Non si sono ancora sopiti i contrasti tra Ragioneria generale dello stato e Corte dei conti, su come dovesse essere interpretata la disposizione che «consolidava» per il 2015 le riduzioni da apportare al fondo per il trattamento accessorio per il personale dipendente degli enti pubblici, che già sono stati reintrodotti, con la legge di Stabilità, nuovi vincoli alla contrattazione decentrata.
È il comma 236 della legge di stabilità 2016 a intervenire sul punto. In attesa dei decreti attuativi della legge n. 124 del 7 agosto 2015 (c.d. riforma della p.a. «Madia»), a decorrere dal 1° gennaio 2016, si prevede che l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del dlgs n. 165/2001 (e successive modificazioni e integrazioni) non può superare il corrispondente importo determinato per l’anno 2015 ed è, comunque, automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio, tenendo conto del personale assumibile ai sensi della normativa vigente.
Il limite da non superare, pertanto, sia per il fondo per il salario accessorio dei dipendenti che per quello inerente la retribuzione di posizione e di risultato dei dirigenti, è rappresentato dall’importo costituito, per le stesse finalità, nell’anno 2015. Il precitato comma ha reintrodotto anche la riduzione proporzionale al personale cessato. Riprendono vigore, quindi, i metodi, entrambi riconosciuti come validi dalla Corte dei conti, per il calcolo della decurtazione: quello della riduzione «per rateo» e quello della «media mediata». Resta di difficile interpretazione l’ultima parte del comma in esame, laddove mitiga questa riduzione in considerazione del personale «assumibile». Non si dovrà tener conto delle cessazioni, se queste saranno state effettivamente sostituite, oppure si potrà considerare il personale astrattamente reclutabile? Sicuramente non mancheranno interventi chiarificatori, ci si auspica, possibilmente, uniformi. –
ItaliaOggi – 15 gennaio 2016