Per un outfit irreprensibile e a impatto zero sull’ambiente, anzi, ecofriendly, et voilà, eccoli qua. Arrivano i “jeans vegani”. L’idea proviene dall’Abruzzo, dov’è la sede centrale della Don The Fuller. Nel mondo, si sa, il numero di vegani per non dire vegetariani è in continua ascesa, e perché allora “non includere tra le nostre proposte di tendenza anche un capo che guarda a chi ha deciso di rinunciare a tutto ciò che proviene dal mondo animale”?
Tutto cambia: persino Marlon Brando e Arthur “Fonzie” Fonzarelli sceglierebbero forse di indossare, oggi, e con la consueta spavalderia, jeans “cruelty free”. Anche per non inimicarsi una nicchia importante, battagliera e coesa di consumatori-fan emergenti.
Vegani, e perciò alla conquista dello stile del globo, i jeans made in Abruzzo lo saranno in forza di un semplice escamotage: non conterranno nessun inserto o accessorio in pelle o di origine animale. La loro prima ufficiale ci sarà alla fiera “Berlino Premium”, che avrà luogo a fine gennaio all’interno della Fashion Week; e d’altronde si svolge o non si svolge proprio a Berlino, ad Alexanderplatz, il Vegan Sommerfest, giunto alla sua ottava edizione, tre giorni di pace, amore, “tombole vegane” e “squisiti” cooking show a base di tofu, seitan, diversamente proteine e legumi e cereali come se piovesse?
Quasi-vegetariani, o antispecisti, crudisti, fruttariani, seguaci della “dieta senza muco” (ammonta a poco più dell’un per cento la percentuale di vegani italiani duri e puri): il 2015 è stato l’anno dell'”ingegno V (per vegano) extra-gastronomico”.
Oltre che dell’allarme Oms sul consumo di carne. Ma anche questo si sapeva già. Bando allora a ogni interferenza dei prodotti di genesi animale (o sugli animali testati) sulla nostra vita. Perché il veganesimo è una cultura, uno stile di vita che travalica i confini della tavola e sta estendendo i suoi tentacoli vegetali un po’ su tutti gli aspetti dell’esistenza quotidiana.
A filiera corta ma con suggestioni globali. “Il cielo di VV (per Vegan Vip) sopra di me, la soia rossa e la zuppa di alghe e fiori commestibili dentro di me”. Sono o non sono diventati vegetariani totali sex symbol e personalità magnetiche e vitaminiche (anche nel senso di B12) dello showbiz internazionale come Miley Cyrus (redentasi dopo essere rimasta colpita dall’intelligenza del piccolo pesce-palla che aveva in casa), Beyoncé, Moby, Natalie Portman, Alanis Morissette, Bill Clinton e Al Gore, Mike Tyson, Pamela Anderson, Ellen Degeneres, Jared Leto, Joaquin Phoenix, Prince, Stewie Wonder e Morrissey (“Sii gentile con gli animali o ti ucciderò” stava scritto sulle t-shirt ufficiali in vendita nei concerti dell’ex cantante degli Smiths)?
Non solo jeans vegani, insomma, per restare nel campo dell’abbigliamento; ma anche borse fatte in “pellemela”, pelle di mela (le ha coniate un ingegnere altoaltesino: basta essiccare buccia e torsoli polverizzati, unire acqua e collante naturale e il gioco è fatto), in pelle di albicocca e, buon ultima, in pelle di ananas (si chiama Piñatex e a inventarla è stata la designer spagnola Carmen Hijosa).
Qualche altra prova. La popstar Gwen Stefani, che si è data alla moda, ha presentato la sua collezione di scarpe e stivaletti vegani, fluorescenti e tacco-vertigine o modelli più classici. Ogni vegano osservante si tiene poi alla larga dalla seta, perché per ricavarne i bozzoli “vengono ammazzati i bachi nell’acqua bollente”. Ecco però avanzare la seta ahimsa (in italiano, “seta buretta”), “non violenta” in quanto proveniente dalla seta selvaggia, senza spargimento di sangue tra i bachi.
E se si moltiplicano le linee di cosmetici dedicati, sono in arrivo le auto vegane. Ci stanno pensando seriamente, per esempio, alla Tesla, il più noto marchio di automobili elettriche: l’idea è quella di renderle vetture completamente pelle-free. La Ford ha preannunciato che inizierà a sperimentare la plastica “al pomodoro” per le staffe di supporto dei cavi dell’impianto elettrico, e per i piccoli vani portaoggetti. Sulla i3 elettrica della Bmw la base della plancia in legno di eucalipto e i pannelli interni delle portiere sono tutti in fibra di kenaf, una canapa asiatica. I giapponesi della Lexus hanno foderato il vano bagagli con un’ecoplastica generata dalla canna da zucchero, e la Classe S della Mercedes conta 87 componenti realizzati da materiali vegetali rinnovabili. La Goodyear sta progettando nuovi pneumatici fatti di “scarti della lolla del riso”; e si pensa di rilanciare per i sedili delle macchine anche il cocco, già diffuso negli anni ’50.
Attenti alle porcellane. L’impasto per le porcellane più diffuse prevede caolino, feldspato e quarzo. Ma c’è anche chi utilizza un mix di derivazione animale…
Casa vegana. A Ho Chi Minh City, in Vietnam, è stato edificato un edificio di sole finestre: la facciata è composta da persiane riciclate e ridipinte. Idem il soffitto. Il nome del palazzo è Vegan House. L’intera città è un trionfo di veganesimo applicato.
Alimentazione (Niente carne o pesce, ma nemmeno uova o latticini o miele, memento). Universo Vegano è la prima catena italiana del genere. In franchising, è presente lungo tutta la penisola. Tra gli ultimi arrivi le brioches cruelty-free (“finalmente una vera colazione vegana senza olio di palma, latte e uova”). E a cena una bella “veghizza” (pizza), un “vegan burger” (l’equivalente del comune hamburger) o una “veghina” (che sta per piadina). Anche la Guinness si riconverte alla filosofia Veg: dal 2016, infatti, la “scura” per eccellenza dirà addio al vecchio sistema di filtraggio a base di colla di pesce. E intanto Ikea ha introdotto le polpettine vegane nei suoi store.
Festival. Si è tenuto dal 19 al 21 giugno il “San Benedetto del Tronto Festival Vegano”, mentre a fine agosto ha tenuto banco a Bologna il “BoEtico Vegan Festival”, tra yoga, convegni, concerti e canti devozionali.
Sport. È del Regno Unito la prima squadra di calcio all vegan. “Andate in campo e mangiate l’erba”: questo il motto della Forest Green Rovers, che gioca nella quinta divisione inglese. E i ragazzi stanno disputando un campionato di vertice. Le sorelle del tennis Williams sono vegane da una vita. Ma anche uno sport da grigliate come il rugby sta mutando pelle: Mirco Bergamasco, un nostro nazionale, si è convertito alla causa, e la sua parabola potrebbe fare proseliti. Lo stadio più vegano del mondo è invece il Levis’s Stadium di Santa Clara, in California, con 32 piatti Veg in menu.
Sì, Vegan-viaggiare. È uscita “Viaggia Vegan”, la prima guida di viaggio per turisti Veg, stampata su carta ecologica e con inchiostri vegetali. Vegvisits è invece una piattaforma online low cost pensata per chi offre e per chi cerca un alloggio vacanziero: conditio sine qua non, l’essere vegano (o perlomeno vegetariano).
Web-serie. “Vegan Chronicles” (“tutto il resto è soia”) è una web serie comica incentrata sulle peripezie di un 25enne che ha fatto abiura di carne, pesce, uova, latte e suoi derivati. Dieci episodi da cinque minuti l’uno. “Non solo non verranno utilizzati né maltrattati animali all’interno della serie, ma tutto il cibo presente sarà vegano. Quindi non preoccupatevi per le bistecche che vedrete nei piatti: è solo seitan”.
Teatro. Il regista vegetariano Enrico Botta sta portando in giro il suo “One Veg Show”; Giuseppe Lanino ha debuttato ultimamente con lo spettacolo “La carne è debole”.
Media. Il sito Internet di riferimento è vegolosi.it Dopo la presentazione al Sana di Bologna, è in edicola il mensile “Vegan Italy”. Radio Vegit è la prima web radio di settore.
Tra storia e Voyager. Le salsicce di soia vennero inventate dallo statista tedesco Adenauer per far fronte all’irreperibilità della carne durante la prima guerra mondiale. Furono soprannominate “salsicce della pace”.
L’Espresso – 14 dicembre 2015