Grazia Longo. Mentre il grido d’allarme al governo sulla questione immigrati non conosceva colore politico, la reazione al piano del ministro Angelino Alfano, d’intesa con i Comuni, divide gli animi. Da una parte, il centro sinistra accoglie favorevolmente sia la distribuzione più equilibrata di profughi (due o tre ogni mille abitanti, con correttivi per le grandi città) sia gli incentivi economici.
Dall’altra, il centro destra incalza con critiche su tutta la linea. Soddisfazione, ma con il rilancio dell’obbligatorietà dello Sprar (Sistema di potenziometro per richiedenti asilo e rifugiati), da parte del Consorzio italiano di solidarietà di Trieste.
Matteo Ricci, sindaco di Pesaro – simbolo dell’integrazione con il coinvolgimento dei migranti nel volontariato per lavori utili alla collettività come la cura del verde pubblico – non ha dubbi sulla bontà del Piano Alfano. «È un ottimo passo avanti – dichiara -, più città aderiscono allo Sprar più l’accoglienza funzionerà bene. Quella imposta dai bandi d’emergenza delle prefetture ha infatti prodotto risultati meno soddisfacenti sia in termini di conflittualità sociale sia di gestione. Non si deve tuttavia accantonare l’importanza della cooperazione internazionale né tanto meno la stabilità dei Paesi d’origine degli extracomunitari». Sposa quest’ultima convinzione anche il sindaco di Prato Matteo Biffoni (responsabile della commissione immigrazione dell’Anci) che sottolinea la bontà del progetto del ministro dell’Interno «in perfetta sintonia con le esigenze del territorio. Il tema è difficile e poco popolare, affrontarlo con un maggiore sostegno agli enti locali non solo contribuisce a rendere più dignitosa l’accoglienza ma allenta anche le tensioni sociali».
Tira tutt’altra aria, invece, in casa leghista. Il governatore del Veneto Luca Zaia liquida la nuova pianificazione come «un film comico: i veneti conoscono bene la solidarietà, oltre ai 514 mila stranieri regolari ne ospitiamo altri 10 mila e 500, di cui però i due terzi non sono veri profughi, e ora il governo se ne esce con proposte scandalose. A partire dai 50 centesimi ai migranti che non costituiscono alcuna attrattiva fino allo sblocco delle assunzioni comunali. Quando eravamo noi a chiedere l’allentamento del Patto di Stabilità ci hanno risposto picche, nonostante la questione occupazionale fosse talmente grave da spingere 150 imprenditori al suicidio». Contro gli incentivi economici si schiera anche il governatore della Liguria Giovanni Toti, Forza Italia: «Gli aiuti sono utili a prescindere, rappresentano un atto dovuto che non deve essere subordinato all’attenzione verso gli immigrati. Perché, ad esempio, premiare i Comuni virtuosi in materia di accoglienza e non quelli impegnati nel tasso di scolarizzazione? Lo sblocco del turnover, poi, deve essere applicato contro la crisi occupazionale e non solo per l’emergenza immigrati. Ben venga invece la quota di tre persone ogni mille abitanti, perché il sovraffollamento in alcune città è spropositato». A questo riguardo si fatica, in effetti, ad ottenere i dati dal ministero. All’obbligatorietà dello Sprar guarda uno dei suoi inventori, Gianfranco Schiavone, presidente del Consorzio italiano di solidarietà di Trieste: «Ottimo il Piano Alfano, ma l’auspicio è il trasferimento ai Comuni delle funzioni amministrative in modo che essi diventino responsabili esclusivi della gestione immigrati e quindi obbligati ad occuparsene».
La Stampa – 19 luglio 2016