Il leader e lo scontro veneto: «Piccole questioni» E sulla segreteria: «Lascerò a un giovane deciso»
«Sono questioni piccole piccole». Chissà perché sull’altra sponda del Garda si agitano tanto. Roberto Maroni liquida con un’alzata di spalle lo scontro tra il governatore Luca Zaia ed il segretario nathional Flavio Tosi e prova a ridimensionare la portata della faida che sta dilaniando il Carroccio veneto: «Sono cose normali nella vita, con un successo come quello che abbiamo avuto in Lombardia questi problemi si risolvono in un secondo. Nei prossimi giorni incontrerò tutti e supereremo ogni problema». Insomma, come direbbe Tonino Guerra: l’ottimismo vola.
A leggere le dichiarazioni rilasciate alla «Telefonata» di Belpietro, comunque, si ha l’impressione che il segretario federale voglia dare la massima copertura al suo delfino (e d’altronde non è forse lui «il primo dei tosiani»?), se non sulle modalità di gestione del partito e della campagna elettorale, uno dei capi d’accusa che pendono sopra la testa del segretario veneto, quanto meno sul progetto di far prendere il largo alla già ribattezzata «balena verde»: «Bisogna dar vita a qualcosa di nuovo sul piano politico – ha detto infatti Maroni – che rappresenti il Nord mettendo insieme Lega, Pdl e vedremo chi, sul modello bavarese e catalano». Esattamente quel che va ripetendo Tosi. Che poi, la «lista Maroni» alle Regionali in Lombardia (10% contro il 13% della lista di partito) non è stata forse ispirata dall’ormai celeberrima «lista Tosi» allestita per le Comunali di Verona, embrione del nuovo progetto politico in gestazione all’ombra dell’Arena? Il quadro è liquido e le ricostruzioni le più disparate: in via Bellerio c’è anche chi sostiene che sì, il segretario federale sposerebbe la causa di Tosi, ma non ne condividerebbe affatto la tempistica, accelerata dal sindaco a ridosso delle elezioni (il cui risultato da tregenda era ampiamente annunciato) e per di più con i colonnelli ed i militanti ortodossi già sul piede di guerra per le liste. Perché dar loro nuovi motivi per andare alla guerra?
Tant’è, il neo governatore della Lombardia ieri ha ribadito l’intenzione di rimettere l’incarico politico al primo consiglio federale utile, forse già la prossima settimana («Farò il governatore al 100%»), ed ha annunciato di voler passare la mano «a un giovane che guidi il Carroccio con sufficiente fermezza». Va da sé che il pensiero è andato di nuovo a Tosi (il segretario lombardo Matteo Salvini, sebbene più giovane del collega veneto di soli 4 anni, viene ritenuto ancora troppo inesperto) e questo non ha fatto che rinfocolare ulteriormente gli animi già surriscaldati martedì da Zaia: «Se Maroni lascia si deve fare un nuovo congresso – aveva detto il governatore – nel nostro statuto non esistono investiture di stampo nepotistico». Non è un caso che subito sia partita una girandola di telefonate a «Bobo», della serie: non mollare, ed il terzo dei tre governatori leghisti, il piemontese Roberto Cota, si sia affrettato a dire: «Maroni deve restare segretario, una resa dei conti in questo momento è assolutamente da evitare». Va detto, al riguardo, che anche Tosi, ospite ieri di Antenna Tre, ha lanciato secchiate d’acqua sul fuoco: «Tutti nella Lega hanno chiesto a Maroni di rimanere segretario. Ha preso in mano il movimento solo nel luglio 2012, dopo il caos, e la Lega ha bisogno di stabilità e crescita». E questo nonostante poco dopo, rispondendo alle domande del direttore Domenico Basso che insisteva su una sua candidatura, abbia ricordato che «non è esclusa la candidatura di alcun militante con idonea anzianità» e chiunque, Bossi compreso, «può presentarsi raccogliendo un certo numero di firme».
Sempre ad Antenna Tre Tosi è poi tornato nuovamente sulle «questioni piccole piccole» con Zaia: «Chi ha a cuore il movimento non fa polemiche sui giornali, anche se in democrazia ciascuno fa ciò che vuole. Perdere tempo in polemiche pubbliche vuol dire sottrarre energie al lavoro sul territorio». Il segretario non arretra di un passo ma sembra voler adottare la strategia del pugno di ferro nel guanto di velluto: si schiera con Zaia sul rimpasto preteso in Regione dal Pdl («Non ne vedo la ragione»), carezza i candidati sindaco Gentilini e Dal Lago messi a repentaglio dal risultato alleato («A Treviso e Vicenza hanno grande consenso») e rabbonisce quanti sono spaventati dalla «balena verde»: «Non ho mai parlato di un nuovo soggetto politico ma di un’evoluzione della Lega». Tosi può permettersi d’impugnare il fioretto, perché la scimitarra la sventolano i suoi fedelissimi. Dopo Stival e Finozzi, ieri è stato il turno di un altro assessore della giunta Zaia, Maurizio Conte: «Qualcuno sta andando sopra le righe. La pretestuosità di certe visioni, che porta a chiedere teste e congressi, non ha motivo di esistere e chi delegittima la democratica elezioni di Tosi nuoce gravemente al movimento». Intanto i Giovani Padani, come Nicola Finco, cannoneggiano su Facebook: «Tutti strateghi, analisti e sapienti… ma fino adesso dove siete stati?».
Marco Bonet – Corriere del Veneto – 28 febbraio 2013