di Enrico Garaci*. Sicuramente il nuovo patto per la salute per gli anni 2014 – 2016 sottoscritto tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano presenta punti positivi sia nei termini del suo finanziamento (110 miliardi per il 2014, 112 miliardi per il 2015, 115 miliardi per il 2016) ottenuto nonostante la pesante crisi economico-finanziaria, sia anche nei termini della sua qualità ed innovatività.
Ma c’è un punto interrogativo che dobbiamo porci a fronte di un’evidente antinomia che è sempre più vicina ad implodere.
Da un lato l’art. 32 della Costituzione stabilisce il diritto alla salute di tutti i cittadini e il principio dell’equità in salute, dall’altro la crisi economica e la conseguente spending review minacciano quel patrimonio d’inestimabile valore rappresentato dal Servizio Sanitario per il suo universalismo, solidarismo ed efficacia.
Non si tratta di difendere «un carrozzone» ma un’istituzione che è, pur nei suoi limiti, in grado di garantire per i suoi cittadini una delle migliori aspettative di vita di tutto il mondo, espressione evidentemente questa di una buona capacità di prevenzione, diagnosi, terapia e riabilitazione posseduta dal Ssn.
Ma come può essere tutelata questa grande conquista sociale di fronte al dilagare della spending review, gemmazione questa del pensiero unico economico che aleggia purtroppo in tutta Europa?
C’è il rischio reale che nel prossimo futuro non si potranno evitare tagli lineari che incidono sulle prestazioni sanitarie perché la domanda sanitaria tenderà ad aumentare e le risorse disponibili non potranno stare al passo con le esigenze di salute sempre crescenti anche a fronte della prorompente evoluzione del sapere medico.
Certamente il contenimento dei costi, utile ad abbattere le diseconomie, gli sprechi e la disorganizzazione gestionale, va perseguito con il massimo impegno, ma è necessario introdurre elementi di forte cambiamento dell’intero sistema sanitario e del modello stesso di medicina, in linea con la trasformazione del concetto di sanità verso quello della salute. Un approccio culturale diverso che passa dall’insegnamento nella scuola fin dai primi anni ad una forma di educazione sanitaria permanente che comprende la corretta alimentazione, l’attività fisica, in altre parole un sano stile di vita.
La tesi che si vuole sviluppare è che produrre salute e ridurre le malattie abbassa i costi della Sanità. Sembrerebbe un concetto paradossale, al limite astratto, ma i dati a disposizione indicano che questo obiettivo può essere perseguito.
Ci troviamo di fronte ad una popolazione ultrasessantacinquenne che arriva a superare il 20% e che si porta dietro un carico rilevante di patologie croniche. (Tumori, diabete, malattie neuro-degenerative) con significativo aumento dei costi per i ricoveri ospedalieri e per il consumo dei farmaci. D’altra parte l’Oms ci dice che le malattie cardiovascolari e i tumori potrebbero essere ridotti rispettivamente dell’80% e del 40%, se venissero eliminati fattori di rischio quali fumo, abuso di alcol, cattiva alimentazione, inattività fisica e obesità.
Quindi prevenzione, particolarmente quella primaria, senza trascurare quella secondaria e terziaria.
Ma il sottodimensionamento del finanziamento per la prevenzione rende difficile la promozione di quelle politiche trasversali che investono fattori ambientali sociali e culturali e che richiedono secondo un modello di rete un coordinamento tra differenti istituzioni: ministero della Salute, Regioni, ministero dell’Istruzione, ministero dell’Ambiente, etc.
S’introduca, allora, il concetto di valutazione di esito degli interventi preventivi per un periodo di almeno 5 anni con parametri facilmente disponibili quali ad esempio la diminuzione dell’indice di massa corporea.
Si potrebbe avere una piacevole sorpresa: la riduzione dei costi di assistenza e di consumo dei farmaci potrebbe essere di gran lunga superiore al costo dell’intervento preventivo che l’ha generato. In questo caso il taglio dei costi si accompagnerebbe non ad una riduzione delle prestazioni ma ad un guadagno di salute per molte fasce di popolazione. Altri esempi che vanno in questa direzione potrebbero ancora essere fatti e non mancherà occasione.
Sono fantasie che si scontrano con la realtà? Può essere. Ma osare nel tema della salute non è mai tempo perso.
*Rettore Università San Raffaele Roma
Libero – 10 ottobre 2014