La riscossione dei tributi locali ha imboccato una discesa senza ritorno. L’andamento dei ruoli incassati da Equitalia per conto dei comuni, nel periodo tra il 2011 e il 2014, ha segnato una flessione del 38%. Un passo mantenuto anche nel corso del primo semestre 2015: archiviato con un calo del 6,4%. Il ritmo della caduta della riscossione viaggia ormai costantemente oltre il 10% all’anno.
Tradotto vuol dire che Equitalia quattro anni fa, su mandato degli enti locali, incassava tributi, multe e sanzioni per un valore pari a 1,43 miliardi di euro. Nell’ultimo bilancio della società, controllata dall’Agenzia delle Entrate e dall’Inps, il valore è attestato a 1,06 miliardi. Un’emorragia solo in parte spiegabile con il fatto che, nel frattempo, molti comuni si sono sganciati da Equitalia, affidando la riscossione coattiva a società private. A scegliere questa soluzione negli ultimi quattro anni sono stati 1.682 municipi. Con Equitalia, dove da poche settimane è arrivato il nuovo amministratore delegato, Ernesto Maria Ruffini, ne sono rimasti circa 4 mila. La metà dei sindaci italiani, insomma, è già fuori dall’orbita della società e si affida ai privati o a società in house. Ma il tasso di abbandono in quattro anni, per quanto alto, è stato del 30%. Otto punti in meno rispetto al calo dei ruoli riscossi. Le maglie si sono allargate anche a causa di un quadro normativo incerto, a dispetto dei proclami governativi contro l’evasione.
Dal 2011 si trascina la riforma della riscossione locale. Suona perciò beffardo il testo del decreto del 2013, che impone «inderogabilmente» a Equitalia, entro il dicembre di quell’anno, di sospendere l’attività di gestione e riscossione delle entrate dei comuni «al fine di favorire un riordino compiuto, ordinato ed efficace» del settore esattoriale. In tutto si sono susseguite sei proroghe per congelare il trasferimento del ruolo di gabelliere ai comuni. L’ultimo rinvio risale a tre settimane fa, quando dalla delega fiscale è stata tolta la riscossione locale, prorogando Equitalia fino al prossimo 31 dicembre. Un contesto di precarietà che, oltre a disorientare gli enti locali, ha finito per rendere meno efficace il ruolo stesso di Equitalia (nell’ultimo bilancio il totale degli incassi complessivi da ruoli è in crescita, con l’eccezione dei ruoli comunali).
L’incertezza alimenta in Rossella Orlandi, direttore dell’Agenzia delle Entrate, il timore di un consistente «esubero di personale» alla luce del passaggio di consegne nella riscossione. La soluzione sembra un rompicapo: quattro anni di proroghe non sono serviti a scegliere tra un progetto dell’Associazione dei comuni, ribattezzato AnciRiscossioni, o un consorzio tra l’Anci e la stessa Equitalia. Certo è che, intanto, il ruolo dei privati in questo settore è stato contrassegnato da bancarotte per centinaia di milioni, come quello di Tributi Italia (gestiva la riscossione per centinaia di comuni), e arresti per avere distratto i soldi della riscossione, destinandoli all’acquisto di fuoriserie e allevamenti di cavalli come capitato a Daniele Santucci, presidente di Aipa, società che opera in consorzio con Poste Tributi (controllata da Poste Italiane).
In questo quadro di difficoltà generale per l’Agenzia delle Entrate resta irrisolto il problema aperto dalla sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittime le nomine di 767 dirigenti, così decaduti dal ruolo. La soluzione del governo è un nuovo concorso per esami, per il quale ci vorranno molti mesi. Nel frattempo gli atti predisposti dai dirigenti illegittimi sono nulli. A ribadirlo è stata anche una sentenza della Commissione tributaria della Lombardia del 25 giugno. Tanto che i giudici tributari hanno trasmesso alla Corte dei conti un rapporto per verificare eventuali responsabilità per danno erariale. L’Agenzia delle Entrate farà ricorso.
Andrea Ducci – Il Corriere della Sera – 13 luglio 2015