Era una delle grandi richieste delle associazioni e Ong che accusano il “famigerato” Ttip di essere condotto in gran segreto. Ora sembrerebbe che siano state accontentate: i contenuti dell’accordo di libero scambio che Unione Europea e Stati Uniti sono in parte pubblici. La Ue ha deciso infatti di diffondere il documento di 18 pagine che contiene il suo mandato a negoziare. La decisione di declassificare le direttive negoziali è stata presa su iniziative del Governo italiano. «Si tratta – ha commentato Carlo Calenda, presidente di turno del consiglio dei ministri del commercio europeo – di un passo fondamentale verso una maggiore trasparenza del negoziato, obiettivo al cui perseguimento la presidenza italiana continuerà a contribuire nella convinzione che è decisiva per sconfiggere le tante paure che agitano una parte della pubblica opinione». Al Ttip la trasmissione Report di Rai3 dedicherà la puntata del 19 ottobre prossimo. Il servizio è stato realizzato per molta parte nella nostra Regione con il supporto dei veterinari dell’Ulss 20 di Verona e della Simevep del Veneto.
Tutto bene? Non proprio a sentire le associazioni dei consumatori. «Aver reso pubbliche le direttive negoziali che definiscono i limiti e gli obiettivi della negoziazione con gli Usa per la conclusione del Ttip nulla cambia riguardo al rispetto della trasparenza nei confronti dei cittadini» spiega Alessandro Mostaccio, segretario generale del Movimento Consumatori commentando l’esultanza della presidenza italiana UE per il risultato raggiunto.
A maggio scorso, quando il Movimento consumatori ha chiesto al governo italiano di chiarire la propria posizione sul Ttip e di proporre all’Ue la desecretazione dei contenuti dei negoziati, aveva l’intento di spingere il governo italiano – nel semestre di presidenza europea – a rispettare il diritto di informazione dei cittadini sul trattato. In realtà, gli atti erano già disponibili in Rete grazie all’attivismo di diverse associazioni confluite nel comitato Stop Ttip.
Perché non si tratta di un cambio di rotta
«Il ‘mandato negoziale’ pubblicato il 9 ottobre sul sito della Commissione europea, spiega le direttrici del negoziato, senza apportare nessun reale contributo conoscitivo in più – aggiunge il segretario generale – Trasparenza vorrebbe che dopo ogni round di negoziazione (se ne sono tenuti cinque in un anno) il commissario europeo delegato De Gucht relazionasse al parlamento europeo e ai cittadini aggiornando il working in progress del negoziato settore per settore (farmaci, agroalimentare, prodotti finanziari)».
«Limitarsi a pubblicare solo il ‘mandato a negoziare’ – conclude Mostaccio – dopo più di un anno dalla sua approvazione, non dimostra di per sé alcun cambiamento di rotta se non sarà seguito, a breve, dalla reale disponibilità di Usa e Ue di rendere pubblici tutti i capitoli in cui si articola il trattato. Ad oggi sembra che il successo della presidenza italiana più che un passo fondamentale verso la trasparenza sia un espediente per promuovere la retorica propagandistica circa la sua aprioristica utilità. Insomma la solita retorica che non ha mai portato a casa le promesse di cui si è nutrita».
Un accordo che divide
In effetti il Ttip (Transatlantic Trade and Investment Partnership) è stato contestato sin dall’inizio dei negoziati nel giugno 2013. Oltre alla mancanza di trasparenza, alcune organizzazioni non governative lo accusano di abbassare gli standard di lavoro, ambiente e alimentare in vigore nella Ue. I suoi promotori, invece, tra cui tutti i Governi europei e le organizzazioni imprenditoriali, lo ritengono un tassello fondamentale per rilanciare la crescita in Europa attraverso l’abbattimento delle barriere tariffarie (e non) e la riduzione delle procedure burocratiche. Si stima un impatto economico di 100 miliardi all’anno per entrambe le parti.
L’opposizione al Ttip
Il TransatlanticTrade and Investment Partnership è il più grande accordo bilaterale per la liberalizzazione del commercio mai negoziato in epoca moderna. Con oltre due miliardi di dollari di scambi al giorno tra Stati Uniti e Unione Europea, i due colossi al tavolo negoziale, si stanno creando le basi per un’area di libero scambio che varrà potenzialmente il 40% del Prodotto interno lordo mondiale.
Ma non sono (solo) le dimensioni a rendere questo accordo “storico”. C’è la componente geopolitica che non è da meno: un trattato come il Ttip consentirebbe agli Stati Uniti di ritrovare centralità nello scacchiere economico mondiale, ormai sovra determinato dalle politiche dei Brics, soprattutto se fianco del Ttip l’Amministrazione Obama riuscirà a portare a casa anche il corrispettivo con i Paesi del Pacifico (il Tpp), diventando così Pivot degli scambi tra gli oceani, nel tentativo di ridimensionare le ambizioni cinesi e indiane.
Ma c’è di più
A differenza dei convenzionali Ftas (Free TradeAgreements, trattati di libero scambio) in questo caso non sono in discussione i dazi doganali, già abbastanza bassi per l’85% delle linee tariffarie (attorno al 3-5%), ma le normative e gli standard. Obiettivo principale è fluidificare i commerci attraverso una semplificazione normativa che passa per una generale armonizzazione, un approccio che potrebbe far risparmiare alle imprese transnazionali quasi il 25% dei costi di transazione e permetterebbe alle aziende di avere a che fare con meno regole e, probabilmente, con norme meno stringenti.
Il principio di precauzione non è riconosciuto oltreoceano
E’ la differenza di approccio tra Usa e Ue a preoccupare di più. Il cosiddetto “principio di precauzione”, presente anche all’interno dei testi fondativi dell’Unione, non è riconosciuto oltreoceano, dove i prodotti possono essere commercializzati con controlli minimi salvo poi essere ritirati dal mercato se giudicati nocivi (con l’onere della prova sui controllori pubblici, non sulle imprese).
I nodi: Ogm, antibiotici e ormoni per la crescita nel bestiame
Non è un caso che negli Usa siano tollerati gli Ogm per consumo umano, l’uso intensivo di antibiotici in allevamento, ormoni per la crescita esponenziale del bestiame. Un’armonizzazione normativa, sulla base del principio dello “stesso campo di gioco” per la competizione tra le imprese, metterebbe in discussione tutte quelle regole e norme che, in Europa, tutelano ambiente e consumatori da prodotti così sospetti.
Il tema «caldo» dell’arbitrato internazionale
Il Ttip non si ferma però alla convergenza degli standard. Prevede un arbitrato di risoluzione delle controversie, l’Isds, a cui si potranno appellare le imprese denunciando un Governo nel momento in cui ritenessero che un Paese, attraverso norme e leggi democraticamente votate dalle sue istituzioni, stia mettendo in discussione le loro aspettative di profitto. Miliardi di euro di compensazioni, dalle risorse pubbliche, per compensare le aspettative mancate di un privato. Un’eversione delle regole che governano una comunità umana, e che ha già avuto precedenti illustri come la richiesta portata avanti da Veolia, il colosso dell’acqua, contro il Governo egiziano per la sua scelta di aumentare il salario minimo a tutti i lavoratori, perché andrebbe contro agli impegni presi nel quadro del partenariato pubblico-privato firmato con la città di Alessandria per lo smaltimento dei rifiuti. L’Isds darebbe un potere enorme ai privati, mettendo nelle condizioni i Paesi, in caso di sentenza sfavorevole, di versare ricche compensazioni alle aziende, o di dover cambiare normative votate democraticamente dai propri parlamenti.
La mobilitazione
Per questo la società civile delle due sponde dell’Oceano si sta mobilitando. In Italia la campagna Stop Ttip vede quasi settanta realtà, da Organizzazioni non governative come Cospe e Fairwatch, a organizzazioni come Attac, da sindacati come i Cobas e la Fiom a Associazioni come l’Arci e Legambiente, passando per comitati locali e gruppi di cittadini. Una campagna che sta crescendo sempre più grazie anche alla formazione di comitati locali come quelli di Milano, Torino, Firenze, Modena e che sta cercando di rompere il muro di silenzio che c’è in Italia su questo trattato.
Intanto i negoziatori continuano, per procedere con un trattato che dovrebbe chiudersi nel 2015, nonostante le perplessità già espresse da una parte del Parlamento europeo e dal Congresso statunitense (che ancora non ha dato carta bianca a Obama per procedere più speditamente). La mobilitazione dei “contrari” si sta intensificando. Dopo l’appuntamento delll’11 ottobre (decine di migliaia di persone hanno manifestato ieri per le strade in tutta Europa), il 14 ottobre a Roma sarà in occasione dell’evento di alto livello organizzato dal Governo italiano sul Ttip, l’8 novembre sempre a Roma per l’assemblea nazionale della Campagna Stop Ttip.
A cura Sivemp Veneto (tratto da Sole 24 Ore, Help consumatori e Greenreport)
12 ottobre 2014