche ambulatoriali, come rilevano i dati raccolti in 11 Regioni dall’Agenzia nazionale dei servizi sanitari (Agenas) nell’ambito del programma ReMoLet (Rete di Monitoraggio Lea tempestiva).
MAGGIORI COSTI FUTURI – Lo studio ha messo a confronto le prestazioni erogate nel primo semestre del 2012 con quelle dello stesso periodo dell’anno precedente. «Il calo arriva al 17,2% nella fascia di popolazione che non ha esenzioni né per patologie né per reddito – fa notare il direttore di Agenas, Fulvio Moirano -. Questo dato suggerisce che, a causa dei maggiori costi delle prestazioni nel Servizio sanitario, un cittadino su cinque ha deciso di non richiederle o di acquistarle dalle strutture private (o in intramoenia)». «Non fare accertamenti necessari significa rinunciare alla prevenzione, ma anche non curare in tempo le malattie, con maggiori costi futuri, peraltro, a carico del Servizio sanitario – sottolinea Walter Ricciardi, direttore dell’Istituto di igiene all’Università Cattolica-Policlinico Gemelli di Roma e coordinatore di Osservasalute, l’Osservatorio che monitora da 10 anni la salute degli italiani -. Per esempio, una donna che deve fare la mammografia perché presenta fattori di rischio, come noduli al seno e familiarità, può arrivare in qualche Regione a spendere anche 70-80 euro, e in tempo di crisi spesso decide di non farla».
PREVENZIONE – «Nell’ultimo periodo – continua Ricciardi – abbiamo verificato che la compartecipazione alla spesa è tra i principali fattori che disincentivano la prevenzione, oltre che uno strumento di sperequazione, perché fa aumentare la differenza tra persone che possono permettersi di pagare per curarsi e quelle che invece sono in difficoltà economiche, soprattutto nell’Italia Centro-meridionale». «L’attuale sistema dei superticket va corretto perché sta negando ad alcuni cittadini il diritto alla salute, ma mette anche a rischio la tenuta del Servizio sanitario – interviene Valerio Alberti, presidente di Fiaso, la Federazione italiana delle aziende sanitarie e ospedaliere -. Stiamo preparando una proposta per rendere più equo l’accesso alle prestazioni e, al tempo stesso,salvaguardare la sostenibilità del sistema. Ma, per risparmiare e offrire migliori servizi, occorre anche mettere in rete le “buone pratiche” e puntare sulla qualità dei manager delle aziende sanitarie». Sulla revisione della compartecipazione alla spesa sta lavorando anche la Conferenza Stato-Regioni. Nel frattempo, è stata sospesa l’introduzione di nuovi ticket (importo complessivo stimato, 2 miliardi annui) a partire da gennaio 2014. Ma tocca alla prossima Legge di stabilità assicurare la copertura di quel gettito.
7 ottobre 2013 – Il Corriere della Sera