Spesa sanitaria contenuta rispetto alla media Ue: 111 miliardi di euro la pubblica, pari al 7% del Pil e a 1.867 euro annui per abitante. Con un esborso per le cure, da parte delle famiglie, che rappresenta l’1,8% del Pil e che presenta un’ampia forbice tra Sud (949 euro a nucleo) e Centro-Nord (1.222 euro a famiglia). E un privato out of pocket pari al 20,6% della spesa sanitaria complessiva.
Sono solo alcune delle cifre che compongono l’identikit di salute e sanità della nostra popolazione, tratteggiato dal rapporto dell’Istat “Noi Italia 2014”. Tra gli altri dati presenti nel sistema informativo che in 120 schede illustra il Belpaese, le informazioni su ricoveri, stato di salute, stili di vita e condizioni più prettamente sociali delle persone.
Nel 2011 – per citare i dati più salienti – le Regioni sono state interessate da circa 588 mila ricoveri ospedalieri di pazienti non residenti (8,4 per cento dei ricoveri ordinari per acuti) e da oltre 523 mila ricoveri di pazienti provenienti da una regione diversa da quella di residenza (7,6 per cento, riferito ai soli residenti in Italia). Gli indici di mobilità più alti, superiori al 20%, si riscontrano nelle regioni più piccole (Basilicata, Valle d’Aosta e Molise).
I tumori e le malattie circolatorie, dice ancora l’Istat, si confermano le principali cause di ricovero ospedaliero, con differenze poco significative a livello regionale. Le malattie del sistema circolatorio rappresentano la principale causa di morte in quasi tutti i Paesi dell’Ue. In Italia, il tasso standardizzato di mortalità per questa causa è pari a 30,4 decessi ogni diecimila abitanti, quello relativo ai tumori è pari a 25,9, con valori maggiori negli uomini (35,5) rispetto alle donne (19,3). I tumori sono la seconda causa di morte sia in Italia sia nel gruppo dei 27 paesi Ue.
Il tasso di mortalità infantile nel 2010 è di 3,3 decessi per mille nati vivi. Negli ultimi dieci anni il valore di questo indicatore ha continuato a diminuire su quasi tutto il territorio italiano, raggiungendo valori tra i più bassi in Europa. Sicilia, Campania e Lazio sono le regioni italiane con il più alto tasso di mortalità infantile. Rispetto alla media nazionale di 3,3 decessi per mille nati vivi, registrata nel 2010, in Sicilia è di 4,8, in Campania di 4,1 e nel Lazio di 3,9.
Sul fronte degli stili di vita, nel 2012 i fumatori sono il 21,9 per cento della popolazione over 14, i consumatori di alcol a rischio il 14,1 per cento. Risulta invece obesa una persona di 18 anni e più su 10 (10,4 per cento). In particolare, il consumo di alcol a rischio e l’obesità fanno emergere «situazioni contrapposte a livello territoriale». Confrontando le Regioni del Centro-Nord con quelle del Mezzogiorno, nel 2012 nelle prime è più alta la quota di consumatori di alcol (15,0% contro 12,4%) ed è più bassa quella di persone obese (9,8 contro 11,3). Le percentuali più elevate di adulti obesi si registrano in Molise (13,5), Puglia (12,9), Basilicata (12,6) e Abruzzo (12,4), mentre il consumo di alcol con modalità a rischio interessa principalmente Bolzano (27,4), Valle d’Aosta (19,9), Molise (19,1) e Friuli-Venezia Giulia (18,9). Per i fumatori, la quota più alta si rileva in Campania (24,6), in Sicilia (24,5) e in Toscana. Ed è allarme fumo tra i più giovani: il 21,9 per cento della popolazione over 14, oltre uno su cinque, é fumatore.
Tra il 2002 e il 2012 si sono quasi dimezzati i morti per incidenti stradali in Italia, passando da 6.980 a 3.653. Ma è emergenza ambiente: se nel 2011 ridotte del 2,3% le emissioni di gas serra Roma, nel 2013 il 36,7 per cento delle famiglie italiane segnala problemi relativi all’inquinamento dell’aria nella zona di residenza e il 18,7 per cento lamenta la presenza di odori sgradevoli. Sul territorio, il Nord-ovest si caratterizza per percentuali più elevate di famiglie che segnalano entrambi i problemi. Con oltre 220 kg pro capite di rifiuti urbani smaltiti in discarica, spiega il dossier, l’Italia si colloca molto al di sopra della media europea. Nonostante il trend costantemente decrescente, viene smaltito nelle discariche ancora circa la metà (42,1 per cento) del totale dei rifiuti urbani raccolti. Il 37,7 per cento dei rifiuti urbani viene avviato a raccolta differenziata, (+2,5 punti percentuali rispetto al 2010). Il Nord-est detiene il primato con il 55,3 per cento. La spesa pro capite delle amministrazioni regionali per la tutela ambientale, nel 2011, è di 69 euro, in diminuzione rispetto al 2010. A livello territoriale, la spesa è largamente superiore alla media nazionale nel Mezzogiorno (circa 111 euro), mentre risulta molto inferiore nel Nord-ovest (33,8 euro per abitante)
Nel contesto europeo l’Italia si colloca tra i paesi a bassa fecondità, con 1,42 figli per donna secondo i dati del 2012. L’età media al parto continua a crescere, attestandosi a 31,4 anni.
Al primo gennaio 2012 in Italia ci sono 148,6 anziani ogni 100 giovani. In Europa solo la Germania presenta un indice di vecchiaia più accentuato (155,8). La Liguria si conferma la regione più anziana (236,2 per cento), mentre la Campania, con un indice per la prima volta superiore a 100, la regione più giovane.
La ricerca in termini di spesa e sviluppo incide in Italia per appena l’1,25% sul Pil (2011): valore distante da quello dei paesi europei più avanzati, ma non lontano dall’obiettivo Europa 2020 fissato per l’Italia (1,53%). L’Italia ha presentato all’Epo (European patent office) oltre 3.600 richieste di brevetto. L’indice di intensità brevettuale, in costante crescita dal 2001, mostra una riduzione nel 2009, attestandosi a 72,4 brevetti per milione di abitanti, un valore ampiamente al di sotto della media europea. Gli addetti alla ricerca e sviluppo (in unità equivalenti a tempo pieno) sono 3,8 ogni mille abitanti (2011), al di sotto della media europea (5,1) e con forti disparità territoriali. Nel 2011 il numero di laureati in discipline tecnico-scientifiche é pari a 12,9 ogni mille residenti tra i 20 e i 29 anni. Rispetto al 2000, il valore dell’indicatore è più che raddoppiato, sia per gli uomini sia per le donne.
Scatta l’Sos povertà: nel Mezzogiorno oltre un quarto delle famiglie sono povere. In povertà relativa sono il 12,7 per cento, pari a oltre 9,5 milioni di individui (15,8 per cento della popolazione). La povertà assoluta coinvolge il 6,8 per cento delle famiglie, per un totale di oltre 4,8 milioni di individui. Il Mezzogiorno presenta una situazione particolarmente svantaggiata, con in media oltre un quarto di famiglie povere; per il Centro e il Nord, l’incidenza è, viceversa, molto più contenuta (rispettivamente 7,1 e 6,2 per cento).
Infine, ma non certo in ordine d’importanza, la spesa per la protezione sociale, che nel 2012 supera il 30% del Pil e sfiora gli 8mila euro l’anno per abitante. All’interno dei Paesi Ue27, l’Italia presenta valori appena superiori alla media dell’Unione, sia in termini pro capite, sia di quota sul Pil.
Nel 2012 la spesa sanitaria pubblica è di circa 111 miliardi di euro, pari al 7 per cento del Pil e a 1.867 euro annui per abitante, un livello molto inferiore rispetto ad altri importanti paesi europei. Nel 2011 le famiglie contribuiscono con proprie risorse alla spesa sanitaria complessiva per una quota pari al 20,6 per cento (oltre 2 punti percentuali in meno rispetto al 2001). La spesa sanitaria delle famiglie rappresenta l’1,8 per cento del Pil nazionale; ammonta mediamente a 949 euro per le famiglie del Mezzogiorno e a 1.222 euro per quelle del Centro-Nord.
Nel 2011 le regioni sono state interessate da circa 588 mila ricoveri ospedalieri di pazienti non residenti (8,4 per cento dei ricoveri ordinari per “acuti”) e da oltre 523 mila ricoveri di pazienti provenienti da una regione diversa da quella di residenza (7,6 per cento, riferito ai soli residenti in Italia). Gli indici di mobilità più alti, superiori al 20 per cento, si riscontrano nelle regioni più piccole (Basilicata, Valle d’Aosta e Molise).
I tumori e le malattie circolatorie si confermano le principali cause di ricovero ospedaliero, con differenze poco significative a livello regionale.
Le malattie del sistema circolatorio rappresentano la principale causa di morte in quasi tutti i paesi dell’Ue. In Italia, il tasso standardizzato di mortalità per questa causa è pari a 30,4 decessi ogni diecimila abitanti, quello relativo ai tumori è pari a 25,9, con valori maggiori negli uomini (35,5) rispetto alle donne (19,3). I tumori sono la seconda causa di morte sia in Italia sia nel gruppo dei 27 paesi Ue.
In Italia, il tasso di mortalità infantile nel 2010 è di 3,3 decessi per mille nati vivi. Negli ultimi dieci anni il valore di questo indicatore ha continuato a diminuire su quasi tutto il territorio italiano, raggiungendo valori tra i più bassi in Europa.
Nel 2012 i fumatori sono il 21,9 per cento della popolazione over 14, i consumatori di alcol a rischio il 14,1 per cento. Risulta invece obesa una persona di 18 anni e più su 10 (10,4 per cento).
Vediamo ora nel dettaglio le varie voci riguardanti il capitolo sanità.
Spesa sanitaria pubblica
La spesa sanitaria pubblica misura quanto viene destinato per soddisfare il bisogno di salute dei cittadini in termini di prestazioni sanitarie. La spesa sanitaria pubblica corrente dell’Italia risulta nel 2012 (dato provvisorio) di circa 111 miliardi di euro, pari al 7,0 per cento del Pil e a 1.867 euro annui per abitante.
Spesa sanitaria delle famiglie
Nell’area europea il finanziamento pubblico dei servizi sanitari rappresenta la scelta prevalente. Nel 2011, le famiglie italiane hanno contribuito con proprie risorse alla spesa sanitaria complessiva per una quota pari al 20,6 per cento, in calo di oltre due punti percentuali rispetto al 2001. La spesa sanitaria delle famiglie rappresenta l’1,8 per cento del Pil nazionale.
Offerta ospedaliera
Il settore della sanità in Italia si colloca in un contesto nazionale ed internazionale di crisi economico-finanziaria tale da dover proseguire al ridimensionamento delle risorse a disposizione per l’erogazione dei servizi. Per il 2014 è stata pianificata un’ulteriore consistente riduzione del livello di finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) (1 miliardo di euro a decorrere dall’anno 2014, ex legge n. 228/2012), che si inserisce in un contesto problematico rispetto al controllo della spesa pubblica, e del numero dei posti letto ospedalieri che a regime dovrebbe attestarsi a 3,7 posti letto ogni mille abitanti (di cui lo 0,7 riservato alla riabilitazione e alla lungodegenza, ex legge 135/2012). A queste riduzioni si aggiunge la revisione dello standard di riferimento pro capite per l’attività di ricovero ospedaliero, passato da 180 a 160 ricoveri ogni mille abitanti (di cui il 25 per cento fa riferimento ai ricoveri diurni). Gli indicatori di offerta ospedaliera, in questi ultimi anni, hanno presentato una forte tendenza alla riduzione tanto che sono stati presi diversi provvedimenti, di carattere nazionale e regionale, finalizzati a promuovere lo sviluppo di un modello di rete ospedaliera integrato con l’assistenza territoriale. Tale riorganizzazione continuerà ad essere richiesta alle regioni nei prossimi anni, soprattutto se presentano un’offerta di posti letto inferiore allo standard consentito dalla normativa (4,5 posti letto per mille abitanti, che scendono a 3,7 con la normativa del 2012).
Mobilità ospedaliera
Il fenomeno della mobilità ospedaliera interregionale è particolarmente rilevante sia in termini quantitativi, sia perché riguarda quei pazienti che, per motivi di varia natura, si ricoverano in una regione diversa da quella di residenza. Nel complesso, le regioni sono interessate da circa 588 mila ricoveri ospedalieri (o dimissioni) di pazienti non residenti (8,4 per cento del totale dei ricoveri ordinari per “acuti” nel 2011) e da oltre 523 mila ricoveri effettuati dai pazienti in una regione diversa da quella di residenza (7,6 per cento, riferito ai soli residenti in Italia). Le motivazioni che conducono ad effettuare il ricovero lontano dalla propria residenza sono diverse. In alcuni casi la mobilità si giustifica con la vicinanza geografica con strutture di altre regioni, oppure dipende dalla presenza dell’assistito in altre regioni per motivi di studio o lavoro. In altri casi le motivazioni sono legate alle condizioni di salute e quindi alla necessità di usufruire di prestazioni di alta specializzazione non erogate dalla propria regione o alla maggiore fiducia nei servizi ospedalieri di altre regioni. I principali poli di attrazione sono concentrati nelle regioni del Centro-Nord.
Ospedalizzazione per tumori e malattie del sistema circolatorio
L’ospedalizzazione è di fondamentale rilevanza nella cura della salute, in quanto preposta al trattamento delle malattie gravi; questa tipologia di assistenza assorbe la quota più consistente della spesa sanitaria pubblica totale. I tumori e le malattie del sistema circolatorio sono le patologie per cui è più frequente il ricorso all’ospedale e anche quelle per cui è più elevata la mortalità. I ricoveri in regime ordinario (con pernottamento) per queste diagnosi sono diminuiti nel tempo. Tale diminuzione è stata più rilevante per le malattie del sistema circolatorio (-21,5 per cento tra 1999 e 2011) che per i tumori (-16,3 per cento). Ciò dipende dalla tendenza a trattare queste patologie in contesti assistenziali diversi (day hospital o ambulatori), oltre che da un possibile miglioramento del quadro nosologico. Nel 2011, in Italia si sono registrate 1.214 dimissioni ogni 100 mila residenti per i tumori e 2.144 per le malattie del sistema circolatorio.
Mortalità infantile
Il tasso di mortalità infantile, vista la correlazione negativa che lo lega alle condizioni sanitarie, ambientali e socio-economiche, si può interpretare come espressione del livello di sviluppo e di benessere di un paese. A partire dal 2000 il valore di questo indicatore ha continuato a diminuire su tutto il territorio italiano, raggiungendo valori tra i più bassi in Europa, anche se negli anni più recenti si assiste ad un rallentamento di questo trend. Permangono, inoltre, differenze territoriali che vedono il Mezzogiorno penalizzato. Nel 2010, il tasso di mortalità infantile è di 3,3 decessi per mille nati vivi, valore di poco inferiore a quello osservato nel 2009 (3,4).
Mortalità per malattie del sistema circolatorio
Le malattie del sistema circolatorio, tipiche delle età adulte e senili, rappresentano la principale causa di morte in Italia e nel gruppo dei 27 paesi dell’Ue. Negli ultimi anni, la mortalità per queste malattie è in diminuzione in tutti i paesi europei. In Italia, dove il livello di mortalità è tra i più bassi d’Europa, i tassi sono diminuiti in modo diffuso su tutto il territorio raggiungendo nel 2010 il valore di 30,4 decessi ogni diecimila abitanti rispetto al 31,9 osservato nel 2009. Gli uomini, con un tasso di 37,3 decessi per diecimila abitanti, risultano svantaggiati rispetto alle donne (25,6).
Mortalità per tumori
I tumori rappresentano la seconda causa di morte subito dopo le malattie del sistema cardiocircolatorio, sia in Italia, sia nel gruppo dei 27 paesi Ue. La diminuzione della mortalità per tumore è legata al successo di misure di prevenzione primaria, che influiscono sulla riduzione del rischio di sviluppare la malattia, così come agli avanzamenti diagnostici e terapeutici che aumentano la sopravvivenza dei malati. Nel 2010 il tasso standardizzato di mortalità per tumori in Italia è pari a 25,9 decessi ogni diecimila abitanti, in leggero calo rispetto al valore di 26,3 del 2009. I livelli di mortalità per tumori sono maggiori negli uomini (35,5) rispetto alle donne (19,3) sebbene la mortalità degli uomini stia diminuendo nel tempo più rapidamente di quella delle donne.
Fumo, alcol e obesità: i fattori di rischio
Molte delle malattie croniche, tra le principali cause di morte, si possono prevenire adottando stili di vita salutari fin dall’età giovanile. Il programma “Guadagnare salute” della Regione europea dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) è stato adottato anche in Italia dal 2007. Esso sostiene gli interventi dei vari settori economici, sanitari e di comunicazione, atti a contrastare la diffusione dei principali fattori di rischio, quali fumo, alcol, stili alimentari non salutari e sedentarietà, questi ultimi strettamente connessi all’obesità. In Italia, nel 2012, con riferimento alla popolazione di 14 anni e più, i fumatori rappresentano il 21,9 per cento, i consumatori di alcol a rischio il 14,1 per cento, mentre la prevalenza delle persone obese ammonta al 10,4 per cento della popolazione adulta di 18 anni e più.
Il Sole 24 Ore sanità – 11 febbraio 2013