Deve sempre risarcire il danno la struttura sanitaria che non informa in modo completo il paziente sull’intervento a cui deve essere sottoposto. E questo anche se si esclude la responsabilità per danni alla salute e anche se il paziente, pur correttamente informato, non si sarebbe sottratto all’intervento. In questo caso, infatti, viene comunque leso il diritto all’autodeterminazione del paziente. Lo ha ricordato il tribunale di Firenze nella sentenza 170/2014.
Il tribunale è stato chiamato a esaminare la vicenda sanitaria nel contenzioso promosso dagli eredi di un paziente deceduto a seguito di una complicazione settica dopo un intervento di protesizzazione d’anca, in esito alla quale era subentrata una forma aggressiva e non superabile di infezione, al punto che ogni tentativo di intervenire d’urgenza era risultato vano.
I familiari hanno contestato ai sanitari la responsabilità sia per le conseguenze della grave forma di infezione, sia per non avere dato al paziente una adeguata informazione circa le conseguenze possibili dell’intervento al quale era stato sottoposto, fra le quali anche la possibilità di contrarre infezioni interne gravi.
L’indagine istruttoria svolta in corso di causa ha consentito di escludere che vi fosse responsabilità per l’ospedale con riguardo all’infezione contratta dal paziente, perché non era stato possibile determinare, con buon grado di certezza, che il batterio causa dell’infezione fosse collegabile a un difetto di sterilizzazione degli ambienti sanitari ai quali era stata esposta la vittima.
L’informazione
Al tempo stesso il tribunale ha rilevato, però, che prima di sottoporre il paziente all’intervento di protesi d’anca era mancata da parte dei sanitari una adeguata informativa sui rischi dell’operazione, tra i quali anche quello di possibili infezioni. La mancanza di informazione circa le conseguenze possibili e i rischi di ogni intervento chirurgico al quale si intende sottoporre una persona determina un obbligo di risarcire il danno al paziente per assenza di un adeguato consento informato all’intervento. Chi concede l’autorizzazione a interventi invasivi sulla sua persona deve, infatti, essere cosciente della natura dell’operazione alla quale sarà sottoposto, delle sue caratteristiche tipiche (durata, degenza e riabilitazioni successive, lesioni permanenti e cicatriziali e così via), nonché dei rischi per le complicanze prevedibili di tale tipo di intervento chirurgico. Nel caso esaminato dal tribunale è stata però accertata la mancanza di un adeguato consenso informato; il tribunale ha ritenuto quindi sussistente un danno e, quindi, ha condannato la struttura sanitaria a risarcirlo.
La sentenza precisa che, nel caso di mancata informazione, si possono presentare due situazioni. Il primo caso è quello in cui si può presumere che il paziente, se avesse conosciuto i rischi dell’intervento, avrebbe negato il consenso: in questa ipotesi il danno da risarcire sarebbe pari a tutte le conseguenze fisiche derivate dall’intervento.
Il giudice illustra anche una seconda situazione (che è quella che ricorre nella vicenda esaminata): è il caso in cui si può ritenere che il paziente, anche se fosse stato ben informato, non si sarebbe sottratto all’operazione. Secondo il tribunale, anche se non c’è un danno alla salute, è comunque stata negata al paziente la possibilità di decidere liberamente di sottoporsi all’intervento ed è stato quindi leso il diritto all’autodeterminazione, che riguarda la piena coscienza, che solo una corretta e completa informazione può offrire, della portata e dei rischi dell’intervento chirurgico al quale si è sottoposti. La violazione di questo assoluto principio di libertà costituisce in sé un danno risarcibile da parte del sanitario che non abbia assolto all’obbligo di ottenere un consenso del paziente prima di sottoporlo all’intervento.
Il Sole 24 Ore – 14 luglio 2014