Il caso simbolo: alla Stefanel l’azienda pronta ad anticipare il Tfr. In migliaia attendono da mesi l’indennità Ma anche la Lombardia sfora
VENEZIA — Alla Stefanel di Ponte di Piave, marchio leader del manifatturiero tessile, ad attendere da ottobre che l’Inps versi loro l’indennità prevista dal trattamento di Cassa integrazione in deroga sono in 17. Sono operai e impiegati, aspettano assegni da 700 euro al mese e rappresentano bene la punta di un iceberg costituito, in Veneto, da poco meno di tremila lavoratori nelle loro stesse condizioni. La ragione è purtroppo abbastanza semplice. L’Inps, che dovrebbe versare direttamente le somme agli interessati, il 20 dicembre ha bloccato le richieste giunte attraverso le Regioni per il periodo ottobre-dicembre 2012 perché vuole vederci chiaro. Ci sono resoconti che giungono dalle aree del Nord di fatto sovrapponibili a quelli dell’anno prima, mentre dal Mezzogiorno del Paese l’aumento medio delle istanze è del 42%. Il che ha fatto inceppare il meccanismo, fino a quando l’istituto previdenziale non avrà compiuto una distinzione fra le domande serie e quelle infondate.
«È una follia pura – rileva Andrea Guarducci, della Cgil di Treviso – perché qualche giorno di ritardo può essere tollerato, ma non si può pensare che la gente possa mangiare una volta ogni tre mesi». Alla Stefanel, tra l’altro, non sono neanche messi peggio di altri, dato che pare esistano lavoratori di aziende più piccole rimasti senza ammortizzatore sociale, benché formalmente assegnato, ormai dallo scorso giugno. «A Ponte di Piave, dove altri 120 addetti circa operano con il contratto di solidarietà – precisa Andrea Misericordia, della Cisl – un ragionamento con l’azienda è stato fatto e, di fronte ai disagi di chi non percepisce la Cig in deroga, pare possa essere reso disponibile, su richiesta, un anticipo del trattamento di fine rapporto. In questo caso va tenuto presente che si parla di lavoratori che spesso stiamo cercando di accompagnare nel modo meno traumatico alla pensione. Dover tirare la cinghia per un incaglio di ordine burocratico è quantomeno umiliante». Il perché tutto questo sia avvenuto lo spiega Giulio Fortuni, segretario della Cisl del Veneto con delega al lavoro. «I conti non tornano e si capisce che l’Inps chieda certezze. Oltre all’incremento straordinario di richieste di Cig e mobilità in deroga che giunge dal Sud e che pare con tutta evidenza non motivato, ci sono casi a dir poco eclatanti. In Puglia, ad esempio, la popolazione attiva è la metà di quella veneta o poco più, eppure le somme richieste per questo ammortizzatore sociale sono superiori di quasi il 30%. Inoltre, se fino allo scorso anno le Regioni erano tenute a co-finanziare i trattamenti in deroga, tre di esse, cioè ancora Puglia, Campania e Calabria, non hanno mai versato la loro parte».
In questi giorni, tuttavia, pare che qualcosa si stia sbloccando a vantaggio delle aree del paese più virtuose. Due giorni fa c’è stato un incontro a Roma fra le organizzazioni sindacali nazionali, rappresentanti di tutte le Regioni italiane e il viceministro al Lavoro e alle politiche sociali, Michel Martone, e ieri si è svolta una seconda riunione tecnica. Oggi, infine, compare in agenda un ultimo passaggio auspicabilmente decisivo con il segretario generale del ministero. L’obiettivo che si cerca di raggiungere è quello di «scorporare» dalle riserve dell’Inps il territorio centro-settentrionale del Paese, zone dalle quali gli importi indicati nelle richieste di indennità riferite allo scorso anno non sforano, o almeno non in maniera vistosa, il tetto raggiunto nel 2011. Incassato un via libera di questo tipo, in sostanza, a breve dovrebbero giungere anche nel Veneto le risorse per far fronte sia alle 2.939 domande congelate riferibili all’ultimo trimestre, comprese le 17 del caso-simbolo dei lavoratori Stefanel, sia alle 3.500 richieste di mobilità in deroga. «Lo speriamo vivamente. Non è giusto – conclude Fortuni – che i dirigenti dell’istituto previdenziale se la prendano con chi si fa carico della bilateralità e che, grazie ad essa, nel 2012 ha permesso allo Stato di risparmiare qualcosa come 22 milioni di euro».
Cig in deroga, anche la Lombardia tra le regioni che hanno «sforato»
Assegni bloccati, caso non solo del Sud. La Cisl: spiragli sui pagamenti Gli artigiani: si torni ad uno strumento pensato per le microimprese
La questione del blocco dei fondi destinati agli ammortizzatori sociali in deroga deciso dal Ministero è un caso di federalismo male applicato al quale si sta cercando di porre rimedio. Quando però gran parte del danno è stato compiuto. Il quadro in sintesi è del direttore regionale veneto dell’Inps, Antonio Pone, che conferma la ricostruzione fatta ieri dai sindacati come origine dei ritardi che si stanno accumulando per il versamento ai lavoratori veneti delle somme spettanti. «Va detto, intanto, che l’Inps non sta pagando perchè il Ministero gli impedisce di farlo, noi eseguiamo solo gli ordini. Per il resto abbiamo capito che è in corso una ricognizione, regione per regione, per comprendere i fabbisogni dopo che da alcune parti d’Italia sono giunte richieste che hanno abbondantemente splafonato».
E si badi a farne una questione meridionale perché quella che ha esagerato in modo più vistoso è la Lombardia, pare di circa 100 milioni su un fabbisogno «ordinario» di 250 (il Veneto viaggia intorno ai 160). Le altre tre «oversize» sono Puglia, Calabria e Sardegna, che tutte insieme non fanno comunque la forza lavoro della prima regione. «Il ministero vuol fare del 2013 un anno di svolta – aggiunge Pone – e abbiamo indizi secondo cui ci sarebbe l’intenzione di cambiar radicalmente metodo di assegnazione delle risorse per gli ammortizzatori in deroga. Cioè definire un budget nazionale intoccabile (per il 2012 è stato di un miliardo) sulla cui ripartizione le Regioni dovranno accordarsi in autonomia».
Le maxi-richieste giunte a sorpresa dalla Lombardia tovano tuttavia sorprese le stesse organizzazioni sindacali. «Ci risulta che le domande per il 2012 siano state in linea con il secondo semestre 2011 – sostiene Fulvia Colombini, segretaria regionale della Cgil con delega al mercato del lavoro – e che in quello precedente fossero inferiori. Rimane il fatto che da noi il 40% delle imprese che nel 2012 hanno chiesto la Cigd sono sigle che prima non vi avevano mai fatto ricorso. Un allargamento della crisi quindi c’è e nel 2013 ci aspettiamo risorse ancora più contenute».
La politica veneta di marca leghista, a prescindere da questo, è certa nel leggere nei ritardi delle erogazioni una questione meridionale. A giudizio del capogruppo del Carroccio in consiglio regionale, Federico Caner, «Lo svantaggio del Veneto sul Sud, di cui si sono accorti anche i sindacati, è un problema improcrastinabile e che rafforza la nostra richiesta di una maggiore autonomia territoriale». Il deputato Massimo Bitonci parla di «mentalità scroccona del Mezzogiorno non ancora sradicata».
E gli artigiani, per cui la cassa in deroga era partita? Dice il presidente di Confartigianato Veneto, Giuseppe Sbalchiero: «Aziende e dipendenti pagano per tutti. Per recuperare i fondi necessari si deve operare attraverso una vera spending review. Incolpare l’Inps ci sembra una follia, i problemi stanno a monte». «La cassa integrazione in deroga deve tornere ad essere uno strumento esclusivamente per le microimprese o si aumenti la disponibilità», aggiunge Mario Borin, segretario regionale della Cna.
Per i lavoratori veneti che attendono da mesi gli assegni della Cigd, nel frattempo, pare aprirsi uno spiraglio. «Abbiamo ricevuto rassicurazioni dal Ministero – conferma Giulio Fortuni, responsabile politiche per il lavoro della Cisl Veneto – sull’ imminente superamento del problema. Sappiamo che per martedì è convocato a Roma un incontro che ci auguriamo risolutivo».
Corriere del Veneto – 2 febbraio 2013