I RETAILER Le grandi catene distributive americane hanno chiesto di poter venire in Italia per conoscere e toccare con mano i nostri prodotti
È l’alimentare il vero simbolo del made in Italy: per quasi 6 italiani su 10 l’industria tricolore del food è il settore che ci rappresenta di più al mondo, meglio di moda, design e auto: è la percezione fotografata dalla ricerca “Gli italiani e l’alimentazione”, condotta da Doxa per Federalimentare e presentata ieri all’inaugurazione del 17?Cibus, il Salone internazionale dell’alimentazione. In dettaglio, l’alimentare (57%) “doppia” il settore della moda (27%) e stacca l’auto (7%), le calzature (7%) e il comparto del mobile-design (3%).
Il vice ministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda ha sottolineato che il nostro Paese con una percezione del food così forte potrà sfruttare a pieno le grandi prospettive di crescita dei mercati esteri: «Nei prossimi anni la domanda di cibo è destinata a crescere dell’8,2% entro la fine del 2017. Tuttavia le nostre eccellenze dovrebbero poter contare anche su un numero di imprese esportatrici superiore all’attuale, oggi troppo concentrato su poche mediograndi aziende». Da qui l’annuncio di Calenda che il governo italiano triplicherà il budget per la promozione e sta preparando un piano straordinario destinato al Nord America; mentre sul tema caldissimo della contraffazione Calenda ha sottolineato che sono operativi i quattro desk anticontraffazione (in altrettanti Paesi) che si avvalgono di personale italiano operante negli studi legali dei mercati nazionali.
Il presidente di Federalimentare Filippo Ferrua ha risposto all’attivismo del governo (anche per l’accordo di libero scambio concluso con il Canada e quello in via di negoziazione con gli Usa) dando atto all’esecutivo che «il nostro sistema Paese ora supporta le imprese: si è dato un’organizzazione efficiente, di tipo manageriale». Poi ha elogiato il ministro Maurizio Martina per il padiglione Expo dell’alimentare assegnato a Federalimentare.
Quest’anno il food italiano sempre più premiato dai mercati esteri si ritrova a un Cibus 2014 tutto proteso all’internazionalizzazione. Il Salone registra il tutto esaurito degli spazi con 130mila mq di superficie lorda (110mila l’edizione precedente) e 2.700 espositori (2.300). I vertici di Fiere di Parma stimano che in quattro giorni (dal 5 all’8 maggio) arriveranno mille top buyer da cento Paesi e circa 10mila operatori esteri, per un totale complessivo di 60mila operatori. «Sull’incoming – sottolinea Antonio Cellie, ad di Fiere di Parma – Cibus ha investito pesantemente: tre milioni. Abbiamo organizzato anche vari tour delle Pmi presso le catene internazionali».
Centinaia i nuovi prodotti che verranno presentati nella kermesse di Parma: dalla crema di aceto balsamico di Modena con salsa tabasco (da Fini) al Parmigiano da spalmare sul cucinato o sul pane (Parmareggio), dalle sfoglie di formaggio stagionato in vaschetta da usare su pasta, carpacci e insalate (Nitti Ferrari) al kit pizza dei maestri pizzaioli (Sapori antichi) e all’olio extra vergine spray antispreco (Limoni Sicilia).
Tornando alla strategia di difesa e di attacco sui mercati esteri, «la difesa – ha detto Calenda – riguarda soprattutto il riconoscimento delle indicazioni geografiche e la difesa dalla contraffazione. Non dobbiamo essere più disponibili ad accordi con Paesi che alzano le barriere non tariffarie. Bisogna poi diffondere il divieto di evocazione ovvero proibire i segni che facciano pensare che un prodotto sia stato prodotto in Italia quando non lo è». E le strategie d’attacco? «Devono riguardare in particolare la grande distribuzione – ha risposto il vice ministro -: per esempio, i retailer americani ci hanno chiesto di poter venire in Italia a conoscere i nostri prodotti». E forse anche per questo a Cibus sono arrivati, su invito dell’Ice, cento operatori dell’agroalimentare da 20 Paesi, cui si aggiungono nove operatori statunitensi nell’ambito dell’iniziativa “Missione gdo Usa in Italia”.
Il Sole 24 Ore – 6 maggio 2014