Più lunga la prosecuzione del rapporto oltre il termine, ma con obbligo di comunicazione preventiva. Più breve l’intervallo per la riassunzione a termine, ma occorre il placet dei sindacati. Sono i nuovi principi fissati dalla riforma Fornero (legge n. 92/2012 in vigore dal 18 luglio 2012) a freno dell’uso dei contratti a tempo determinato.
Non solo: dal prossimo anno, inoltre, le imprese dovranno pagare la flessibilità del termine al contratto di lavoro con un contributo aggiuntivo dell’1,4%.
La stretta Fornero sulle riassunzioni a termine. La disciplina sul lavoro a termine (dettata dal dlgs n. 368/2001) vieta, da sempre, la riassunzione a termine di uno stesso lavoratore. In altre parole, prevede alcuni condizionamenti alla possibilità che lo stesso lavoratore, una volta chiuso con la stessa azienda un rapporto di lavoro a termine, ne possa subito instaurare un altro (sempre a termine).
Infatti, la legittimità della riassunzione è condizionata alla discontinuità, tra il primo e il secondo rapporto a termine, da realizzarsi mediante il decorso di un predeterminato intervallo di tempo: in mancanza di tale discontinuità il secondo contratto a termine viene ritenuto ex legge a tempo indeterminato. Tale intervallo è stato pari, fino al 17 luglio, a 10 giorni nel caso di durata del primo contratto a termine fino a sei mesi e a 20 giorni in quelli di durata superiore (oltre i sei mesi).
La legge n. 92/2012 (la riforma Fornero) ha allungato i termini rispettivamente a 60 e 90 giorni, a partire dal 18 luglio 2012, stabilendo tuttavia che, nell’ambito di particolari processi produttivi (determinati dall’avvio di una nuova attività, dal lancio di un prodotto o di un servizio innovativo; dall’implementazione di un rilevante cambiamento tecnologico; dalla fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e sviluppo; dal rinnovo o dalla proroga di una commessa consistente), i contratti collettivi possono prevedere, stabilendone le condizioni, la riduzione di tali intervalli di tempo fino a 20 giorni in caso di contratti di durata inferiore a sei mesi e fino a 30 giorni in caso di contratti di durata superiore ai sei mesi, con previsione di un intervento sostitutivo da parte del ministero del lavoro (sentite le organizzazioni sindacali più rappresentative sul piano nazionale) in caso di inoperosità della contrattazione collettiva a stabilire le predette condizioni di riduzione degli intervalli, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della riforma Fornero (cioè entro il 16 gennaio 2013).
Successivamente è intervenuta la legge n. 134/2012 (conversione dl n. 83/2012) ad ammorbidire la stretta Fornero sulle condizioni di riassunzione. Ha stabilito, infatti, che la riassunzione a termine in attività stagionali (dpr n. 1525/196) e in ogni altra ipotesi prevista dai contratti collettivi stipulati a ogni livello da organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, deve ritenersi lecita qualora il secondo rapporto venga instaurato dopo 20 (e non 60) giorni in caso di primo contratto a termine fino a sei mesi e dopo 30 (e non 90) giorni in caso di contratto di durata superiore a sei mesi.
La stretta Fornero sulla prosecuzione oltre il termine. La disciplina sul lavoro a termine (citato dlgs n. 368/2001) condiziona da sempre la prosecuzione del rapporto oltre la scadenza originaria. Infatti, viene consentita entro prefissati limiti temporali, con la sanzione della conversione del rapporto a tempo indeterminato quando tali limiti vengano superati. La riforma Fornero ha allungato questi limiti e introdotto, inoltre, un vincolo procedurale, con decorrenza dal 18 luglio 2012.
In particolare, come oggi, ha previsto che il rapporto possa continuare oltre la scadenza del termine originariamente fissato o successivamente prorogato, con l’obbligo per il datore di lavoro di corrispondere al lavoratore una maggiorazione retributiva del 20% fino al decimo giorno successivo e del 40% per ogni ulteriore giorno. Inoltre ha previsto che la prosecuzione sia possibile, senza rischio della conversione del rapporto a tempo indeterminato, per un massimo di 30 giorni dopo la scadenza del termine nei contratti fino a sei mesi (fino al 17 luglio è stato possibile fino a 10 giorni) e per un massimo di 50 giorni (fino al 17 luglio fino a 30 giorni) nei contratti di durata superiore a sei mesi.
Infine mentre prima non era previsto alcun adempimento formale da eseguire per la prosecuzione del rapporto oltre il termine originario, la riforma Fornero ha invece introdotto l’obbligo della Co preventiva, cioè da trasmettere entro la scadenza del termine originario del contatto, con la specificazione peraltro della durata della prosecuzione.
Di Carla De Lellis – ItaliaOggi – 20 novembre 2012