C’era una volta il governo Letta-Alfano, a fine settimana nascerà il governo Renzi, con un leader a tutto tondo, senza vice ingombranti. Martedì 18 è stato il giorno della svolta nella faticosa gestazione del governo, la squadra si è sbloccata e oggi saranno definiti gli ultimi dettagli.
Una ventata di ottimismo che potrebbe portare Renzi al Quirinale giovedì sera o al massimo venerdì mattina, comunque in leggero anticipo sulle previsioni. E dunque il 21 febbraio potrebbe diventare il d-day, col giuramento dei ministri. Ieri sera, ma anche durante i colloqui, Matteo Renzi era gasatissimo, determinato a mettere in campo nomi e programmi di qualità, perché, come ha confessato a più di uno, «io mi gioco tutto». Un ottimismo motivato: nel corso della giornata di ieri si sono quasi definitivamente sciolti i due principali grovigli che impedivano a Renzi di poter disporre in campo la sua squadra. Che alla fine non sarà composta da 15 ministri, come sembrava nei giorni scorsi, ma probabilmente da 18, comunque tre in meno dell’esecutivo Letta.
Nelle ultime 48 ore si è arrivati a chiudere sul ministero dell’Economia dopo il rifiuto di Franco Bassanini, presidente della Cassa Depositi e Prestiti. A precisa offerta, Bassanini si è dichiarato indisponibile e a quel punto si è virato verso il profilo del tecnico con peso politico. Il ministro dell’Economia è stato individuato, «mister x» avrebbe accettato in via definitiva, ma il presidente incaricato non ne ha rivelato il nome né agli alleati e neppure ai fedelissimi. Nome copertissimo e ieri sera, dalle voci che circolavano, la semifinale sembrava essere circoscritta a tre nomi: il governatore Ignazio Visco, l’ex presidente di Telecom Franco Bernabè, il presidente dell’Istat Carlo Padoan. Ma chi ha provato ad interpellare informalmente fonti della Banca d’Italia ha incontrato smentite molto secche, che di fatto escludono l’ipotesi, mentre il nome di Bernabè veniva ipotizzato dallo staff di Renzi come probabile, ma allo Sviluppo economico e non all’Economia. Alla fine il prescelto potrebbe essere il fedelissimo Graziano Delrio? Lui, uscendo dalla lunga giornata di trattative, si è espresso in modo laconico: «No comment».
Ieri sera ha ripreso a circolare l’ipotesi di uno spacchettamento del ministero dell’Economia, scorporando le Finanze e lasciando accorpati Tesoro e Bilancio, tornando alla configurazione tipica della Prima Repubblica, che negli ultimi anni era stata superata non solo in Italia, con la nascita di una nuova «poltrona», in altre parole con un ministro incaricato di occuparsi soltanto di tasse. E quanto alla trattativa sulla presenza di Angelino Alfano nel governo, è stata fugata l’ipotesi di un suo ridimensionamento, col passaggio alla Difesa, mentre è stato deciso nell’incontro tra Renzi e Ncd che il leader del Nuovo Centro Destra perderà il «pennacchio» da vicepremier. Davvero complicato nel corso di questa settimana è stato trovare un ministro dell’Economia, cuore pulsante di ogni governo. Renzi si era convinto che a via XX Settembre dovesse andare un politico di peso. Una convinzione dettata dalle esperienze più recenti, che hanno visto alternarsi al Tesoro ministri tecnici, personalità di competenza (soprattutto finanziaria) ma disarmati davanti alle insidie dei grandi burocrati e delle paludi parlamentari. Il premier incaricato ha rinunciato ad occupare la casella dei Beni culturali con un vip ed ha accettato di affidare il ministero a Dario Franceschini, che vi ambiva.
La Stampa – 19 febbraio 2014