di Alessandra Dal Monte. Le valigie sono già pronte, dalla settimana prossima i ragazzi cominceranno la scuola a Pontremoli, in Lunigiana. Dove i boschi prendono il posto dei campi, i pesticidi praticamente non esistono e le api possono vivere tranquille. Giovanni Guido, 50 anni, fa l’apicoltore da 36. Sta per lasciare la sua casa di Cisterna d’Asti con la moglie e i due figli perché nell’ultimo anno ha perso due terzi del suo miele: «Colpa del meteo, il freddo di maggio ha tenuto fermi gli sciami. E poi dei trattamenti chimici che da queste parti si fanno a vigne e nocciole.
Tutti prodotti autorizzati, per carità, ma incompatibili con la vita degli insetti: da 500 alveari iniziali ora ne ho 350». Per sbarcare il lunario si era messo a produrre pollini: «Ma due anni fa ho trovato quantità di pesticidi di 140 volte superiori alla soglia di legge. I miei erano i campioni più inquinati d’Europa, secondo un rapporto di Greenpeace. Ho dovuto smettere. Il miele rientra nei parametri, però la mia è un’azienda biologica: non voglio venderlo così. E ho anche paura per la nostra salute, queste sostanze mica fanno bene».
Il 2016 è l’ annus horribilis dell’apicoltura italiana, il peggiore degli ultimi 35 secondo i dati diffusi ieri da Conapi (Consorzio nazionale apicoltori) e dall’Osservatorio nazionale miele: «La raccolta è crollata del 70 per cento in Piemonte, Lombardia, Veneto, Sicilia, dove si producono i due tipi di miele più diffusi, acacia e agrumi — dice il presidente dell’Osservatorio Giancarlo Naldi —. La siccità dell’inverno e il maltempo della primavera hanno bloccato le api».
Ma c’entrano anche i pesticidi usati in agricoltura: «Purtroppo da due anni non abbiamo più dati precisi sugli avvelenamenti perché il sistema di monitoraggio ministeriale Bee Net non è stato rifinanziato, ma le api sono diminuite in tutta Italia», aggiunge il presidente Conapi Diego Pagani. Le conseguenze? Meno miele italiano (di ottima qualità, molto controllato, a lunga scadenza) nei supermercati, rincari fino al 20 per cento e importazioni in aumento (più 13 per cento dice Coldiretti) con il rischio di trovare sugli scaffali le miscele cinesi contraffatte. «Si tratta di sofisticazioni furbe — spiega Naldi —. Lo sciroppo di riso viene privato dei pollini, che ne farebbero individuare la provenienza, tagliato con il miele europeo e venduto come prodotto Ue. Il nostro consiglio è di cercare il miele nostrano, che sull’etichetta contiene la parola “Italia”. Vista la penuria di acacia e agrumi, quest’anno comprate il miele di coriandolo, che ha conosciuto un piccolo boom, oppure di castagno».
L’Italia del resto è l’unico Paese al mondo in cui si producono 40 varietà di miele «monoflora», cioè proveniente da un’unica pianta: «Una biodiversità straordinaria, approfittiamone», è l’appello dei produttori. Che al viceministro alle Politiche agricole Andrea Olivero hanno chiesto di far ripartire il progetto Bee Net e di intensificare i controlli sui prodotti importati. Il prossimo 17 settembre, poi, verrà firmato un protocollo per promuovere l’uso in agricoltura di trattamenti compatibili con la salute delle api: «Il miele è un’eccellenza del made in Italy, va tutelato».
Il Corriere della Sera – 8 settembre 2016