Il quadro degli aiuti per il latte è definito. Sono infatti operativi l’aumento delle percentuali di compensazione Iva, che vale 32 milioni (il decreto è in Gazzetta ufficiale), e lo stanziamento Ue di 25 milioni (l’Agea ha fornito le istruzioni). Ma resta il caos calmo sul fronte della trattativa per il nuovo prezzo. L’indicizzazione è ancora in cantiere, mentre la class action spuntata a sorpresa nel collegato agricolo (approvato dalla Camera e ora all’esame del Senato) rischia di creare ulteriori spaccature.
Prevede che le associazioni di categoria maggiormente rappresentative possano agire in giudizio per ottenere il rispetto degli elementi obbligatori del contratto fissati dalla legge 91/2015.
La situazione è aggravata dalle contestazioni di alcune regioni (prima tra tutte la Lombardia) che rischiano di esplodere il 25 febbraio alla prossima conferenza Stato-regioni.
Il prezzo, trascinato in basso dalle quotazioni europee, è il perno dell’emergenza, ma non il solo. La partita infatti si gioca anche sul superamento del gap strutturale della filiera italiana. E martedì prossimo al Senato si terrà un confronto tra istituzioni, sarà presente il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, e operatori della filiera, promosso da Adm (Associazione distribuzione moderna) in collaborazione con Federdistribuzione, Coop e Conad.
La priorità – spiega lo studio che sarà presentato da Roberto Della Casa, docente di marketing e gestione dei prodotti agroalimentari dell’Università di Bologna – è garantire la competitività degli allevamenti e della filiera. In Italia il 55% delle aziende, per lo più di piccole dimensioni, si concentra nelle aree montane e svantaggiate. La metà ha meno di 15 capi e non arriva a 100 tonnellate di produzione. Solo il 9% delle stalle ha più di 115 capi e supera le mille tonnellate.
La produttività – sottolinea Della Casa – è uno dei principali fattori che condizionano il costo di produzione accanto a quelli dell’alimentazione, del lavoro e degli ammortamenti. Se non si arriva a una produttività per capo vicina alle 10 tonnellate all’anno è difficile produrre a costi in linea con i prezzi di mercato. La produttività diventa un elemento strategico (introiti dell’allevamento e contributi pubblici bilanciano le spese generali).
Serve dunque una nuova governance. Per le grandi stalle, che rappresentano oltre i due terzi della produzione totale, si dovrà puntare su produttività per capo, costo di alimentazione, ammortamenti e lavoro. E il sistema distributivo moderno può affiancare l’industria alimentare. «Servono interventi strutturali – ha dichiarato il presidente di Adm, Francesco Pugliese – per dare la possibilità agli allevatori di sostenere le sfide, andando oltre a misure contingenti o alla logica dei soli sussidi». Per il 50% degli allevamenti svantaggiati, la carta è la razionalizzazione dei processi e la valorizzazione dell’offerta sostenuta dalle oltre 50 Dop che hanno riconoscibilità e tutela.
Annamaria Capparelli – Il Sole 24 Ore – 20 febbraio 2016