L’ex governatore: “Per mia figlia, ok condanna a 2 anni e 10 mesi”. Così 24 indagati su 35 chiedono di chiudere i conti con la giustizia. Il Gip firma e Galan esce immediatamente dal carcere di Opera, ad aspettarlo, fuori, la moglie Alessandra Persegato. Niente trasferimento in cella comune, niente processo: l’ex Doge coinvolto nello scandalo Mose, che ha fatto tremare la laguna e portato dietro alle sbarre nomi importanti della politica, come quello dell’ex braccio destro Renato Chisso, dovrà scontare la pena patteggiata di 2 anni e 10 mesi ai domiciliari e pagare una multa da 2,6 milioni di euro.
A firmare il provvedimento è stato il Gip di Venezia Giuliana Galasso . A renderlo noto all’Ansa l’avv. Antonio Franchini del collegio di difesa. Gli arresti domiciliari rientrano nella procedura di patteggiamento avviata ieri da Galan, attraverso i suoi legali, con la Procura veneziana. Galan dovrebbe essere già nel primo pomeriggio nella propria abitazione, Villa Rodella, a Cinto Euganeo (Padova).
Fabio Tonacci. Galan, innocente e “patteggiatore”. «Il nostro cliente — scrivono i suoi avvocati nell’istanza presentata alla procura di Venezia — considerata la dolorosa separazione forzata dall’amata figlia, ha maturato la consapevolezza che per conseguire l’accertamento alla estraneità dei fatti, che qui riafferma con forza, dovrebbe affrontare un dibattimento troppo lungo». E quindi, dopo 99 giorni trascorsi nel carcere di Opera, l’ex ministro ha ceduto. Sul “piatto” ha messo la proposta di pena di 2 anni e 10 mesi di reclusione e la confisca di beni per 2,6 milioni di euro. Giancarlo Galan: patteggiamento numero 24 su 35 arrestati nella retata di giugno per lo scandalo del Mose.
Per i pm, chiamati ieri a dare un parere preventivo prima della decisione del gip, «la pena è congrua». Non solo, in ragione di questo e «della carcerazione preventiva già sofferta », hanno dato l’ok alla richiesta di passare ai domiciliari e al dissequestro della villa di Cinto Euganeo a condizione del versamento nel Fondo unico di giustizia di 2,6 milioni di euro in contanti o bonifici bancari.
Il deputato di Forza Italia, arrestato il 22 luglio dopo il voto favorevole dell’Aula all’esecuzione della misura cautelare, per la Legge Severino decadrà dalla carica non appena si concluderà l’iter del patteggiamento. È accusato di corruzione sulla base delle dichiaraziofissato ni del patron del Consorzio Venezia Nuova, Giovanni Mazzacurati, e dei due imprenditori Piergiorgio Baita e Claudia Minutillo, i quali sostengono che gli siano stati pagati in nero 4,8 milioni di euro, tra “stipendio” di 900mila euro l’anno e la ristrutturazione della villa. Tangenti che, nell’istanza, di fatto vengono riconosciute.
La strategia della difesa di Galan si è complicata quando, ad agosto, il Tribunale del Riesame ha negato la scarcerazione. Il ricorso in Cassazione era a novembre, ma prima, 22 ottobre, avrebbe avuto inizio il rito immediato. Insomma, stava per affrontare il processo, «insostenibile per motivi familiari», dice ora lui. Ma anche parecchio ostico, dopo che anche il suo commercialista Paolo Venuti, pochi giorni fa, ha ammesso di esserne stato il prestanome per le quote societarie in Adria Infrastrutture, come riconosce lo stesso Galan nell’istanza.
Potrebbero dunque essere le ultime ore in prigione per quello che è stato per 15 anni “Doge”, governatore del Veneto. Oggi il gip Giuliana Galasso si esprimerà sui domiciliari, dopo aver valutato gli atti. Gli avvocati Antonio Franchini e Niccolò Ghedini hanno chiesto comunque che il merito del patteggiamento sia discusso nell’udienza già fissata del 16 ottobre. Con i suoi 2,6 milioni saliranno a 12 i milioni recuperati dalle tasche dagli indagati dell’inchiesta Mose che hanno scelto la via del patteggiamento. Un risarcimento cospicuo, ma che non copre la vergogna dello scandalo.
Repubblica – 9 ottobre 2014