Approvate le risoluzioni per i 14 comuni bellunesi e vicentini che vogliono essere annessi. L’ok arriva senza il voto di Zaia
VENEZIA – A Lucio Spagnolo, sindaco di Rotzo, uno dei 14 Comuni che nel 2005 celebrarono il referendum e videro i cittadini pronunciarsi a favore dell’abbandono del Veneto per passare in Trentino Alto Adige, pareva di essere tornato al 2011. «Fui convocato alla Camera dei deputati per relazionare, in commissione, su una legge che ci aveva consentito di usare 6 milioni e mezzo di euro per lavori in gallerie e risistemazione delle trincee. All’epoca ero presidente della Comunità montana “Spettabile Reggenza dei 7 Comuni dell’altopiano di Asiago”. Ricordo che ero stato convocato per le ore 14. Alle 14.30 la Camera doveva votare sul “caso Ruby”».
Morale: Spagnolo parlò, ma non lo ascoltò quasi nessuno. Ieri, altra sede, altro tema, ma analogo copione. Nel giorno dello spoglio delle elezioni Politiche, con gli instant poll che venivano via via smentiti dalle proiezioni dei primi dati reali, a Palazzo Ferro Fini si doveva parlava dei Comuni secessionisti. Se ne è parlato, certo. Ma l’attenzione, a giudicare dagli scranni dei consiglieri regionali, era rivolta altrove: tablet e computer “sintonizzati” quasi esclusivamente sullo scrutinio in corso. Calati dalle montagne bellunesi e vicentine, i sindaci dei Comuni di confine alla fine sono stati comunque soddisfatti. Per quel che può servire, l’assemblea legislativa veneta ha votato due risoluzioni: quella presentata dalla Lega (gruppo che aveva chiesto la seduta straordinaria del consiglio) e quella del consigliere di opposizione Pietrangelo Pettenò (Sinistra). Bocciato, invece, il testo dei consiglieri del Pd Sergio Reolon e Laura Puppato, cui inizialmente si era associato anche Pettenò. «Ma poi hanno apportato modifiche al testo, l’hanno annacquato», ha detto l’esponente della Sinistra.
Lucio Tiozzo, capogruppo Pd, ha puntualizzato: «A noi va bene che l’iter faccia il suo corso e che il Parlamento decida, ma anche il Veneto deve fare la sua parte: nemmeno oggi il governatore Luca Zaia è venuto in aula, avrebbe potuto spiegarci perché sull’articolo 116 della Costituzione la Regione Veneto non ha fatto nulla». I due testi approvati (tra l’altro non tutto il Pdl ha votato compatto, il vicecapogruppo Piergiorgio Cortelazzo si è distinto per il no) di fatto sollecitano il Parlamento a definire il passaggio dei 14 Comuni di Lamon, Sovramonte, Asiago, Conco, Enego, Foza, Gallio, Lusiana, Roana, Rotzo, Cortina d’Ampezzo, Colle Santa Lucia, Livinallongo del Col di Lana e Pedemonte dal Veneto al Trentino Alto Adige, accogliendo così la richiesta delle popolazioni locali.
I sindaci presenti al Ferro Fini sapevano benissimo che le risoluzioni non hanno valore normativo, non c’è scritto da nessuna parte che quel è stato votato ieri dal consiglio regionale del Veneto impegnerà il prossimo Parlamento a legiferare. È “solo” un atto politico. Ma i sindaci lo volevano. Il testo della Lega, tra l’altro, impegna la giunta regionale ad “attivarsi presso il Governo e il Parlamento affinché si dia alla Regione Veneto l’autonomia fiscale, amministrativa e legislativa necessarie ad attuare adeguate e più efficaci politiche perequative a favore dei territori di confine, al fine di ridurre le attuali differenze con Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia e arrestare così l’emorragia delle comunità venete”. Il governatore Zaia, ieri assente, deve ritenersi “impegnato”.
Gazzettino – 27 febbraio 2013