Cancellare il così chiamato “limite ordinamentale”, praticamente bloccato a sessantacinque anni malgrado i diversi interventi in materia, per dare la stessa possibilità d’accesso al pensionamento ai dipendenti pubblici siano loro uomini o donne. E’ quanto prevede la nuova proposta presentata da una nutrita schiera di parlamentari del Partito democratico nell’ambito della legge delega di riforma della Pubblica amministrazione che è al vaglio in seconda lettura alla Camera dei Deputati.
Una nuova proposta significativa sul fronte previdenziale, almeno per i dipendenti pubblici, che arriva nel quadro di riforma Pa targata predisposta dal ministro Marianna Madia, mentre è in corso il confronto sulla delicata questione della riforma pensioni che dovrà sostanzialmente modificare la legge Fornero per introdurre nuovi criteri di flessibilità in uscita dal lavoro. La prima firma apposta sull’emendamento alla legge delega sulla Pa relativo alle pensioni è quella di Maria Luisa Gnecchi, capogruppo del Pd in commissione Lavoro a Montecitorio.
La parlamentare ha spiegato che l’emendamento dei deputati dem ha l’obiettivo di “eliminare le discriminazioni tra donne e uomini”, considerato che il tetto dei 65 anni, il cosiddetto “limite ordinamentale”, ha in particolar modo colpito le lavoratrici, che sono state “mandate a casa dall’amministrazione di turno – ha spiegato Gnecchi all’agenzia Ansa – anche se con soli venti anni di contributi, con conseguenti penalizzazioni sull’assegno”. Tradotto in altri termini, l’emendamento dei deputati del Pd propone che per ogni dipendente pubblico, a prescindere dal sesso, si valido un unico requisito anagrafico per il pensionamento, ovvero 66 anni e 3 mesi (che diventeranno, a partire dal 2016, 66 anni e 7 mesi).
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17 giugno 2015