di Stefano Folli. L’ immagine di Mario Monti, sereno e serio, che riceve l’incarico di formare il Governo, ringrazia il capo dello Stato e impegna se stesso per il riscatto nazionale, è emblematica del passaggio politico straordinario che si è consumato in pochi giorni, da ultimo in poche ore.
È un’immagine che rinvia all'”altra Italia” spesso evocata da Giovanni Spadolini, figura ben nota al presidente incaricato; e a sua volta Spadolini l’aveva ripresa da Ugo La Malfa, secondo un filo tenace e antico che risale indietro nel tempo e si può riassumere così: dal Risorgimento in poi l’Italia migliore trova il suo senso storico e la sua identità se riesce a proiettarsi verso l’Europa e a integrarsi in essa. E li il suo riscatto. La missione di Monti consiste oggi nel riportare l’Italia nell’ambito europeo, spezzando quella sorta di cordone sanitario che si era stretto negli ultimi anni intorno al Governo di Roma per ragioni su cui si è già scritto tutto. È un compito di estrema difficoltà, a causa delle circostanze in cui il “Governo del Presidente” dovrà operare, ma rappresenta anche un’opportunità storica per tutte le forze politiche. Si è visto, del resto, che il populismo mediatico ha compiuto la sua intera parabola: ammiccante e seduttivo in una prima fase, portato a negare o sottovalutare i problemi reali, ha mostrato infine il suo lato più pericoloso. Le allusioni agli oscuri complotti dei poteri finanziari internazionali, veicolati dalla moneta unica, sono l’indizio che siamo molto vicini a un bivio pericoloso. Il populismo è prossimo alla sua fase suprema, si potrebbe dire. La domanda è: c’è nel Paese e nel Parlamento un personaggio o una massa critica in grado di proporre seriamente un messaggio antieuropeo e di costruirvi sopra un progetto politico? Probabilmente no, al netto delle frustrazioni e delle amarezze indotte in un segmento del mondo berlusconiano dalla perdita del potere. Ma quello che oggi appare improbabile potrebbe diventare possibile se non si argina il collasso finanziario e non si restituisce fiducia alla nazione. In primo luogo sotto il profilo morale. La scalata di Monti comincia qui. Egli avrà dalla sua il sostegno assiduo del presidente della Repubblica, autentico architetto della nuova stagione che si apre. Impegnato come non mai nel favorire il passaggio del fiume. La democrazia non è sospesa, è sembrato dire ieri sera il capo dello Stato, rintuzzando il più pericoloso degli argomenti. Non è sospesa perché l’ipotesi Monti è l’unico modo serio per salvaguardare, non per affossare, la democrazia italiana. E con essa la politica seria. Napolitano e il suo presidente incaricato costituiscono un binomio in grado da solo di restituire una porzione di credibilità al Paese.
Ma dal nuovo Governo ci si attende, non appena avrà ottenuto la fiducia parlamentare che quasi tutti sono disposti a concedergli, la rapida attuazione di un’agenda economica i cui singoli punti sono ben noti. Monti godrà di una finestra di opportunità, o meglio di una luna di miele coni partiti. Per ragioni diverse. Alcuni, come il Pd o il “terzo polo”, hanno investito molto sull’uscita di scena di Berlusconi e ora intendono assecondare Napolitano quali che siano i sacrifici che questa scelta comporta, almeno all’inizio. Altri, come il Pdl e i suoi alleati minori, sono troppo frastornati e divisi dal loro fallimento e hanno bisogno di tempo per reagire. Il discorso di Berlusconi ieri sera era insidioso, ma non tagliala strada all’esperimento. Monti ne ricava un prezioso spazio di manovra che sarà sua cura non disperdere. Proprio perché siamo in un momento eccezionale, quasi disperato, il “Governo del Presidente ” – lo ha spiegato bene Angelo Panebianco sul “Corriere”- si giustifica se sa sfruttare senza esitazioni l’occasione irripetibile. Ben sapendo che la luna di miele sarà abbastanza breve. Da un lato un esecutivo voluto dal capo dello Stato e subito dalle forze politiche con ma dall’altro un Parlamento in cui continuano ad avere un peso prevalente e condizionante le forze emarginate dal loro stesso insuccesso (o dai “piccoli ricatti”, come dice un Berlusconi vagamente minaccioso): è nella logica delle cose che la forbice tenda a chiudersi Le elezioni saranno l’inevitabile medicina democratica che curerà il malessere. Ma oggi porsi la questione di quanto tempo dovrà durare il ministero Monti non ha senso. Primo, perché tende a indebolire in partenza un governo che già presenta elementi di debolezza non irrilevanti, se fosse vero chela sua composizione sarà puramente “tecnica”, senza volti e nomi in grado di rappresentare, non la “politica politicante”, bensì le diverse forze parlamentari chiamate a sostenere provvedimenti dolorosi, dai risvolti sociali non indifferenti. Secondo, perché non esistono governi “a tempo”. Il presidente della Repubblica merita che su questo punto i partiti gli offrano oggi tutto il sostegno necessario. È tornato a chiederlo dopo l’incarico, con tono commisurato alla gravità della crisi In seguito si vedrà, ma senza pretendere di fissare oggi una data di scadenza che sarebbe persino incostituzionale. Come sempre accade, è evidente che i governi operano e resistono finché sono in grado di farlo. Se possibile nell’interesse del Paese. Il vantaggio del Governo Monti è di essere una soluzione obbligata e di alto profilo. Lo svantaggio è che i partiti, almeno alcuni, ritengono di avere le mani libere e non appena potranno cercheranno la rivincita. In ogni caso è giusto e legittimo dire che l’orizzonte di Monti coincide con la fine naturale della legislatura, nel 2013. Se poi le cose andranno diversamente, ciò dipenderà dagli eventi Quel che è certo, un sistema politico desideroso di avere un futuro e non di essere seppellito nel discredito dovrebbe approfittare di questo lasso di tempo per modificare certi comportamenti, ritrovare un contatto conia società, individuare e far crescere una nuova classe dirigente. In una parola, diventare più maturo. Quasi tutti i partiti, a destra come a sinistra, hanno bisogno di a. ornare la loro cultura di governo e di conseguenza la loro proposta agli italiani. Quella che si offre è una occasione per riuscirci. Magari proprio in nome dell’altra Italia” di cui Mario Monti è l’interprete e domani, chissà, potrebbe essere l’alfiere. Berlusconi teme l’eventualità al punto da ingiungergli di “non candidarsi” e la questione non è di sicuro all’ordine del giorno. Ma perché temere che un’Italia compiutamente europea veda infine la luce? Sarebbe un esito da auspicare. Ed è anche la sfida più difficile
Il Sole 24 Ore – 14 novembre 2011