Contraffazione alimentare e contrabbando di sigarette, due fenomeni diversi ma che fanno male al made in Italy agroalimentare: sottraggono risorse al mercato legale per circa 4 miliardi di euro, pari alla mancata creazione di 20mila posti di lavoro, e aprono un buco nelle entrate erariali: questo il focus del Convegno sulla difesa della filiera agroalimentare italiana promosso da Confagricoltura e Fondazione Open che si è svolto ieri nell’ambito di Expo Milano 2015.
Nel 2012, il fatturato stimato della vendita in Italia di prodotti agroalimentari contraffatti ammontava a circa un miliardo. E a oggi la situazione non è migliorata: la contraffazione agroalimentare resta seconda solo a quella dell’abbigliamento (2,24 miliardi) e dei Dvd/Cd audio e video (1,78 miliardi). Tra i prodotti alimentari maggiormente contraffatti svettano vini e oli, seguiti da formaggi, mozzarelle, salumi, miele e pasta.
Il nostro è il primo Paese produttore di tabacco in Europa e il 14esimo al mondo, ma, da un sondaggio Swg, emerge che il 77% degli italiani lo ignora. L’Italia però è vittima di un forte contrabbando di sigarette: nel primo trimestre del 2015 il fenomeno è cresciuto del 16%, con punte del +40% a Napoli (fonte Eps, focus Napoli). Se il trend si confermerà, nel 2015 il business supererà, per la prima volta, la soglia del miliardo.
Il dato di quest’anno però non trova d’accordo il sottosegretario al ministero dell’Economia, Paola De Micheli, secondo cui «nel 2014 c’è stata una crescita del contrabbando, ma quest’anno registriamo stabilità». E poi snocciola altri dati sul 2014: l’80% dei sequestri di prodotti di contrabbando è avvenuta in spazi doganali. Per circa il 30% le sigarette provenivano (questa è una sorpresa) da Singapore, per il 17% dall’Egitto, per il 14% dalla Grecia e per l’11% (altra sorpresa) dagli Emirati arabi.
Ma come fronteggiare questi fenomeni? «La lotta alla contraffazione e al contrabbando – ha spiegato Mario Guidi, presidente di Confagricoltura – non può prescindere dalla valorizzazione e dalla tutela dei marchi che sono oggetto di usurpazione. Per esempio, l’introduzione del pacchetto generico di sigarette, oltre a costituire un’espropriazione della proprietà intellettuale, renderebbe più agevole la contraffazione e il contrabbando dei prodotti provenienti da paesi che non hanno introdotto questa tipo di pacchetto». D’accordo il sottosegretario allo Sviluppo economico Simona Vicari: «Il pacchetto generico è il contrario della protezione della proprietà intellettuale: non solo danneggia il made in Italy ma omologa prodotti di qualità a prodotti scadenti che non hanno alle spalle gli stessi controlli».
«Sul pacchetto generico – ha poi aggiunto Vicari – abbiamo assunto una posizione italiana equilibrata, contraria alle fughe in avanti di paesi, come ad esempio Irlanda e Regno Unito, che sonofavorevoli al pacchetto generico». Quanto agli aspetti repressivi del contrabbando, De Micheli ha sottolineato che la legge del 2001 (la 92 che prevede la reclusione da 2 a 5 anni) «ha funzionato bene. Grazie anche agli accordi bilaterali tra Paesi. Tuttavia l’Italia deve fare di più quanto a coordinamento tra ministeri e, inoltre, serve maggiore omogeneità delle norme in Europa». A margine della manifestazione, De Micheli ha anche comunicato che, dopo la delega fiscale, l’applicazione delle nuove accise ha permesso di registrare un incremento di gettito, nel periodo gennaio-agosto 2015, di 250 milioni.
L’intervento finale del ministro Maurizio Martina, di ritorno dalla manifestazione Coldiretti al Brennero, ha permesso di sottolineare che le autorità non stanno a guardare passivamente il fenomeno della contraffazione: l’Italia dispone di strumenti efficaci contro la contraffazione, per esempio, la tutela ex officio che prevede il sequestro immediato di prodotti Dop-Igp contraffatti da Londra a Bucarest, come è successo in vari Paesi Ue. Oppure degli accordi italiani stipulati con eBay e Alibaba: recentemente è stato bloccato un commerciante indiano che aveva proposto al network di Alibaba una fornitura mensile di 5mila tonnellate di Parmigiano reggiano, pari al 50% della produzione mensile del prodotto originale.
Emanuele Scarci – Il Sole 24 Ore – 9 settembre 2015