Le 11 ore di riposo giornaliere previste dall'”orario europeo” dei dipendenti ospedalieri non devono trasformarsi in 13 ore di lavoro al giorno coatte se manca personale. La riflessione è implicita nel commento del vicesegretario Anaao Assomed Carlo Palermo alle proposte Aran di intaccare i riposi compensativi giornalieri di medici e infermieri in caso di vuoti in organico e a quella di Cgil di puntare, al contrario, a un orario massimo giornaliero prestabilito.
Nel documento presentato da Aran ai sindacati del comparto si ammette che in strutture ove servano ore in più, si possa derogare alle 11 ore di riposo obbligatorie per la direttiva Ue 66/2003. Finito il turno supplementare, il tempo “rubato” si recupererebbe riposando le 11 ore canoniche. La garanzia di recuperare le ore lavorate starebbe nella necessità per l’ospedale di rispettare il tetto di 48 ore settimanali di lavoro imposto dalla direttiva, calcolandolo però nell’arco di 6 mesi e non dei 4 indicati da Bruxelles, e, in casi di carenza d’organico grave, (ragioni tecniche, obiettive, inerenti l’organizzazione) anche ogni 12 mesi. Quindi compensando periodi di superlavoro continuativi (e forse poco realistici) con altri di “supervacanza”. Per Palermo la proposta Aran viola la direttiva Ue e porta dritto alla Corte di Giustizia. Intanto, Antonio Marchini, segreteria Fp Cgil, ha affermato a dicembre che avrebbe chiesto ad Aran un limite all’orario massimo, inserendo nel contratto una norma per limitare l’orario giornaliero non oltre le 10 ore, insieme allo sblocco del turn over e a periodi massimi di riferimento più brevi dei 12 mesi per il computo delle 48 ore di lavoro. Un ragionamento che, condiviso dai sindacati della dirigenza, potrebbe cambiare gli orizzonti della trattativa per i medici? «La proposta di un orario massimo giornaliero è percorribile e aderisce a indirizzi costituzionali che lo reputano necessario a salvaguardia della salute del lavoratore», dice Palermo. E aggiunge: «Sarebbe auspicabile anche un orario massimo settimanale di 50 o al più 52 ore oltre cui non si possa andare nemmeno nei periodi più complicati per l’ente, e con l’obbligo di rientrare nelle 48 ore settimanali in 4 mesi. Del resto lo standard della direttiva Ue è un “minimo” rispetto al quale gli stati membri possono e devono migliorare. È però vero che la direttiva Ue ammette, interpretata ex contrariis, un orario massimo di 12 ore e 50 minuti nelle 24 ore, che si ottiene sottraendo dalle 13 ore di “non riposo” i 10 minuti di pausa dopo le prime sei ore contemplati dalla direttiva. Tale orario tuttavia, svolto su base continuativa, equivarrebbe a 77 ore settimanali, impossibili fisicamente e non recuperabili nemmeno nell’arco di un anno».
Sulla richiesta Aran di calcolare le 48 ore settimanali in 12 mesi, Palermo dice: «Va approvata da un accordo tra le parti, che presuppone però l’accettazione di una flessibilità estrema e che mi domando come Cgil possa accettare, fermo restando che, anche ove dicesserò sì nel comparto, al tavolo della dirigenza potremmo dire no». Per Palermo, «la proposta Aran rivela una non perfetta conoscenza della gerarchia delle fonti normative italiane ed europee, riportate anche in un libretto della Commissione Ue di norme e sentenze pubblicato a inizio 2017. Se in un reparto falcidiato da assenze un ordine di servizio impone 10 ore in più, quelle ore vanno recuperate nel turno successivo in aggiunta alle 11 ore di riposo compensativo. E tra parentesi l’azienda non può chiedere la reperibilità nelle 10 ore di riposo aggiuntive: l’articolo 7 della direttiva afferma che nel riposo compensativo e nei recuperi il lavoratore possa dedicarsi liberamente e senza interruzioni ai propri interessi». Intanto però se infermieri e Aran trattano nel comparto, alla dirigenza la convocazione non è nemmeno arrivata, e con le elezioni alle porte il contratto pare lontanissimo.
«Noi siamo al punto di dover chiedere una rapida convocazione all’Aran per una discussione che rischia di protrarsi con il prossimo governo. In attesa, si potrebbe concludere un contratto ponte solo economico per distribuire sulla parte fissa, con le risorse a disposizione e senza aspettare la Finanziaria 2019, aumenti che a regime arrivano al 3,43% del salario, gli stessi proposti dal segretario Fvm Aldo Grasselli per chiudere la partita al 2018. Dal 2019 si potranno negoziare le innovazioni normative del triennio fino al 2021».
DoctorNews – 5 febbraio 2018