Nuovo restyling alla legge 92 del 2012 dopo le modifiche introdotte dal decreto «Giovannini» dell’estate scorsa. Si preannuncia un lento addio al sistema-Fornero, guardando alle direttrici che si possono ricavare dalle anticipazioni dei due provvedimenti esaminati dal Consiglio dei ministri la settimana scorsa.
Un pacchetto di regole che incidono sul mondo del lavoro e cambieranno il sistema tracciato dalla legge 92/2012 (la riforma «Fornero»), già ritoccata, l’estate scorsa, dal Dl 76/2013 (il decreto «Giovannini»).
I tempi di attuazione delle nuove disposizioni, però, sono diversi. Cambiamenti immediati per apprendistato e assunzioni a termine, con le novità contenute in un decreto legge. Tempi lunghi, invece, per sussidi universali e nuovi contratti, che dovranno aspettare l’esercizio delle cinque deleghe da parte del Governo, previste da un disegno di legge. L’Esecutivo è chiamato anche a riformare il sistema dei servizi per il lavoro e le politiche attive, a razionalizzare gli incentivi alle assunzioni, ad aggiornare le misure di tutela della maternità.
Un doppio binario su cui camminerà il Jobs act di Matteo Renzi, con nodi da sciogliere su entrambi i fronti.
Tra le misure immediate, con l’entrata in vigore del decreto legge, le imprese potranno sempre siglare contratti a tempo determinato senza indicare la causale (i motivi dell’assunzione «a tempo»), nel limite di 36 mesi, che è il tetto massimo di durata dei rapporti a termine. Finora la possibilità di non inserire la causale era ammessa solo per il primo rapporto di lavoro a termine, della durata di 12 mesi, compresa una (sola) eventuale proroga. In base alle anticipazioni sul decreto legge diffuse dal ministero del Lavoro nei giorni scorsi, la proroga di un contratto a termine diventerà possibile fino a un massimo di otto volte nell’ambito dei 36 mesi.
Sull’apprendistato, invece, arrivano nuove misure di semplificazione: il ricorso alla forma scritta vale solo per il contratto e per il patto di prova e non quindi, come attualmente previsto, anche per il piano formativo individuale. Si elimina, poi, il vincolo introdotto dalla riforma Fornero, per cui l’assunzione di nuovi apprendisti è legata a doppio filo alla conferma in servizio, alla fine del periodo formativo, di almeno il 30% di quelli già impiegati. Per il datore di lavoro, inoltre, è eliminato l’obbligo di integrare la formazione di tipo professionalizzante e di mestiere con l’offerta formativa pubblica, che diventa un elemento discrezionale.
Una novità, quest’ultima, che potrebbe creare problemi con l’Unione europea, che potrebbe “escludere” dagli aiuti di Stato i cospicui sgravi contributivi di cui gode l’apprendistato.
Quello che doveva essere il piatto forte del Jobs act, invece, finisce nel Ddl delega. Il contratto di inserimento a tutele crescenti potrà essere introdotto dal Governo nell’ambito del riordino delle attuali forme contrattuali (una trentina circa).
Sempre nel disegno di legge delega, c’è il progetto di introdurre un sistema di ammortizzatori universali, che prevede, in caso di disoccupazione involontaria, tutele uniformi e legate alla storia contributiva dei lavoratori, includendo anche i collaboratori. Questo sistema andrà a inserirsi sulla riforma degli ammortizzatori sociali introdotta dal Governo Monti (legge 92/2012), peraltro non ancora completata. Per quest’anno, infatti, resta aperto l’”affaire” Cig in deroga. Il budget per il 2014 è di 1,7 miliardi, quasi un miliardo in meno rispetto alla spesa dell’anno scorso. Le Regioni chiedono uno stanziamento più elevato per coprire le richieste dell’intero anno e lo stesso ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha sottolineato la necessità di recuperare un miliardo di fondi.
Peraltro, lo schema di Ddl circolato nei giorni scorsi, prevede che l’attuazione delle deleghe non comporti nuove spese per le casse dello Stato: si dovrà agire, cioè, con una «diversa allocazione» delle risorse economiche oggi esistenti.
Per sostenere la genitorialità, il Ddl prevede l’estensione alle lavoratrici parasubordinate della indennità di maternità, anche in caso di mancato versamento dei contributi da parte del datore di lavoro, e un credito d’imposta per le lavoratrici, anche autonome, con figli minorenni, che si trovino al di sotto di una certa soglia di reddito. Per finanziare quest’ultima misura, lo schema di Ddl prevede l’abolizione della detrazione per il coniuge a carico.
Su alcuni capitoli, le riforme annunciate dal Governo segnano una vera inversione di marcia, rispetto a disposizioni appena entrate in vigore. Si prevede di rivedere il regime della sanzioni «valorizzando gli istituti di tipo premiale» e favorendo «la immediata eliminazione degli effetti della condotta illecita». Dal 22 febbraio, però, è scattato l’aumento del 30% della maxi-sanzione per il lavoro nero, introdotta dal Governo Letta, ed è stata esclusa la misura premiale della diffida (per mettersi in regola).
Il Sole 24 Ore – 17 marzo 2014